Reddito di Cittadinanza: la Corte Costituzionale riduce il requisito di residenza

la Corte Costituzionale ha ridefinito uno degli aspetti più controversi del Reddito di Cittadinanza, il requisito di residenza decennale per l’accesso.

Redazione 21/03/25
Allegati

Con la sentenza numero 31 del 2024, la Corte Costituzionale ha ridefinito uno degli aspetti più controversi del Reddito di Cittadinanza (Rdc), stabilendo che il requisito di residenza decennale per accedere alla misura deve essere ridotto a cinque anni. Tale pronuncia rappresenta un’importante svolta nella normativa sul Rdc, soprattutto in considerazione delle implicazioni costituzionali e delle interferenze con il diritto dell’Unione Europea.

Corte Costituzionale – sentenza n. 31 del 20-03-2025

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Indice

1. La natura del Reddito di Cittadinanza


Uno degli aspetti centrali affrontati dalla Corte riguarda la natura stessa del Reddito di Cittadinanza. Contrariamente a quanto sostenuto da alcune interpretazioni giurisprudenziali europee, la Corte Costituzionale ha ribadito che il Rdc non ha natura puramente assistenziale, ma si configura come una misura di politica attiva per l’occupazione.
La misura, introdotta per favorire l’inclusione lavorativa e sociale, è caratterizzata da obblighi stringenti e condizionalità precise, la cui violazione comporta la perdita del beneficio. Tale carattere lo distingue nettamente dalle prestazioni meramente assistenziali, che sono finalizzate a garantire un sostegno economico continuativo a chi si trova in condizioni di disagio sociale.
La Corte ha inoltre sottolineato che il Rdc si configura come un progetto di inclusione e non come un mero trasferimento monetario, puntando sulle possibilità future di integrazione e non sul riconoscimento di un diritto acquisito. Questo lo distingue da misure come l’assegno sociale, che invece mirano a sostenere il cittadino in quanto tale, valorizzando il suo contributo alla società nel tempo.

2. Il diritto dell’Unione Europea e il ruolo della Corte di Giustizia


Uno degli elementi di maggiore complessità affrontati nella sentenza riguarda il rapporto tra la normativa italiana e il diritto dell’Unione Europea. La Corte Costituzionale ha precisato che la sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea del 29 luglio 2024, che ha interpretato il Rdc come una misura assistenziale, non può vincolare la giurisdizione costituzionale italiana.
La Corte di Giustizia, infatti, si limita a interpretare il diritto dell’Unione e non ha competenza a sindacare l’esattezza dell’interpretazione delle norme interne effettuata dai giudici nazionali. In questo contesto, la Corte Costituzionale ha riaffermato la propria competenza esclusiva nell’interpretazione della Costituzione italiana e nella garanzia della certezza del diritto sul piano nazionale.
Di conseguenza, pur riconoscendo l’autorevolezza delle indicazioni europee, la Corte ha mantenuto fermo il principio secondo cui l’interpretazione della Costituzione è una prerogativa esclusiva dell’ordinamento giuridico italiano.

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3. Il requisito di residenza: una soglia ingiustificata


Al centro della decisione vi è la valutazione del requisito di residenza decennale, originariamente previsto per accedere al Reddito di Cittadinanza. La Corte ha ritenuto che tale durata rappresenti una barriera sproporzionata rispetto alle finalità del provvedimento, violando i principi di eguaglianza, ragionevolezza e proporzionalità sanciti dall’articolo 3 della Costituzione.
Secondo i giudici costituzionali, il periodo di dieci anni pone un ostacolo eccessivo all’accesso alla misura, soprattutto considerando che il Reddito di Cittadinanza mira ad assicurare la futura inclusione lavorativa e sociale del beneficiario. In quest’ottica, il requisito risulta disallineato rispetto alla funzione stessa della misura, rendendo necessario un intervento correttivo.
La riduzione a cinque anni è stata individuata come una soluzione equilibrata, che mantiene un controllo sull’accesso alla prestazione senza però discriminare ingiustificatamente i richiedenti. Tale soglia trova riscontro in altre disposizioni normative e garantisce un punto di equilibrio tra le esigenze di integrazione e la sostenibilità delle finanze pubbliche.

4. La giustificazione della discriminazione indiretta


La Corte ha altresì affrontato il delicato tema della discriminazione indiretta nei confronti dei cittadini stranieri. Sebbene il requisito di residenza favorisca in modo evidente i cittadini italiani, la Corte ha ritenuto che tale disparità sia giustificata da esigenze di sostenibilità finanziaria e da considerazioni legate all’effettiva integrazione nel tessuto sociale.
In tal senso, la raccomandazione del Consiglio dell’Unione Europea del 30 gennaio 2023 appare in linea con l’interpretazione costituzionale italiana, consentendo agli Stati membri di adottare criteri di residenza protratta per garantire l’accesso a prestazioni simili al Rdc. La Corte ha ritenuto quindi che il limite di cinque anni rappresenti una soglia ragionevole e proporzionata.

5. Conclusioni


La sentenza della Corte Costituzionale rappresenta un passo importante verso una maggiore equità nell’accesso al Reddito di Cittadinanza. La riduzione del requisito di residenza da dieci a cinque anni consente di armonizzare la misura con i principi costituzionali, mantenendo un equilibrio tra diritto all’inclusione sociale e sostenibilità economica.
Questa decisione rafforza il coordinamento tra l’ordinamento nazionale e le indicazioni europee, evitando il rischio di discriminazione alla rovescia tra cittadini italiani e comunitari. Al contempo, riafferma l’autonomia della Corte Costituzionale nel garantire il rispetto dei principi fondamentali sanciti dalla Costituzione.
In definitiva, la scelta della Corte contribuisce a rendere il Reddito di Cittadinanza una misura più equa e conforme alla finalità inclusiva originaria, senza rinunciare alla necessaria sostenibilità economica.

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