Le soluzioni che la giurisprudenza ha, nel corso del tempo, adottato sono riconducibili alla necessità di salvaguardare uno tra i principi più importanti espressi nell’ordinamento ovvero quello della “parità delle parti” desumibile dall’articolo 111, secondo comma, della Costituzione, nonché dall’articolo 6 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo.
Il ruolo del ricorso incidentale nel processo amministrativo
Al fine di analizzare dettagliatamente il problema relativo al modo di disciplinare il rapporto con il ricorso principale, non si può non prendere le mosse dall’esame del ruolo che il ricorso incidentale svolge nell’ambito del processo amministrativo.
Si tratta di uno strumento che l’articolo 42 del codice del processo amministrativo mette a disposizione della parte resistente e dei controinteressati per contestare la domanda proposta dal ricorrente principale. Tale ricorso va proposto nel termine di 60 giorni decorrente dalla ricevuta notificazione del ricorso principale. Per i soggetti intervenuti in corso di giudizio, il termine inizia a decorrere dal momento dell’effettiva conoscenza della proposizione del ricorso principale.
La peculiarità del ricorso incidentale si riscontra nel fatto che esso non è supportato da un interesse originario, ma da un interesse sopravvenuto che si concretizza solo quando è proposto quello principale. Fino a quest’ultimo momento, il ricorrente incidentale, normalmente l’aggiudicatario della gara, è un soggetto che non vanta alcun interesse al ricorso, poiché il provvedimento contestato lo avvantaggia.
Il primo esito a cui può mirare il ricorso incidentale è il rigetto di quello principale. Si tratta, in questo caso, di uno strumento di difesa che il ricorrente incidentale utilizza per entrare nel merito della questione al fine di opporsi a quanto affermato dal ricorrente principale.
Il ricorso incidentale, in secondo luogo, può essere utilizzato per contestare una condizione dell’azione. Tale ipotesi si può, ad esempio, verificare quando il ricorrente incidentale, a fronte di un ricorso che mira a ridurre i punti attribuiti dalla commissione all’aggiudicatario, oppone, a sua volta, che il ricorrente principale doveva essere escluso dalla gara.
Infine, il ricorso incidentale può servire a limitare i danni derivanti dall’accoglimento del ricorso principale, orientando l’effetto conformativo relativo al riesercizio del potere amministrativo.
Il dibattito giurisprudenziale
Il problema, che è stato oggetto di vivacissimo contrasto giurisprudenziale, ha riguardato l’ipotesi dei cosiddetti “ricorsi reciprocamente escludenti”, ovvero il caso in cui, sia il ricorso principale, che quello di incidentale, contestino l’ammissione alla gara dell’altro concorrente.
In questo caso ci si è chiesti che cosa debba fare il giudice, ovvero quale dei due ricorsi debba analizzare prioritariamente. Si tratta di una questione che non presenta profili meramente dogmatici, ma dalla cui risoluzione discendono fondamentali conseguenze sotto il profilo relativo all’aggiudicazione della gara. Infatti, se il giudice analizza per primo il ricorso incidentale e lo ritiene fondato, dovrà escludere dalla gara il ricorrente principale; all’opposta soluzione, invece, giungerà nel caso in cui dia priorità al ricorso principale.
L’evoluzione del dibattito giurisprudenziale ha visto coinvolti, a più riprese, sia l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato sia la Corte di Giustizia dell’Unione Europea.
In una prima fase, l’Adunanza Plenaria (n. 11 del 2008) risolveva la questione valorizzando esclusivamente il parametro dell’interesse al ricorso, distinguendo tra gare con due soli concorrenti e gare con tre o più partecipanti.
In quest’ultima essa, dando rilievo al principio generale di “economia processuale”, concedeva priorità di trattazione al ricorso incidentale in quanto l’unico che veniva considerato determinante per la risoluzione della lite.
Si evidenziava, infatti, come nelle gare con più di due partecipanti, il secondo classificato non avrebbe ottenuto alcuna utilità dall’accoglimento del ricorso diretto ad escludere l’aggiudicatario, in quanto vi sarebbe stato almeno un terzo partecipante, collocato utilmente in graduatoria, che sarebbe potuto subentrare al suo posto. Quindi, a fronte di due ricorsi entrambi escludenti, il ricorso incidentale si riteneva avesse una priorità logica poiché il suo accoglimento avrebbe reso inutile quello principale.
Diverso l’iter logico nelle gare con due soli concorrenti in cui l’accoglimento del ricorso principale non avrebbe fatto venir meno l’interesse strumentale del ricorrente principale alla rinnovazione della gara.
In altri termini, in quest’ultima ipotesi il ricorrente principale avrebbe mantenuto comunque un interesse strumentale, anche in caso di accoglimento di quello principale, che avrebbe obbligato il giudice ad esaminare entrambi i ricorsi proposti.
In un secondo momento l’Adunanza Plenaria è nuovamente intervenuta con una pronuncia, la n.4 del 2011, che è stata oggetto di forti critiche sia da parte della giurisprudenza nazionale che di quella europea.
Discostandosi dall’orientamento precedente, l’Adunanza Plenaria aveva valorizzato il requisito della “legittimazione al ricorso”, concludendo nel senso che il ricorrente principale non era mai legittimato a proporre ricorso a prescindere dal numero dei partecipanti alla gara.
Pertanto anche nelle procedure di gara con più di due partecipanti, si doveva dare priorità alla disamina del ricorso incidentale perché l’accoglimento di quest’ultimo avrebbe determinato il venir meno della legittimazione al ricorso da parte del ricorrente principale. Questo perché la legittimazione al ricorso, quale condizione essenziale dell’azione, è presente solo in chi ha validamente partecipato alla gara.
In sostanza, secondo quanto affermato nella pronuncia n.4 del 2011, in tutti i casi in cui il ricorrente incidentale avesse contestato la partecipazione alla gara del ricorrente principale, il giudice avrebbe dovuto esaminare per primo il ricorso incidentale e, se fondato, avrebbe dovuto dichiarare inammissibile quello principale, a nulla significando che le due censure fossero entrambe escludenti.
Successivamente la pronuncia in esame è stata oggetto di numerose critiche in considerazione del fatto che concedeva un eccessivo vantaggio all’aggiudicatario senza che ciò fosse supportato da una valida giustificazione giuridica. Si riteneva fosse una soluzione iniqua, in quanto il ricorso principale sarebbe stato dichiarato inammissibile nel rito nonostante si fondasse sul medesimo motivo escludente di quello principale.
Proprio tali critiche portarono successivamente all’intervento della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (sentenza Fastweb) che ribaltò l’orientamento fatto proprio dalla giurisprudenza nazionale.
Secondo i Giudici europei, concedere una posizione di privilegio al ricorrente incidentale per il solo fatto di essere risultato l’aggiudicatario di una gara, sarebbe stato gravemente lesivo del fondamentale principio “di parità delle parti” desumibile dall’articolo 6 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo. In coerenza con tale principio, quindi, quando il ricorso principale ed il ricorso incidentale si fondavano sullo stesso motivo escludente, andavano esaminati entrambi e, se fondati, la pubblica amministrazione avrebbe dovuto procedere alla rinnovazione della gara.
L’analisi della pronuncia Fastweb non può, però, non tenere in considerazione la peculiare situazione processuale oggetto dello scrutinio della Corte di Giustizia: si trattava, infatti, di un caso in cui, non solo i ricorsi erano entrambi escludenti, ma si fondavano anche sullo stesso motivo di esclusione, la violazione della medesima norma.
Ciò indusse la giurisprudenza nazionale successiva ad adeguarsi a tale orientamento, seppur contenendolo entro limitati spazi applicativi.
L’Adunanza Plenaria, nuovamente pronunciatasi con la sentenza n.9 del 2014, dimostrò di recepire la pronuncia Fastweb che imponeva l’esame congiunto del ricorso principale e di quello incidentale ma solo quando si fondavano “su un identico motivo” di esclusione.
In altri termini, non sarebbe stato sufficiente che entrambi i vizi contestati conducessero all’esclusione dell’altro concorrente, ma si riteneva necessario anche che il motivo di esclusione contestato fosse lo stesso.
Nella ricerca dell’esatto significato di “identico vizio”, l’Adunanza Plenaria ha confrontato le diverse traduzioni della sentenza della Corte di Giustizia, così comparando fra loro le traduzioni in lingua italiana, francese, inglese e spagnola e giungendo alla conclusione che il vizio è identico, non quando viola la stessa norma di legge, ma qualora riguardi la medesima categoria di vizi procedimentali.
Al riguardo l’Adunanza ha distinto tre categorie di vizi: quelli che interessano la tempestività della domanda e l’integrità dei plichi; quelli che hanno ad oggetto i requisiti soggettivi generali e speciali di partecipazione dell’impresa; ed infine, quelli afferenti la carenza di elementi previsti a pena di esclusione.
Pertanto, alla luce dei principi espressi dalla sentenza 9/2014, si è potuto osservare una parziale, quanto significativa, revisione del precedente orientamento della giurisprudenza nazionale, in quanto, nelle gare con due soli partecipanti, qualora il vizio dedotto in via principale attenga alla stessa categoria di quello fatto valere in via incidentale, il giudice deve procedere all’esame congiunto dei ricorsi e non dovrà dare priorità a quello incidentale.
In questo quadro che appariva essersi ormai consolidato, è però recentemente intervenuta la Corte di Giustizia dell’Unione Europea nella sua composizione più autorevole, ribadendo, allargandone i confini, i principi che già aveva affermato nella sentenza Fastweb.
Attraverso la pronuncia del 5 aprile 2016 nella causa C-689/13 Puligienica, la Corte ha affermato che contrasta con il diritto dell’Unione Europea, in special modo con il principio della parità delle parti, la declaratoria di inammissibilità di un ricorso principale sulla base di una normativa nazionale diretta a riconoscere priorità al ricorso incidentale presentato da un concorrente, indipendentemente dal numero dei partecipanti alla gara, dal numero dei ricorrenti contro l’aggiudicazione e dalla divergenza o meno dei motivi da questi ultimi dedotti.
Pertanto, alla luce dell’orientamento chiaramente espresso dalla giurisprudenza europea, i giudici nazionali hanno sempre il dovere di esaminare sia il ricorso principale che quello incidentale, anche laddove la procedura di gara abbia visto la partecipazione di più dei due concorrenti contrapposti in giudizio.
Tuttavia, recentemente il Consiglio di Stato (sez. III, n. 3708 del 2016) si è pronunciato con una sentenza che ha in qualche modo ristretto il campo di applicazione dei principi espressi nella sentenza Puligienica.
Secondo il supremo Giudice amministrativo, un’interpretazione che imponga sempre l’obbligo dell’esame del ricorso principale, a prescindere da qualsiasi valutazione in concreto della sussistenza di un interesse (anche solo strumentale) alla decisione, si porrebbe in contrasto con quanto affermato nelle Direttive europee, nonché con il principio di ordine processuale di cui all’ art. 100 del codice di procedura civile.
Quanto al primo profilo, è necessario evidenziare come la legislazione sovranazionale riconnette espressamente il principio di effettività della tutela alla nozione di interesse: in altri termini, è necessario che l’operatore economico, al quale deve essere assicurata la tutela, conservi, per tutta la durata del processo, un interesse all’aggiudicazione dell’appalto.
In secondo luogo, il Consiglio di Stato ha richiamato la regola di ordine processuale, ex articolo 100 c.p.c., secondo cui, per proporre domanda o per contraddire alla stessa, è necessario avere interesse.
Secondo il Consiglio di Stato, la sentenza della Corte di Giustizia Puligienica non può avere un’ influenza tale da derogare al predetto principio, nella misura in cui risulta espressivo di una regola generale propria di ogni ordinamento processuale.
In tal modo si assicura un punto di equilibrio fra l’esigenza di garantire la tutela piena ed effettiva assicurata dalla giurisdizione amministrativa secondo i principi della Costituzione e del diritto europeo, con quella che, invece, impone di rispettare le condizioni utili alla proposizione delle domande processuali.
Peraltro questa conclusione è confermata dal fatto che la disciplina prevista dal codice del processo amministrativo in materia di appalti è improntata al rispetto dei principi di celerità ed efficacia della tutela, principi che sarebbero frustrati laddove si imponesse l’obbligo di dover sistematicamente esaminare ogni volta il ricorso principale, anche qualora quello incidentale risultasse per sé fondato e di per sé precludesse la conservazione di un effettivo interesse in capo al ricorrente principale.
La trattazione del tema in esame non può dirsi conclusa senza aver fatto riferimento alle novità introdotte sul punto dal nuovo codice dei contratti pubblici (d. lgs 104/2010).
In particolare l’articolo 204 del nuovo codice impone alle parti un onere di immediata impugnazione, non solo dei provvedimenti che determinano l’esclusione dalla gara, come già previsto in passato, ma anche dei provvedimenti di ammissione alla stessa.
In altri termini, in un’ottica deflattiva del contenzioso e di accelerazione delle procedure di gara, il legislatore richiede al concorrente che vuole contestare la partecipazione alla gara di un’altra impresa di farlo immediatamente, senza aspettare, come occorreva fare in passato, il provvedimento di aggiudicazione.
Si tratta di una novità legislativa che appare fondamentale per almeno due ordini di ragioni.
In primo luogo, perché anticipa temporalmente il concetto di interesse all’impugnazione, che non si concretizza più soltanto nel momento dell’emanazione del provvedimento di aggiudicazione, ma si determina fin da quando l’altro concorrente viene ammesso alla gara.
In secondo luogo perché sembra far scomparire ogni problema relativo ai rapporti tra ricorso incidentale e ricorso principale: oggi, infatti, non è più possibile richiedere nel ricorso incidentale l’esclusione dalla gara dell’aggiudicatario, in quanto sussiste un onere di immediata impugnazione dell’ammissione del concorrente.
In altri termini, chi non contesta subito la partecipazione alla gara di un altro partecipante, non lo potrà fare dopo l’aggiudicazione attraverso lo strumento del ricorso incidentale.
Alla luce di quanto sopra esaminato, sembrerebbe potersi ritenere esaurita, al momento, con l’emanazione del Codice dei Contratti Pubblici del 2016, il dibattito giurisprudenziale sui rapporti tra il ricorso incidentale ed il ricorso principale nelle gare d’appalto, che la giurisprudenza ha, da sempre, cercato di disciplinare, stante l’assenza di una precisa regolamentazione normativa, tenendo conto delle rilevanti conseguenze che ne conseguono in termini di interessi economici nelle gare ad evidenza pubblica.
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