Aggiotaggio
L’articolo 2637 c.c. rappresenta la disciplina di riferimento per il reato di aggiotaggio. Esso fu inserito tramite il decreto legislativo 11 aprile 2002, n. 61, con il quale confluirono in tale articolo le fattispecie di reato disciplinate dall’art. 2628 c.c., dall’art. 181 T.U.F e dall’art. 138. L’articolo è stato ulteriormente modificato per effetto della legge 18 aprile 2005, n. 62, la quale recepiva la direttiva 2003/6/CE riguardante la repressione degli abusi di mercato.
Il delitto di aggiotaggio è un’ipotesi speciale del reato di aggiotaggio comune di cui all’art. 501 c.p. rubricato “rialzo e ribasso fraudolento di prezzi sul pubblico mercato o nelle borse di commercio”. Tale articolo ha, tuttavia, subito un forte ridimensionamento in seguito alle variazioni apportare dalla legislazione speciale.
L’articolo in questione prevede sia il cd. aggiotaggio informativo che quello manipolativo: il primo si sostanzia con la diffusione di notizie false, il secondo con il porre in essere operazioni simulate o altri artifici “concretamente idonei a provocare una sensibile alterazione del prezzo di strumenti finanziari non quotati o per i quali non è stata presente una richiesta di ammissione alle negoziazioni in un mercato regolamentato, ovvero ad incidere in modo significativo sull’affidamento che il pubblico ripone nella stabilità patrimoniale di banche o di gruppi bancari”. Tali condotte sono punite con la reclusione da uno a cinque anni.
L’aggiotaggio è un reato di pericolo: questo significa che esso si considera consumato quando la condotta posta in essere è idonea ad alterare il prezzo degli strumenti finanziari. A riguardo può essere citata la sentenza della Cassazione n. 4324/2013, nella quale si specificò che la condotta deve assumere i connotati di concreta lesività e pericolosità. Per quanto, invece, riguarda l’elemento soggettivo, è abbastanza pacifico, soprattutto in seguito a sentenze della Corte Costituzionale, che si richieda il cd. dolo generico, che in questo caso si sostanzia nella volontà di alterare i prezzi. Il bene giuridico tutelato, in realtà non solo da questa norma ma anche dalle altre che verranno esaminate, consiste nella fisiologica o indotta dalle Autorità Indipendenti formazione dei prezzi di mercato, che non dovrebbero subire alterazioni o turbamenti.
La Cassazione è più volte intervenuta su vari elementi. Innanzitutto, ha delineato esempi di condotte che possono integrare questa fattispecie, quali la diffusione da parte di soggetti dotati di credibilità di notizie false, tali per cui queste possono influenzare le scelte altrui o la cd. action based manipulation, consistente in fittizie operazioni finanziarie che dovrebbero rappresentare l’attività del mercato. La già citata sentenza n. 4324/2013 della Cassazione si è pronunciata anche sul termine “artifizi”. Con esso si indicano quelle condotte che non solo hanno il fine di alterare il mercato, ma sono anche svolte in circostanze spazio-temporali tali da incidere sul normale andamento dei titoli. Va, tuttavia, sottolineato che la dottrina ha a lungo lamentato la vaghezza di tale formulazione.
Manipolazione del mercato
Laddove le condotte colpiscano strumenti quotati o in corso di quotazione si applica la disciplina prevista ai sensi dell’art. 185 T.U.F. (testo unico finanziario), rubricato “manipolazione del mercato”.
Le condotte punibili sono tre. La prima si estrinseca nella diffusione di notizie false, vale a dire la comunicazione di notizie che potrebbero alterare la realtà finanziaria in quanto non attendibili, inidonee o poco chiare. La notizia in questione, come specifica l’art. 181 T.U.F deve essere “sufficientemente specifica”. La seconda condotta riguarda le cd. operazioni simulate: l’aggettivo utilizzato in questa locuzione deve essere interpretato come apparente. La terza ricalca il dettato dell’art. 2637 c.c., dato che si fa riferimento a tutti gli “altri artifizi concretamente idonei a provocare una sensibile alterazione del prezzo di strumenti finanziari”.
Per quanto concerne il trattamento sanzionatorio, il primo comma prevede la reclusione da uno a sei anni e una multa da ventimila a cinque milioni di euro. Il secondo comma dell’art. 185 T.U.F prevede la possibilità da parte del giudice di triplicare o decuplicare l’importo a seconda del prodotto o del profitto conseguito, nel caso in cui il fatto sia particolarmente offensivo o per le qualità personali del colpevole. Merita di essere notato che si tratta di una delle pene pecuniarie più aspre tra quelle presenti nel nostro ordinamento.
Nella prevenzione degli abusi di mercato la Consob svolge un ruolo fondamentale. La legge 18 aprile 2005, n. 62 ne ha ampliato i poteri di vigilanza e indagine; poteri incisivi di cui può avvalersi nei confronti di chiunque sia informato sui fatti e comprendono perquisizioni, ispezioni, audizioni e anche il sequestro di beni. Inoltre, è la Consob che ha il potere di selezionare le anomalie di mercato.
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