Il rapporto tra il SSN e le strutture sanitarie: l’esame delle Sezioni Unite civili

Chiara Schena 19/12/23
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La sentenza n. 35092 del 2023 delle Sezioni Unite civili della corte di Cassazione offre un importante spunto di riflessione per l’inquadramento giuridico dei rapporti intercorrenti tra strutture private accreditate e il Sistema Nazionale Sanitario. 
Il punto nevralgico della sentenza ruota attorno alla nozione di “transazione commerciale” di cui al d.lgs. n. 231/2002 e all’applicabilità degli interessi moratori ove si verifichi il ritardo nel pagamento del corrispettivo da parte del SSN. 

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Corte di Cassazione-sez. un. civili- sent. n. 35092 del 14-12-2023

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Indice

1. La vicenda


La questione ha origine nelle prestazioni sanitarie effettuate da una società nei confronti del SSN della Regione Campania per il biennio 2004-2006 in cui la remunerazione era stata erogata con ritardo. La società, pertanto, citava in giudizio la Regione e l’ASL competente chiedendone la condanna al pagamento per una somma pari ad euro 1.532.595,53 oltre agli interessi di mora per il ritardo accumulato nella corresponsione delle somme di denaro spettanti alla società attrice.
Il giudice di prime cure aveva rigettato la domanda ritenendo che le prestazioni sanitarie effettuate dalla società fossero riconducibili nello schema della concessione di pubblico servizio
Anche la Corte d’Appello giungeva alle stesse conclusioni, ritenendo che le erogazioni delle prestazioni non possano essere ricondotte al parametro fissato dall’art. 5 del decreto legislativo n. 231 del 2002 e che, pertanto, gli interessi di mora non erano dovuti. Il giudice di secondo grado, infatti, aveva fatto riferimento ad una copiosa giurisprudenza che indicava come principio di diritto il fatto che un centro diagnostico non poteva reputarsi alla stregua di un imprenditore commerciale bensì dovesse essere considerato al pari di un “segmento del SSN”.
La società ricorrente, dunque, promuoveva ricorso in Cassazione.  

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2.Il contenuto dell’ordinanza di rimessione: Il rapporto tra il SSN e le strutture sanitarie


La prima sezione rimetteva, con ordinanza interlocutoria del 9 febbraio 2023 , la questione al Primo Presidente affinché potesse valutare la rimessione alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, vista l’importanza della trattazione. 
In particolare, i giudici remittenti chiedevano alle Sezioni unite di precisare il rapporto intercorrente tra la società erogatrice delle prestazioni e il SSN ponendo l’accento a degli orientamenti giurisprudenziali convergenti che qualificavano siffatto rapporto nella nozione di “transazione commerciale” in virtù dell’art. 2 del d.lgs. n. 231/2002. 
Il punto nevralgico dell’ordinanza di rimessione ruota attorno ai rapporti sussistenti tra pubblica amministrazione e strutture private erogatrici di prestazioni di beni e di servizi. 
Il chiarimento è di fondamentale importanza per definire le eventuali responsabilità dell’amministrazione nei ritardi dei pagamenti. 
 

3. Il percorso argomentativo seguito dalle Sezioni unite


Le Sezioni Unite, in primo luogo, ripercorrono i riferimenti normativi utili alla risoluzione del dubbio interpretativo intenzionato dai giudici remittenti.  Infatti, il d.lgs. n. 231/2002 ha recepito la Direttiva n. 2000/35/CE del Parlamento e del Consiglio UE sulla “lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali”. Lo scopo della direttiva è l’introduzione di strumenti volti a contrastare il significativo ritardo dei pagamenti per l’erogazione di servizi effettuate dalle imprese nei confronti della P.A.  Infatti, lo strumento degli interessi moratori mira, da un lato, a rafforzare la tutela dei piccoli imprenditori e dall’altro, ad evitare alterazioni del mercato concorrenziale. 
Per questi motivi, il d.lgs. n. 231/2002 definisce l’ambito soggettivo e l’ambito oggettivo della normativa ricordando che tutte le disposizioni si applicano “a ogni pagamento effettuato a titolo di corrispettivo in una transazione commerciale”; l’art. 2, in particolare, definisce l’oggetto delle transazioni commerciali come “i contratti, comunque denominati, tra imprese ovvero tra pubbliche amministrazioni, che comportano, in via esclusiva o prevalente, la consegna di merci o la prestazione di servizi, contro il pagamento di un prezzo”. 
Altresì, siffatto decreto all’art. 4 enuncia il momento in cui gli interessi di mora iniziano a decorrere e l’art. 11 circoscrive che le disposizioni in esame non trovano applicazione ai contratti conclusi prima dell’8 agosto del 2002. 
Secondo il Supremo Consesso, il rapporto intercorrente tra la struttura privata e il Sistema sanitario nazionale è imperniato attorno a tre caratteristiche fondamentali: l’autorizzazione a costruire nuove strutture;l’accreditamento istituzionale che è riconducibile al provvedimento concessorio del servizio pubblico e gli accordi contrattuali che devono avere ad oggetto le specifiche prestazioni e il corrispettivo del pagamento. 
In particolare, la fase di accreditamento istituzionale tra la struttura privata e il SSN costituisce l’espressione dello jus imperii, mentre, la fase degli accordi contrattuali segna il passaggio allo ius privatorum in cui i soggetti coinvolti nelle operazioni contrattuali godono dei medesimi poteri nella gestione della concessione. 
Tanto la fase provvedimentale quanto quella negoziale sono state confermate dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato che nell’occasione ha rimarcato la natura “abilitativa-concessoria” dell’accreditamento istituzionale quale “presupposto per la valida stipulazione degli accordi contrattuali ex art. 8-quinquies, comma 2-quinquies del d.lgs. n. 502/1992”. 
Una volta fissate le fasi che scandiscono l’ambito dei rapporti, occorre ricordare come il panorama giurisprudenziale inquadri il rapporto tra il S.S.N. e la struttura privata accreditata alla materia delle transazioni commerciali. 
Le Sezioni Unite, infatti, ritengono che non vi siano dei contrasti giurisprudenziali in merito all’ambito d’applicazione, e infatti, attraverso il ragionamento imbastito dalle precedenti Sezioni Unite con la sentenza n. 26496 del 2020 la soluzione poteva trovare già conferma in riferimento al settore farmaceutico. 
Infatti, il rapporto tra la farmacia e il S.S.N. non può avere la natura di transazione commerciale perché trae la sua principale fonte nella legge. Per questo motivo, non può trovare applicazione la disciplina degli interessi moratori. A conferma di ciò, queste precedenti Sezioni unite hanno riposto attenzione sui precedenti orientamenti giurisprudenziali che qualificavano le farmacie al pari di “una diretta articolazione del Servizio sanitario nazionale” giustificando “la sottrazione dell’attività di erogazione dei farmaci alla nozione di transazione commerciale” poiché “il soggetto che eroga i farmaci si colloca in rapporto stretto e diretto con il pubblico interesse sotteso a tale servizio”.
Le considerazioni sin qui svolte muovono in un’unica direzione: il rapporto tra la struttura accreditata e il sistema nazionale sanitario è inquadrabile nell’ambito della transazione commerciale prevista dal d.lgs. n. 231/2002, per cui sono da disattendere le conclusioni svolte dall’ASL controricorrente nel ritenere più corretta la riconducibilità di siffatte strutture in analogia con quanto chiarito per le farmacie. 
Pertanto, come anche ampiamente sostenuto dalla giurisprudenza europea, “non vi sono elementi per assimilare le società private che svolgono in favore degli assistiti del SSN prestazioni di servizi alle farmacie e di considerarle, sotto il profilo soggettivo, un segmento del Servizio Sanitario Nazionale”. Dunque, la pubblica amministrazione deve corrispondere, in caso di ritardo nel pagamento del corrispettivo fissato, gli interessi moratori dal momento che le strutture private accreditate sono “pienamente riconducibili all’ambito di applicazione del d.lgs. n. 231/2002, in quanto transazioni commerciali svolte da un imprenditore con la pubblica amministrazione”. 

4. Il principio di diritto sancito dalle Sezioni Unite


Alla luce del quadro normativo e giurisprudenziale sin qui esposto, le Sezioni Unite hanno affermato il seguente principio di diritto“Le prestazioni sanitarie erogate ai fruitori del Servizio sanitario nazionale dalle strutture private con esso accreditate, sulla base di un contratto scritto, accessivo alla concessione che ne regola il rapporto di accreditamento, concluso dalle stesse con la pubblica amministrazione dopo l’8 agosto 2002, rientrano nella nozione di transazione commerciale di cui all’art. 2 del d.lgs n. 231 del 2002, avendo le caratteristiche di un contratto a favore di terzo, ad esecuzione continuata, per il quale alla erogazione della prestazione in favore del privato da parte della struttura accreditata corrisponde la previsione dell’erogazione di un corrispettivo da parte dell’amministrazione pubblica.
Ne consegue che, in caso di ritardo nella erogazione del corrispettivo dovuto da parte della amministrazione obbligata, spettano alle strutture private accreditate gli interessi legali di mora ex art. 5 del d.lgs. n. 231 del 2002”.

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Chiara Schena

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