Secondo la definizione codicistica recata dall’art. 1965 comma 1 cod. civ., la transazione è il contratto con il quale le parti, facendosi reciproche concessioni, pongono fine ad una lite già incominciata o prevengono una lite che può insorgere tra loro; come stabilito dalla norma richiamata al secondo comma “con le reciproche concessioni si possono creare, modificare o estinguere anche rapporti diversi da quello che ha formato oggetto della pretesa e della contestazione delle parti”, venendo in tale ipotesi in rilievo una transazione a contenuto complesso in cui il negozio che pone termine alla lite ha un oggetto più ampio di quello della lite stessa.
Elemento caratterizzante il tipo contrattuale è la sussistenza di reciproche concessioni, per effetto delle quali si realizza la funzione economico-sociale del negozio transattivo e si ottiene il fine della composizione o prevenzione della lite “aliquid dando, aliquid retinendo”: trattasi dunque di un contratto a prestazioni corrispettive dal quale scaturiscono, nell’una e nell’altra parte, obblighi e diritti a prestazioni reciproche di modo che la prestazione di una parte trova la sua causa in quella incombente sull’altra, legata alla prima dal sinallagma.
La transazione ha altresì natura di contratto commutativo, sebbene la sua commutatività presenti caratteristiche peculiari, tali da non consentire alcun sindacato sull’equilibrio delle prestazioni (neanche se ricorrono i presupposti della rescissione per lesione: cfr. art. 1970 c.c.), in quanto lo scopo e l’effetto della transazione consiste proprio nel sostituire a quanto dovuto da ciascuno un quid mediumtra le rispettive pretese.
Pertanto, dal punto di vista funzionale, la composizione o prevenzione della lite e le reciproche concessioni integrano lo schema causale del negozio transattivo rappresentando la sintesi dei suoi elementi essenziali, come chiarito dalla consolidata giurisprudenza della Cassazione, sicché deve ritenersi nulla e invalida la transazione che prevede solo la totale rinuncia di una parte senza alcuna corrispondente concessione da parte dell’altra (si veda, ex multis, , Sez. II, 25 ottobre 2013, n. 24169): la funzione compositiva della lite giudiziale mediante reciproche concessioni costituisce, dunque, il tratto distintivo tra il contratto di transazione e la rinunzia unilaterale a un diritto certo da parte del suo titolare, con la conseguenza che deve escludersi l’attribuzione di natura transattiva ad un accordo negoziale non contenente alcun regolamento di interessi sulla base di un quid mediumtra le iniziali prospettazioni delle parti e che sia privo di una reciproca riduzione delle rispettive pretese, costituente requisito essenziale ai fini della validità contrattuale.
A fronte della rinunzia da parte del privato ad ogni diritto o pretesa nei confronti dell’Amministrazione da una sentenza amministrativa a sé favorevole, e dunque a un proprio diritto di credito certo, liquido ed esigibile non è dato comprendere quale sia il contenuto sostanziale delle obbligazioni assunte dall’Amministrazione comunale con la stipula del negozio allorquando essa si limiti a una generica enunciazione, senza alcuna concreta specificazione circa l’effettiva consistenza di impegni idonei a integrare una qualsivoglia concessione o una rinuncia ad una determinata pretesa.
Allorquando nella transazione stipulata ci si limiti a stabilire che le parti intendono addivenire a un accordo “volendo iniziare una nuova e fattiva collaborazione nel reciproco comune interesse”e che, a fronte della rinuncia al credito da parte della ditta, l’Amministrazione “riconosce la buona volontà di controparte e si impegna a prendere in considerazione le capacità tecniche e professionali… nelle prossime procedure ad evidenza pubblica”, tale impegno, così come strutturato e descritto, è privo di rilevanza giuridica, dovendo esso discendere, senza necessità di alcuna specifica assunzione, dalla fisiologia dell’azione amministrativa e dalla mera osservanza della normativa in materia di appalti al cui rispetto l’Amministrazioneè ex lege obbligata nell’espletamento delle procedure relative all’affidamento delle pubbliche commesse. Né si può interpretare tale affermazione nel senso di assunzione di un anomalo impegno ad una più benevola considerazione nei confronti della controparte in caso di sua partecipazione ad altre gare e nella prospettiva di future aggiudicazioni, atteso che altrimenti l’accordo si configurerebbe in esame come un vero e proprio pactum sceleris, sì da rendere nulla la transazione per la sua antigiuridicità e contrarietà a norme imperative per illiceità dell’oggetto e della causa. Di qui la sua nullità.
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