Il reato di diffamazione commesso dal singolo condomino

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Il reato di diffamazione punito dall’articolo 595 c.p., attiene alla tutela del bene giuridico della reputazione, intesa in senso oggettivo come la considerazione personale di cui ognuno può pretendere di godere nella società civile. I presupposti del reato sono l’assenza dell’offeso, consistente nell’impossibilità che la persona offesa percepisca direttamente l’addebito diffamatorio; l’offesa alla reputazione; la presenza di almeno due persone in grado di percepire le parole diffamatorie (esclusi il soggetto agente e la persona offesa). Il colpevole è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a € 1.032,00. Se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato, la pena è della reclusione fino a due anni, ovvero della multa fino a € 2.065,00. Se l’offesa è recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, ovvero in atto pubblico, la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a € 516,00. Si noti che non è di ostacolo all’integrazione del reato di diffamazione l’assenza di indicazione nominativa del soggetto la cui reputazione è lesa, qualora lo stesso sia individuabile, sia pure da parte di un numero limitato di persone, attraverso gli elementi della fattispecie concreta, quali la natura e la portata dell’offesa, le circostanze narrate, oggettive e soggettive e i riferimenti personali e temporali (Cass. pen., sez. V, 26/11/2019, n. 48058). Per un valido supporto per professionisti consigliamo: Codice penale e di procedura penale e norme complementari -Edizione 2024. Aggiornato alla Riforma Nordio e al decreto Svuota Carceri

Indice

1. Reato di diffamazione commesso da un condomino nei confronti di altro condomino


Le espressioni ingiuriose prive di giustificazione e caratterizzate dalla loro gratuità nei confronti della persona offesa devono essere considerate come illecite, tanto da configurare indiscutibilmente il reato di diffamazione. Tale considerazione vale certamente per il condomino che invia una missiva ad altro partecipante al condominio (e all’amministratore del condominio), accusandolo di aver “occupato abusivamente un sottotetto del condominio”, attraverso “una serie di atti illegittimi, falsi e nulli, in spregio alle più normali regole della giustizia” e ribadendo le medesime accuse, in occasione in una riunione assembleare (Cass. pen., sez I, 23/03/2020, n. 10505). Per un valido supporto per professionisti consigliamo: Codice penale e di procedura penale e norme complementari -Edizione 2024. Aggiornato alla Riforma Nordio e al decreto Svuota Carceri

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2. Reato di diffamazione commesso da un condomino nei confronti dell’amministratore


Commette il reato di diffamazione il condomino che, durante una riunione condominiale, diffonde uno scritto nel quale afferma che il consuntivo è palesementefalso, continuando ad accusare l’amministratore nei giorni successivi all’assemblea, telefonando agli altri condomini. Affermare che il bilancio consuntivo condominiale è falso costituisce un evidente attacco ad personam nei riguardi del soggetto incaricato della redazione del suddetto strumento contabile e cioè l’amministratore condominiale (Cass. pen., sez. V, 22/01/2018, n. 2627). Più recentemente è stato ritenuto colpevole per il reato in questione un condomino che mediante missiva diffusa a terzi ha leso la reputazione dell’amministratore accusandolo, esplicitamente o in maniera insinuante, di aver gestito le risorse condominiali nel proprio interesse o di non meglio precisati terzi (Cass. pen., sez. V., 05/01/2021, n. 147).

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3. Quando non viene commesso il reato diffamazione


Il condomino autore di una serie di volantini distribuiti agli altri condomini nei quali l’amministratore viene disegnato come un Pinocchio e accusato di ignorare le leggi fiscali non commette il reato di diffamazione: in tal caso la Cassazione ha escluso il reato perché l’amministratore si è rilevato ignorante in materia fiscale atteso che aveva promesso ai condomini detrazioni fiscali inesistenti (Cass. pen., sez. V, 05/10/2016, n. 41785). Alle stesse conclusioni è arrivata la recentemente la Cassazione penale in relazione ad una vicenda in cui un condomino in una missiva inviata all’amministratore del condominio e al Consiglio dell’Ordine degli avvocati della citta ha definito un legale, marito di una condomina, come soggetto “ospitato” nell’appartamento della moglie, accusandolo di essersi introdotto in luogo privato senza autorizzazione e di aver partecipato alle assemblee condominiali senza titolo, nonché di avere inviato all’amministratore una lettera volta a contestare una delibera assembleare, utilizzando la carta intestata del suo studio legale per minacciare velatamente “fastidiosi strascichi legali” . Il giudice di Pace ha ritenuto l’autore della missiva colpevole del reato di diffamazione. Il Tribunale ha confermato la decisione di primo grado, condannando l’imputato alla pena di € 900 di multa, nonché al risarcimento dei danni in favore della costituita parte civile, alla quale è stata assegnata a titolo di provvisionale la somma di € 1.500. La Cassazione, però, ha escluso che le espressioni utilizzate dal condomino condannato avessero contenuto diffamatorio, ritenendole prive di valenza offensiva o denigratoria del destinatario. Secondo la Cassazione le espressioni utilizzate dal condomino non hanno travalicato la forma civile di esposizione, costituendo una critica, sia pure sferzante e sarcastica, alla condotta della persona offesa sia per la sua ritenuta impropria intromissione nelle questioni condominiali, sia per l’uso della carta intestata dello studio legale al di fuori dello svolgimento della sua attività professionale (Cass. pen., sez. V, 02/10/2024, n. 36586).

Consulente legale condominialista Giuseppe Bordolli

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