L’applicazione dell’art. 131 bis c.p. è prevista per i reati nei quali la pena massima non supera i cinque anni senza tener conto delle circostanze aggravanti.
A ciò si aggiunga, l’esiguità del danno o del pericolo e le modalità della condotta valutabili ai sensi dell’art. 133 c.p.. Pertanto, assumono particolare rilevanza la natura, la specie, i mezzi, l’ oggetto, il tempo, il luogo e il grado della colpevolezza. Inoltre, il giudice dovrà valutare il tipo di motivazione che ha spinto la agente ad agire.
Per quanto riguarda l’esiguità del danno o del pericolo il giudice dovrà accertare che via sia stato un danno o un pericolo dell’interesse protetto dalla fattispecie altrimenti si tratterebbe di reato impossibile. Nell’ipotesi menzionata, invece il fatto è tipico ma attraverso una valutazione in concreto dell’offesa si ritiene l’autore non sanzionabile.
Le SS.UU. hanno chiarito che non esiste un’offesa tenue o grave ai fini dell’applicazione dell’art 131 bis, ma occorre verificare la concreta manifestazione del reato.
La norma a sensi del III comma della medesima disposizione non opera se il comportamento dell’autore del reato è abituale. In particolare, non è applicabile se si tratta di un delinquente abituale, professionale o per tendenza a delinquere ovvero quando l’autore ha commesso più reati della stessa indole o quando si è in presenza di reati che hanno ad oggetto condotte plurime, abituale e reiterati.
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Esecuzione del reato continuato
Con il presente testo si vuole fornire all’operatore del diritto un attento ed organico approfondimento della disciplina relativa al concorso formale tra reati ed al reato continuato, dettata dall’articolo 81 del codice penale, focalizzando in particolare l’attenzione sull’applicazione di tali istituti proprio nella fase esecutiva della condanna penale.Curata ed approfondita, la trattazione dedicata ai principi operanti in materia così come desumibili dalla elaborazione giurisprudenziale: il testo, infatti, è arricchito da una raccolta organica, aggiornata e ragionata dei provvedimenti resi dalla giurisprudenza di legittimità con specifica indicazione, all’interno di ogni singola massima, del principio cardine.Paolo Emilio De SimoneMagistrato dal 1998, dal 2006 è in servizio presso la prima sezione penale del Tribunale di Roma; in precedenza ha svolto le sue funzioni presso il Tribunale di Castrovillari, presso la Corte di Appello di Catanzaro, nonché presso il Tribunale del Riesame di Roma. Nel biennio 2007/08 è stato anche componente del Collegio per i reati ministeriali presso il Tribunale di Roma previsto dalla legge costituzionale n°01/89. Dal 2016 è inserito nell’albo dei docenti della Scuola Superiore della Magistratura, ed è stato nominato componente titolare della Commissione per gli Esami di Avvocato presso la Corte di Appello di Roma per le sessioni 2009 e 2016. È autore di numerose pubblicazioni, sia in materia penale che civile, per diverse case editrici.Elisabetta DonatoDottoressa in giurisprudenza con lode e tirocinante presso la prima sezione penale del Tribunale di Roma, ha collaborato, per la stessa casa editrice, alla stesura del volume I reati di falso (2018).
Paolo Emilio De Simone, Elisabetta Donato | 2019 Maggioli Editore
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I rapporti tra il 131 bis e il reato continuato
A questo proposito, ci si è posto il problema circa l’ambito applicativo dell’art 131 bis c.p. nelle ipotesi di reato continuato. Invero, che sia inteso come reato unico o come pluralità di reati la giurisprudenza ha ritenuto che sarebbe ugualmente preclusa l’operatività della causa di non punibilità nel reato continuato, poiché lo identifica in comportamento abituale.
Tuttavia, recentemente la Suprema Corte ne ha escluso l’applicazione solo quando i comportamenti dell’autore sono espressione di una seriazione dell’attività criminosa e di un’abitudine del soggetto a violare la legge. Inoltre, non applicare la nuova disposizione nelle fattispecie continuata significherebbe andare contro l’intenzione del legislatore che ha voluto riservare con l’art 81 c.p. al reo un regime sanzionatorio di favore. Pertanto, la nuova norma non sarebbe applicabile ai solo comportamenti espressivi di una vera e propria inclinazione al crimine.
Tale orientamento è stato inaugurato da Sez. 2, n. 19932 del 29/03/2017, Di Bello, Rv. 270320-01, secondo cui “La causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto Corte di Cassazione – copia non ufficiale
di cui all’art. 131-bis cod. pen. può essere dichiarata anche in presenza di più reati legati dal vincolo della continuazione, giacché quest’ultima non si identifica automaticamente con l’abitualità nel reato, ostativa al riconoscimento del beneficio, non individuando comportamenti di per se stessi espressivi del carattere seriale dell’attività criminosa e dell’abitudine del soggetto a violare la legge (In motivazione, la Corte ha specificato che il giudice, in presenza di un reato continuato, per decidere sulla meritevolezza o meno del beneficio da parte dell’imputato, è chiamato a soppesare – in relazione alla modalità della condotta ed all’esiguità del danno o del
pericolo – l’incidenza della continuazione in tutti i suoi aspetti, tra cui la gravità del reato, la capacità a delinquere, i precedenti penali e giudiziari, la durata temporale della violazione, il numero delle disposizioni di legge violate, gli effetti della condotta antecedente, contemporanea e susseguente al reato, gli interessi lesi ovvero perseguiti dal reo e le motivazioni a delinquere)“.
A tale decisione si sono allineate sia Sez. 5, n. 35590 del 31/05/2017, Battizocco, Rv. 270998- 01 che, in motivazione, ha evidenziato che “l’unitarietà del contesto, in cui sono poste in esser diverse condotte illecite, può fondatamente lumeggiare che l’azione criminosa rimarrà fatto estemporaneo e così probabile il recupero sociale del reo, principio alla base dello scopo della pena secondo il dettato costituzionale”, sia Sez. 5, n. 5358 del 15/01/2018, Corradini, Rv. 272109-01, nella quale si osserva che quando più reati vengono commessi in un contesto sostanzialmente unico, essendo composto da fattispecie poste in essere nelle medesime circostanze di tempo e di luogo e nei confronti della medesima persona, va riconosciuta l’esistenza di un’unica e circoscritta deliberazione criminosa, incompatibile con l’abitualità presa in considerazione – in negativo – dall’art. 131-bis cod. pen., con la conseguenza che la continuazione, a fronte delle descritte circostanze fattuali, non può essere ritenuta ostativa al riconoscimento della tenuità del fatto. Si tende, dunque, con tale decisione a mitigare, seppure con qualche opportuna precisazione connessa alla peculiarità del caso di volta in volta da decidere, la rigidità e la generale applicazione di quegli arresti che escludono che la causa di esclusione della punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen. possa essere dichiarata in presenza di più reati legati dal vincolo della continuazione.
Un differente orientamento ritiene che sia applicabile quando più reati della stessa indole siano compiuti in esecuzione di un medesimo disegno criminoso nelle stesse circostanze di tempo e di luogo ma non anche quando siano stati realizzati in diversi spazi temporali.
L’art.131 bis al comma II tipizza i casi che rimangono esclusi dall’ambito applicativo della causa di non punibilità. Il legislatore, in particolare, ha previsto che l’offesa non può ritenersi tenue quando l’autore ha agito per motivi futili o con crudeltà, anche a danno di animali, ovvero se ha adoperato sevizie o ha approfittato della minorata difesa in cui versava la vittima o ancora nei casi in cui la condotta ha cagionato come conseguenza non volutala morte o lesioni gravissime della persona.
Alla luce di quanto esposto si ritiene che l’art 131 bis rappresenti una causa di non punibilità, una depenalizzazione in concreto che esclude l’applicazione della pena ma non impedisce l’esistenza del reato. Invero, il legislatore ha introdotto nel 2015 anche l’art 651 bis c.p.p. prevedendo che la pronuncia di proscioglimento per particolare tenuità del fatto a seguito di dibattimento accerta l’esistenza del fatto e della sua illiceità penale, ai fini del giudizio civile.
In tema di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.), l’ordinanza num. 38174 del 2021 con cui la quinta sezione penale della Corte di Cassazione ha rimesso alle Sezioni Unite la seguente questione di diritto: «se, ai fini dell’applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen., sia di per sé ostativa la continuazione tra i reati».
La soluzione di tale questione include, eventualmente, anche quella subordinata concernente le condizioni alle quali possa ritenersi operante la particolare tenuità del fatto in presenza del reato continuato- nel caso in cui non si reputi in sé ostativo tale reato all’applicazione della causa di non punibilità ex art. 131-bis cod. pen.- ciò in relazione agli ulteriori diversi indirizzi riportati sub 9) e ss.
All’uopo appare opportuno sottolineare che all’imputato sono stati contestati più episodi di violenza privata, posti in essere nel periodo 19 marzo – 19 aprile 2016, volti, tutti, a limitare il gestore dell’area di servizio nel regolare esercizio della sua attività lavorativa.
Non appare superfluo evidenziare, altresì, che la rimessione del presente ricorso alle Sezioni Unite scaturisce dalla preliminare valutazione della genericità e comunque manifesta infondatezza del secondo motivo di ricorso, la cui analisi in ordine logico precede quella del primo motivo. Nella sentenza impugnata, infatti, sono puntualmente spiegate le ragioni per le quali la vicenda ascritta a Umberto Ubaldi è stata inquadrata nel delitto di cui agli artt. 81, comma secondo, e 610 cod. pen. atteso che dalle risultanze dibattimentali, è emerso non solo che, dalle
prime ore del mattino e sino alla sera, l’imputato di frequente soleva parcheggiare i veicoli in posizione tale da impedire o, comunque, rendere difficoltoso il transito dei mezzi nell’area del distributore di carburante gestito dal fratello, ma anche che, ripetutamente invitato, espressamente rifiutava di spostare i mezzi o di sistemarli in modo da non creare intralcio, auspicando la prossima chiusura dell’attività.
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