RCA: Il danno da fermo tecnico conseguente al noleggio di auto sostitutiva, a quale onere della prova soggiace?
La suprema Corte, con una recente pronuncia ha statuito che nella Responsabilità Civile Automobilistica il danno da fermo tecnico non è in re ipsa, ma può essere provato anche con l’ausilio della presunzione di sua sussistenza in ragione della emissione della fattura della società di noleggio e a prescindere dalla prova dell’effettivo esborso della somma da parte del danneggiato.
1. La sentenza
Con la sentenza numero 6448 del 03/03/2023 (Presidente Travaglino) la Suprema Corte, confermando suoi precedenti orientamenti, in una vicenda riguardante l’azione di risarcimento danni da circolazione stradale, ha statuito in merito alla risarcibilità del danno da fermo tecnico e all’onere della prova, anche a mezzo delle presunzioni, sulla sussistenza del relativo diritto.
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2. La vicenda sostanziale e processuale
La vicenda trae origine da una azione promossa da una società che aveva acquistato il credito litigioso da un utente della strada danneggiato in seguito al sinistro stradale, e afferente la spesa per il noleggio dell’auto sostitutiva (cd. fermo tecnico) cui lo stesso utente aveva dovuto far ricorso nel periodo necessario alla riparazione della propria autovettura a mezzo della stessa società acquirente del credito. Si tratta di una prassi in uso soprattutto nelle grandi città (i fatti si sono verificati a Roma) in ragione della quale il riparatore fornisce al danneggiato un’auto sostitutiva nel periodo in cui la vettura è in officina per le riparazioni, acquisendone il credito litigioso che poi farà valere nei confronti dell’assicuratore tenuto al risarcimento dei danni.
In primo grado e dinanzi al Giudice di pace, la società che aveva acquisito il credito litigioso convenne il responsabile del danno e il suo assicuratore, e vi fu l’intervento dell’assicuratore del danneggiato. La sentenza di primo grado dichiarò inammissibile l’intervento dell’assicuratore del danneggiato e rigettò la domanda poiché non si era raggiunta la prova della sussistenza del danno da fermo tecnico in quanto lo stesso, in caso di sinistro stradale non poteva essere considerato in re ipsa. La sentenza venne appellata dalla società creditrice; il Tribunale accolse l’appello incidentale della assicuratrice del danneggiato, ritenendo ammissibile il suo intervento, e confermava la declaratoria di rigetto della domanda affermando che non vi fosse prova dell’effettivo esborso delle somme portate in fattura e corrisposte per il noleggio dell’auto sostitutiva.
3. L’esito in Cassazione
La sentenza veniva impugnata per cassazione dalla società creditrice, con quattro motivi.
Con il primo motivo si lamentava la nullità della sentenza per motivazione apparente, sia in ordine alla declaratoria di legittimità dell’intervento in giudizio della compagnia del danneggiato, in quanto non era stata fornita la motivazione dell’interesse tutelato con l’intervento e sia in ordine al merito, poiché non veniva chiarito per quale motivo il creditore non potesse formare il proprio credito (nel senso che non potesse essere contemporaneamente il soggetto che forma il credito emettendo la fattura di noleggio e colui che ne pretende, in ragione della cessione del credito, l’adempimento).
Anche con il secondo motivo si aggrediva la sentenza nella parte in cui si ammetteva l’intervento dell’assicuratore del danneggiato, poiché la convenzione card sulla scorta del quale era stato ritenuto legittimo l’intervento non era stata depositata in atti e non vedeva la partecipazione della compagnia del responsabile del danno, originariamente convenuta in giudizio.
I predetti due motivi venivano affrontati congiuntamente e ritenuti entrambi infondati, con motivazione che francamente non si condivide (ma usciamo fuori tema e ne parleremo in altra sede). Secondo la Suprema Corte, infatti, la legittimità dell’intervento trova conforto nell’art. 149 Cda che, prevedendo la regolazione tra le compagnie dei crediti/debiti conseguenti all’indennizzo diretto, determinava il diritto per la compagnia del danneggiato a partecipare al giudizio promosso facoltativamente nelle forme dell’indennizzo tradizionale.
La pronuncia stride, tuttavia, con la statuizione della Corte costituzionale numero 180/2009; ma questa è un’altra storia.
Una storia su cui, tuttavia, torneremo…
Con il terzo motivo, invece, la società acquirente del credito impugnava la statuizione del Tribunale che rigettava la domanda di risarcimento del fermo tecnico.
Il motivo veniva accolto. La Corte, in primis, ribadiva che il danno da fermo tecnico va provato e non è in re ipsa. Tuttavia, la sentenza del Tribunale mancava di fare ricorso alle presunzioni, che sono cosa diversa dal danno in re ipsa, nel senso che segue.
Il fermo del veicolo era provato, atteso che lo stesso era stato ricoverato presso il riparatore/noleggiatore nel periodo corrispondente al noleggio dell’autovettura sostitutiva, circostanza pacifica e incontestata. Ne consegue la facoltà per il giudice del merito di applicare il ragionamento presuntivo in virtù del quale l’autovettura ricoverata per la riparazione non può essere utilizzata dal suo proprietario, con conseguente mancato godimento del veicolo che porta ad un costo sostenuto dal proprietario e ammissibile a risarcimento. Ha errato, quindi, il Tribunale a ritenere non provato il danno da fermo tecnico, proprio perché la fattura in atti attestava la spesa per il veicolo sostitutivo, risultando del tutto irrilevante la prova dell’effettivo esborso delle somme in quanto irrilevante ai fini dell’ammissibilità a risarcimento della voce di danno in esame.
La Suprema Corte, quindi, approfitta per ribadire il risalente principio secondo cui “il danneggiato non deve limitarsi a dimostrare di aver subito il fermo del veicolo, ossia a dimostrare la mera indisponibilità del mezzo di trasporto, ma deve dimostrare di aver sostenuto la spesa per il noleggio quale conseguenza del danneggiamento del suo veicolo” (precedenti Cass. 20620/2015, Cass. 124/2016, 9348/2019, 17897/20 e 27839/2022) prova che nel caso di specie era acquisita al giudizio.
La sentenza veniva, quindi, cassata con rinvio al Tribunale di Roma per la decisione che dovrà rispettare i suddetti principi.
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