Prima di affrontare l’argomento che ci occupa ,è necessario citare per esteso sia l’art 570 c.p. che così recita:
“Chiunque pone in vendita o mette altrimenti in circolazione opere dell’ingegno o prodotti industriali,con nomi,marchi o segni distintivi nazionali o esteri,atti ad indurre in inganno il compratore sull’origine,provenienza o qualità dell’opera o del prodotto,è punito,se il fatto non è preveduto come reato da altra disposizione di legge,con la reclusione fino ad un anno o con la multa fino a ventimila euro”e l’art 4 cooma 49 della legge 24/12/04 n.350(finanziaria 2004) :“L’importazione e l’esportazione a fini di commercializzazione ovvero la commercializzazione di prodotti recanti false o fallaci indicazioni di provenienza,costituisce reato ed è punita ai sensi dell’art 517 c.p. . Costituisce falsa indicazione la stampigliatura “made in Italy”su prodotti non originari dall’Italia ai sensi della normativa europea sull’origine;costituisce fallace indicazione,anche qualora sia indicata l’origine e la provenienza estera dei prodotti o delle merci,l’uso di segni,figure o quant’altro possa indurre il consumatore a ritenere che il prodotto o la merce sia di origine italiana.Le fattispecie sono commesse fin dalla presentazione dei prodotti o delle merci in dogana per l’immissione in consumo o in libera pratica e sino alla vendita in dettaglio”.
Le parole evidenziate in grassetto circoscrivono ancora più il nostro campo d’indagine , in quanto la domanda che ci dobbiamo porre è la seguente: Quando acquistiamo merce in cui è indicato il paese di provenienza come possiamo sentirci garantiti circa l’effettiva fabbricazione in quella specifica zona geografica?
E’abbastanza frequente osservare ,come nel caso che ha occupato la Suprema Corte ,di acquistare merce con la dicitura “Made in Italy” ma che in realta viene fabbricata in altre località in quanto il produttore può avere convenienza a dislocare o subappaltare a terzi una parte dellla attività di produzione sopratutto in quei paesi dove vige un minore costo del lavoro.
E’ lecito tutto ciò?
A tal riguardo la Cassazione risponde positivamente enucleando, a sostegno della sua posizione, due principi fondamentali che possiamo riassumere e schematizzare nel modo che segue
a) tutelare non tanto la provenienza del produttore quanto quella del prodotto
b ) la provenienza geografica del prodotto è tutelata solo per i prodotti agroalimentari
In ordine al punto a) la posizione della Suprema Corte si spiega in ragione di un principio libertà di organizzazione della attività di impresa il cui prodotto è da collegarsi non al luogo ma direttamente all’imprenditore che funge da garante della qualità dello stesso.
In ordine al punto b) non può non ritenersi evidente il collegamento con il territorio del prodotto agrolimentare ,in quanto è proprio tale elemento che caratterizza la sua affidabilità nei confronti del consumatore.
Appare, quindi, questa sentenza della Cassazione un giusto contemperamento del pricipio di libertà d’impresa con la tutela del consumatore da prodotti che apportino indicazioni false o fallaci circa la loro provenienza od origine.
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento