Nel panorama giuridico, la questione della recidiva riveste un ruolo cruciale nella determinazione della pena e nella valutazione della pericolosità sociale del reo. La recente sentenza della Corte di Cassazione, Sezione V, n. 25521 del 23 maggio 2024, ha offerto un’importante chiarificazione su quando la recidiva possa considerarsi provata, contribuendo ad arricchire il dibattito giurisprudenziale in materia. Per approfondimenti si consiglia il seguente volume, il quale fornisce indicazioni operative e soluzioni per una corretta redazione degli atti e per evitare gli errori più frequenti: Appello e ricorso per Cassazione penale dopo la Riforma Cartabia
Indice
1. La questione: sussistenza della recidiva
La Corte di Appello di Napoli confermava una condanna pronunciata in primo grado, con cui era ritenuto l’imputato responsabile dei reati di cui agli artt. 497-ter, in relazione all’art. 497-bis, cod. pen., contestato al capo B e all’art. 4 della legge n. 110 del 1975, contestato al capo A.
Ciò posto, avverso questa decisione proponeva ricorso per Cassazione il difensore dell’accusato e, tra i motivi ivi addotti, costui si doleva dell’applicazione della recidiva nel caso di specie. Per approfondimenti si consiglia il seguente volume, il quale fornisce indicazioni operative e soluzioni per una corretta redazione degli atti e per evitare gli errori più frequenti: Appello e ricorso per Cassazione penale dopo la Riforma Cartabia
Appello e ricorso per cassazione penale dopo la Riforma Cartabia
Alla luce delle novità introdotte dalla Riforma Cartabia (D.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150), il volume propone al professionista che si trova ad affrontare l’appello e il ricorso per cassazione in ambito penale indicazioni operative e soluzioni per una corretta redazione degli atti e per evitare gli errori più frequenti.La prima parte è dedicata all’appello: dove va depositato? Chi può depositarlo, ed entro quando? Quali requisiti devono sussistere? E molte altre questioni di ordine pratico a cui gli autori offrono risposte attraverso richiami alla più significativa giurisprudenza di settore e con il supporto di utili tabelle riepilogative.La seconda parte si sofferma invece sul ricorso per cassazione, dai motivi del ricorso ai soggetti legittimati, dai provvedimenti impugnabili alle modalità di redazione del ricorso e degli atti successivi, con l’intento di fornire indicazioni utili ad evitare l’inosservanza o erronea applicazione della normativa e la scure dell’inammissibilità. Antonio Di Tullio D’ElisiisAvvocato in Larino, giornalista pubblicista e cultore della materia in procedura penale, è autore di numerosi articoli su riviste giuridiche telematiche.Gabriele EspositoAvvocato penalista patrocinante in Cassazione. Autore di manuali di diritto penale sostanziale e procedurale, dal 2017 è Consigliere dell’Ordine degli Avvocati di Napoli.
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2. La soluzione adottata dalla Cassazione
Il Supremo Consesso riteneva il motivo suesposto fondato.
In particolare, gli Ermellini osservavano prima di tutto che la disciplina della recidiva trova la sua giustificazione nella riscontrata insensibilità del soggetto agente al trattamento repressivo e rieducativo; cosicché presuppone che le pregresse condotte criminose (delle quali sia stata accertata la commissione) siano state indicative di una perdurante inclinazione al delitto, che abbia influito quale fattore criminogeno per la commissione del reato sub iudice (Sez. 3, n. 33299 del 16/11/2016), rilevando al contempo che, sotto il profilo motivazionale, il relativo onere è soddisfatto in tutte le ipotesi nelle quali, anche se con argomentazione succinta, si dia conto del fatto che la condotta costituisce significativa prosecuzione di un processo delinquenziale già avviato (Sez. 6, n. 56972 del 20/06/2018).
Ebbene, per i giudici di piazza Cavour, la Corte territoriale partenopea si era limitata ad asserire, apoditticamente, che l’accertata reiterazione dei reati era da ritenersi sintomatica di una maggiore capacità a delinquere del reo, e tanto non permetteva, a loro avviso, di ritenere che fosse stato valutato, oltre che il dato formale della reiterazione del reato, anche l’ulteriore profilo in precedenza evidenziato.
Per questa ragione, il provvedimento impugnato era annullato, limitatamente alla recidiva, con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte di Appello di Napoli.
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3. Conclusioni
La decisione in esame desta un certo interesse essendo ivi chiarito quando la recidiva può ritenersi provata.
Si afferma difatti in tale pronuncia, sulla scorta di un pregresso indirizzo interpretativo, che tale circostanza può ritenersi accertata in tutte le ipotesi nelle quali, anche se con argomentazione succinta, si dia conto del fatto che la condotta costituisce significativa prosecuzione di un processo delinquenziale già avviato.
Ove ciò invece non avvenga, come è avvenuto nella fattispecie in esame, ben si potrà ricorrere per Cassazione, richiamando quanto statuito in tale pronuncia.
Ad ogni modo, il giudizio in ordine a quanto statuito in codesta sentenza, poiché contribuisce a fare chiarezza su siffatta tematica giuridica sotto il versante giurisprudenziale, non può che essere positivo.
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