L’atto con il quale viene conferita ad un avvocato la procura alle liti ha natura processuale e l’inosservanza delle forme stabilite dall’articolo 83 c.p.c. non comporta nullità ove sia ugualmente raggiunto lo scopo per il quale le forme stesse sono prescritte e, cioè, il controllo della certezza, provenienza e tempestività della procura medesima.
In particolare, l’illeggibilità della firma di chi conferisce la procura alla lite, sia essa apposta in calce, ovvero a margine dell’atto con il quale sta in giudizio una società che risulti esattamente indicata con la sua denominazione sociale, è irrilevante, non solo quando il nome del sottoscrittore risulti dal testo della procura stessa o dalla certificazione d’autografia resa dal difensore, ovvero dal testo di quell’atto, ma anche quando detto nome sia con certezza desumibile dall’indicazione di una specifica funzione o carica, che ne renda identificabile il titolare per il tramite dei documenti di causa o delle risultanze del registro delle imprese.
In assenza di tali condizioni, e nei casi in cui non venga menzionata alcuna funzione o carica specifica, allegandosi genericamente la qualità di legale rappresentante della società, si determina una nullità relativa, che può essere denunziata con la prima difesa, restando così a carico della parte interessata d’integrare con la prima replica la lacunosità dell’atto iniziale, mediante chiara e non più rettificabile notizia del nome dell’autore della firma illeggibile.
N. 00018/2011REG.SEN.
N. 01800/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1800 del 2009, proposto da:
condominio Casa Smeralda A, in persona del legale rappresentante in carica, e da *************** e *****************, rappresentati e difesi dagli avvocati ******************* e ***************, con domicilio eletto presso il primo di detti difensori, in Roma, via Lima, n. 15;
contro
Comune di San Michele al Tagliamento, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati ************ ed ***************, con domicilio eletto presso il primo di detti difensori, in Roma, via Federico Confalonieri, n. 5;
Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e Capitaneria di Porto di Venezia, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato e domiciliati per legge presso gli uffici della stessa Avvocatura, in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
Commissione Edilizia Integrata Comune di San Michele al Tagliamento, non costituita in giudizio;
Regione Veneto, non costituita in giudizio;
nei confronti di
Boomerang s.r.l., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avv. ************* ed **************, con domicilio eletto presso il primo di detti difensori, in Roma, via Bassano del Grappa, n. 24;
La Maison s.a.s. di ************* & C., ************* s.r.l. e ***** s.r.l., non costituite in giudizio;
Hotel Principe S.r.l., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentato e difeso dagli avv. ********************, ******************* e ********************, con domicilio eletto presso l’ultimo di detti difensori, in Roma, via Paisiello, n. 55;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. Veneto – Sezione II^ – n. 3550 del 14 novembre 2008, resa tra le parti, concernente il permesso di costruire n. 10156 del 19 settembre 2005 e l’autorizzazione paesistica n. 17543 del 28 aprile 2005.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di San Michele al Tagliamento, del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e di Capitaneria di Porto di Venezia, della Boomerang s.r.l. e dell’Hotel Principe s.r.l.;
Visto l’appello incidentale proposto dall’Hotel Principe s.r.l.;
Viste le memorie difensive prodotte dalle parti;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 26 ottobre 2010 il Cons. Guido Romano e uditi per le parti gli avvocati *******************, ************, ***************, **************, ******************** e l’avvocato dello Stato *****************;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. – Il condominio ********** (di seguito: il condominio) e l’Immobiliare Andrusia s.a.s.( di seguito: l’Immobiliare) impugnavano innanzi al TAR Veneto, con un primo ricorso (n. 2538 del 2005), il permesso di costruire n. 10156 del 19 settembre 2005 e l’autorizzazione paesistica n. 17543 del 28 aprile 2005; con un secondo ricorso (n. 838 del 2007), unitamente alle Sig.re *************** e *****************, il provvedimento comunale n. 9064 del 12 marzo 2007, con il quale non era stata dichiarata la decadenza del permesso di costruire (di seguito: pdc) n. 10156 del 19 settembre 2005, rilasciato alla società La ****** s.r.l.; il provvedimento di volturazione del predetto pdc alla Boomerang s.r.l.; il verbale n. 7191 del 27 febbraio 2007; il provvedimento n. 36564 del 8 settembre 2006; il provvedimento n. 47804 del 30 novembre 2006; il pdc del 19 settembre 2005 n. 10156; chiedevano, infine, il risarcimento del danno patito per effetto della illegittimità di tali atti.
Le società ********************, ***** s.r.l ed Hotel Principe s.r.l., a loro volta, impugnavano innanzi allo stesso Giudice territoriale (ricorso n. 1487 del 2007) il pdc n. 10156 del 19 settembre 2005 e l’autorizzazione paesistica n. 17543 del 28 aprile 2005, gli atti di proroga del termine per l’inizio dei lavori, nonché tutti gli atti di adozione ed approvazione della variante al piano particolareggiato della zona di ricomposizione di *******.
2. – Con sentenza n. 35550 del 14 novembre 2008 il TAR adito, previa riunione per connessione di tutti detti ricorsi, li ha dichiarati in parte tardivi ed in parte infondati, respingendo anche la domanda di risarcimento danni.
Più in particolare, con detta sentenza il Giudice territoriale ha sostanzialmente (e riassuntivamente) affermato, con riferimento ai due ricorsi proposti dal condominio e dall’Immobiliare, quanto segue:
– è tardiva l’impugnazione degli atti deliberativi presupposti (C.C. n. 274 del 1993 e n. 92 del 2004) per le stesse motivazioni già rese dalla Sezione con la sentenza n. 3187 del 2007 alla quale “…il Collegio non può che richiamarsi…” ai fini del decidere sul punto, sia per i ricorsi del condominio e dell’Immobiliare, sia anche per il ricorso n. 1487 del 2007 (******* ed altri);
– sono infondate, nel merito, sulla scorta dei dati emergenti dalla operata ricostruzione dei fatti e delle motivazioni rese nella sentenza citata n. 3187 del 2007, la cui efficacia esecutiva è pienamente operante, in particolare, l’eccezione di inedificabilità della particella 431, siccome smentita dalla sentenza del “…Giudice monocratico del Tribunale Ordinario di Venezia, sezione distaccata di Portogruaro, che ha respinto la domanda confessoria di accertamento della sussistenza di una servitù…”; – il secondo motivo del ricorso n. 1487 del 2007, poiché la necessità del parere ex art. 55 del codice della navigazione è esclusa quando le costruzioni da effettuarsi sulle aree prossime al mare sono previste in piani regolatori già approvati dall’Autorità marittima, cosa che nella specie può ritenersi verificata, essendo prevista la realizzazione dell’immobile in questione nel Piano particolareggiato dell’arenile di Bibione e perché, in ogni caso, è escluso dalla stessa Autorità marittima che i lavori si estendano alla fascia di rispetto di cui al citato art. 55; – la terza doglianza del ricorso 1487 del 2007 perché la motivazione allegata all’autorizzazione paesistica, se valutata alla luce dell’istruttoria compiuta, si dimostra più che sufficiente a spiegare le ragioni dell’assenso prestato, anche tenuto conto della “…configurazione della zona in cui insiste l’intervento…” e del fatto che “…il litorale di ******* risulta quasi completamente antropizzato con edifici di rilevante dimensione…”; – la censura concernente l’identità del soggetto che ha effettuato la valutazione di conformità edilizio-urbanistica del progetto e la compatibilità paesaggistico-ambientale dell’intervento, in quanto è sufficiente, in ogni caso, il parere definitivo espresso dalla Commissione edilizia integrata; – i motivi rubricati con il n. 4 in entrambi i ricorsi del Condominio e dell’Immobiliare, avuto presente che l’area in questione (particella 431) “…non è ricompresa nelle aree di tutela menzionate dai ricorrenti…”; – il motivo n. 5 del secondo ricorso (rubricato sub 1 nel secondo ricorso) in quanto “…è privo di pregio, seppur plausibilmente esposto, il richiamo all’art. 1 del regolamento edilizio…”; – il motivo n. 6, tenuto conto che è obbligatorio soltanto che l’Amministrazione indichi gli atti allegati al provvedimento e li ponga a disposizione dell’interessato; – il motivo settimo, trovando applicazione l’art. 21-octies della legge n. 241 del 1990; – le deduzioni svolte con riferimento agli atti deliberativi presupposti (C.C. n. 274 del 1993 e n. 92 del 2004), alla stregua della motivazione resa con la sentenza n. 3187 del 2007, alla quale “…il Collegio non può che richiamarsi…” ai fini del decidere sul punto sia per i ricorsi del Condominio e dell’Immobiliare, sia “…anche per quelli ex ricorso n. 1487 del 2007…” (******* ed altri); – i rilievi proposti avverso le concesse proroghe del pdc n. 10156 del 19 settembre 2005, trovando esse giustificazione, la prima, nella ordinanza sindacale di sospensione generalizzata dell’attività in tutto il periodo della stagione balneare e la seconda “…nelle trattative in corso per la definizione di modalità costruttive…”.
Con riguardo al terzo ricorso (n. 838 del 2007, proposto da ******* ed altri) nella sentenza impugnata è stato affermato che:
– è tardiva, ferma la tardività delle doglianze contro gli atti deliberativi presupposti al pdc, anche l’impugnativa “…diretta…” degli atti di proroga del pdc stesso, sulla base del rilievo che “…la prova dell’irricevibilità è offerta proprio dalla diffida rivolta all’Amministrazione a dichiarare la decadenza del titolo edificatorio…” della controinteressata La Maison, presentata dai ricorrenti il 12 febbraio 2007;
– sono infondate le doglianze sollevate dai ricorrenti contro l’atto di archiviazione della domanda di decadenza del pdc anzidetto in quanto dette proroghe “…risultavano ampiamente giustificate…” sulla base degli elementi esistenti nella fattispecie che lasciano emergere “…una seria intenzione edificatoria…” che il Comune ha verificato;
– è infondata la censura di violazione dell’art. 10-bis della legge n. 241 del 1990.
Infine ha rigettato le domande di risarcimento danni proposte in ciascuno dei tre ricorsi esaminati, atteso l’esito dei giudizi.
3. – Con l’appello in epigrafe il condominio Casa Smeralda A e le sig.re *************** e ***************** hanno chiesto la riforma della sentenza in esame n. 3550 del 2008.
Hanno articolato, con riferimento ai ricorsi n. 2538/2005 e n. 1487/2007, i seguenti motivi di impugnazione:
1)- invalidità derivata per violazione della statuizione n. 5811 del 2008 del Consiglio di Stato; violazione del giudicato; violazione dell’art. 21-septies della legge n. 241 del 1990 e successive modificazioni ed integrazioni; violazione del principio del ne bis in idem; eccesso di potere per errore sui presupposti e per sviamento;
2)- difetto di presupposto, travisamento dei fatti, erroneità, contraddittorietà e violazione del giudicato sotto diverso profilo;
3)- invalidità derivata, errore di presupposto e di giudizio ed omessa e/o carente motivazione, nonché violazione dell’art. 11 del d.P.R. n. 380 del 2001 e dell’art. 77 della legge regionale veneta n. 61 del 1985;
4)- errore di presupposto e di diritto, violazione dell’art. 55 del codice della navigazione ed omessa motivazione;
5)- difetto di giudizio e di motivazione sotto ulteriore profilo, nonché contraddittorietà;
6)- difetto di istruttoria ed omessa motivazione, violazione degli articoli 4 e 6 della direttiva n. 92/43/CEE e degli articoli 4 e 5 del d.P.R. n. 357 del 1997, violazione delle disposizioni contenute nel D.G.V.R. n. 2803 del 4 ottobre 2002 ed omessa pronunzia;
7)- violazione dell’art. 107 del d.lgs. n. 267 del 2000; violazione del principio di separazione tra organi politici ed organi di gestione, errore di diritto e di giudizio, omessa motivazione e mancata pronunzia su un punto fondamentale della controversia;
8)- ulteriore erroneità con riguardo ai vizi procedimentali.
Hanno dedotto, quali motivi di impugnazione della decisione assunta sul ricorso n. 838 del 2007, che:
9) – l’errore di giudizio e di presupposto, il difetto di motivazione e la contraddittorietà della decisione assunta sulla supposta inammissibilità e/o irricevibilità del ricorso anzidetto;
10) – l’erroneità sotto diverso profilo della stessa decisione per difetto di presupposto e di motivazione, nonché per violazione dell’art. 15, comma 2, del d.P.R. n. 380 del 2001;
11)- la violazione dell’art. 10 bis della legge n. 241 del 1990 e dell’art. 45 del regolamento edilizio comunale, nonché il difetto di presupposto, l’erroneità e contraddittorietà, il difetto di motivazione e l’omessa pronunzia.
4. – L’Hotel Principe s.r.l., con appello incidentale autonomo ha anch’esso impugnato, in via principale, la sentenza in epigrafe chiedendone la riforma per i seguenti motivi:
1)- “…in rito…” ha precisato che – non essendo stata parte del doppio grado di giudizio conclusosi con la decisione di questa Sezione n. 5811 del 25 novembre 2008 che, in riforma della sentenza del TAR Veneto n. 3187 del 2007, ha annullato la delibera consiliare n. 92 del 2004, unico atto presupposto del pdc contestato in questa sede – sarebbe ammissibile l’accertamento in suo favore del pieno “…travolgimento, in via di caducazione automatica, del permesso di costruire impugnato dall’odierna appellante…”, avendo interesse a detta caducazione, anche ai fini del risarcimento dei danni subiti per effetto dell’illegittimo rilascio di detto permesso di costruire; ha chiarito, inoltre, che, in ogni caso, rimane fermo l’interesse ad una pronunzia costitutiva su detto pdc, per illegittimità propria e per illegittimità derivata dalla già giudizialmente accertata illegittimità della presupposta delibera consiliare n. 92 del 2004;
2)- nel merito, ha osservato, innanzitutto, che sarebbe errata la decisione assunta dal Giudice di prime cure sulla domanda di annullamento della delibera consiliare n. 92 del 2004 e del pdc rilasciato alle controinteressate sul presupposto della correttezza di detta delibera, tenuto conto che sarebbe incontrovertibile, alla stregua della corretta lettura della delibera consiliare n. 274 del 1993 e della decisione di questo Consiglio di Stato n. 5811 del 2008, che l’area di dette controinteressate (mappale n. 431) è stata inclusa in un ambito assoggettato ad intervento unitario, insieme con quelle dei Condomini Casa Smeralda, avendo il Comune configurato l’intervento nel relativo comparto come un unicum, con conseguente illegittima attribuzione di tutta la residua volumetria assentibile soltanto a dette controinteressate, come disposto dalla citata delibera n. 92 del 2004;
3)- ha, inoltre, precisato che sarebbe errata anche la parte di motivazione della sentenza impugnata che fa rimontare l’effetto lesivo della posizione giuridica dei ricorrenti alla delibera n. 274 del 1993, tenuto conto di quanto sul punto affermato dalla decisione di questo Consiglio n. 5811 del 2008 circa l’autonoma capacità lesiva della delibera n. 92 del 2004;
4)- ha soggiunto ancora, in particolare, con riferimento al permesso di costruire rilasciato alla La Maison e volturato alla Boomerang, che avrebbe errato il primo Giudice a decidere sul primo dei motivi esaminati, concernente l’illegittima composizione della Commissione edilizia comunale integrata che ha espresso parere sulla richiesta di pdc, non trovando essa corrispondenza nel quadro normativo di riferimento; apodittica sarebbe, poi, la motivazione resa in ordine alla svolta doglianza di violazione delle norme comunitarie sui S.I.C. e sulle zone di protezione speciale, nonché contrastante con la documentazione esibita in atti dal condominio; inoltre, sarebbe errata l’affermazione dell’esistenza di un piano urbanistico valido che consente di ritenere superata la necessità della previa autorizzazione di cui all’art. 55 del codice della navigazione, poiché, a tal fine, non sarebbe utilizzabile il citato piano particolareggiato, che, riguardando soltanto la disciplina dell’arenile, non prevedeva alcuna costruzione, limitandosi a ricomprendere nel proprio perimetro la zona edificabile in questione; né sarebbe decisiva, a fini di prova, la documentazione della Capitaneria di Porto citata, perché contraddetta da altra documentazione di segno opposto della stessa Capitaneria; parimenti errata sarebbe la decisione della censura di carenza di adeguata motivazione in ordine al rilascio dell’autorizzazione paesistica ed al relativo parere della Commissione edilizia integrata, difettando ogni giudizio comparativo tra progetto e valori da tutelare e, quindi, della compatibilità del primo con i secondi; infine sarebbe ancora apodittica la decisione sulle censure concernenti le due proroghe dei lavori concesse, essendosi limitato il giudicante a richiamare il contenuto dei provvedimenti contestati, senza dunque indicare quali fatti sopravvenuti giustificassero dette proroghe.
Con successiva memoria la stessa anzidetta parte ha ulteriormente illustrato le proprie tesi difensive.
5. – Si sono costituti in giudizio il Comune di San Michele al Tagliamento e la Boomerang s.r.l. (succeduta alla La Maisons.r.l., originaria intestataria del permesso di costruire), i quali con più memorie hanno diffusamente argomentato in ordine all’inammissibilità sia dell’appello principale, sia dell’appello incidentale non condizionato proposto dall’Hotel Principe s..r.l., nonché in ordine all’infondatezza, comunque, dei singoli motivi dei ricorsi, dei quali hanno chiesto la reiezione.
Alla pubblica udienza del 26 ottobre 2010 l’appello in epigrafe, con quello incidentale autonomo, è stato introitato per la decisione.
6. – Deve il Collegio esaminare, prioritariamente, le questioni pregiudiziali poste dalle parti appellate con riguardo ad entrambi gli appelli in esame.
6.1 – Il Comune di San Michele al Tagliamento ha, innanzitutto, rilevato, con la memoria depositata il 14 ottobre 2010, che “…una prima questione attiene alla procedibilità dell’appello in presenza di un giudizio per l’ottemperanza alla sentenza del Consiglio di Stato n. 581 del 2008 la cui definizione appare pregiudiziale…”.
Ritiene il Collegio che tale questione sia del tutto inconferente nel caso in esame, atteso che la chiamata, a fini di decisione, dei relativi mezzi processuali nella camera di consiglio e nell’udienza pubblica dello stesso giorno solare non impedisce che sia sostanzialmente rispettata la norma dell’art. 295 c.p.c e cioè che sia garantita la necessaria priorità logica di decisione degli stessi mezzi. Va da sé, infatti, che è da anteporre la decisione del ricorso per l’esecuzione del giudicato – la quale, d’altronde, non può estendere il proprio perimetro al di fuori dell’oggetto specifico dell’ottemperanza – a quella da adottarsi in relazione agli appelli, attualmente in esame, proposti dal Condominio e dalle ******à alberghiere soccombenti in primo grado (essenzialmente, anche se non soltanto, sul permesso di costruire a La Maison s. r.l.). A sua volta la soluzione della causa di ottemperanza deve essere preceduta dalla decisione sul ricorso per revocazione avverso la sentenza di questa Sezione n. 5811 del 2008, pure chiamato ed introitato a sentenza alla medesima udienza. E tale procedimento logico è stato in concreto seguito, appunto, nella fattispecie.
6.2 – Lo stesso Comune e la controinteressata Boomerang hanno, poi, eccepito che il ricorso di primo grado n. 2538 del 2005, proposto dal condominio appellante principale e dalla Immobiliare Andrusia s.a.s., sarebbe inammissibile per difetto di legittimazione attiva dei rispettivi soggetti proponenti, nonché per carenza di interesse a ricorrere, tenuto conto, da un lato, che la citata Immobiliare, nella sua veste di accomandita semplice, risultava già cancellata dal registro delle imprese alla data di proposizione del ricorso anzidetto, essendo stata incorporata, per fusione, nella Immobiliare Andrusia s.r.l., l’unica, quest’ultima, realmente legittimata; dall’altro, che l’Amministratore del condominio Casa Smeralda A difetterebbe di una specifica autorizzazione assembleare alla lite attiva nella presente sede giurisdizionale, risultando concessa detta autorizzazione soltanto per le liti civili.
Entrambe dette eccezioni sono infondate.
6.2.1 – Quanto al primo di detti profili, osserva il Collegio che per costante ed ormai pacifica giurisprudenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (cfr., n. 2637 del 2006 e da ultimo, tra le tante, n. 19509 del 2010) l’incorporazione, per fusione, di una società in altra non comporta l’estinzione del soggetto giuridico incorporato e l’insorgenza di un soggetto giuridico nuovo e distinto dal primo che succeda a quest’ultimo a titolo universale.
Ha ritenuto, infatti, il Giudice della nomofilachia che , secondo la modificazione del contenuto dispositivo del comma 1 dell’art. 2504-bis del codice civile, così come operata dal d.lgs. n. 6 del 2003, la fusione non è più prevista come evento determinante l’estinzione della società incorporata, bensì costituisce una “…vicenda meramente evolutivo-modificativa…” del medesimo soggetto giuridico (non diversamente da quanto avviene con la trasformazione), senza che si produca alcun effetto successorio ed estintivo.
Ciò ha statuito, precisando, inoltre, che la citata norma codicistica, soltanto nel regime precedente alla modifica introdotta dal citato d.lgs. n. 3 del 2003, prevedeva che la fusione di società desse luogo ad una situazione giuridica corrispondente alla successione universale e producesse l’estinzione delle società partecipanti alla fusione o della società incorporata, nonché la contestuale sostituzione nella titolarità dei rapporti giuridici attivi e passivi facenti ad esse capo.
Orbene, facendo applicazione di tale avviso giurisprudenziale, che il Collegio condivide, non può non rilevarsi come la fusione per incorporazione della ricorrente (di primo grado) Immobiliare Andrusia s.a.s. nella Immobiliare Andrusia s.r.l. in nessun modo possa comportare l’inammissibilità del ricorso di primo grado, presentato dalla incorporata (società), unitamente al condominio oggi appellante, tenuto conto:
– per un verso, che può ritenersi non irragionevole che l’Immobiliare Andrusia s.a.s., siccome non scomparsa dal mondo giuridico per le ragioni anzidette, permanesse nella condizione di legittimazione a ricorrere, pur dopo l’iscrizione nel registro delle imprese della Immobiliare Andrusia s.r.l., essendo entrambe le società che si sono fuse – in quanto espressione di un’unica “…vicenda meramente evolutivo-modificativa…” di un medesimo soggetto giuridico – portatrici di un concreto interesse alla tutela delle situazioni pregresse alla loro fusione;
– per altro verso, che la contestazione di una tale situazione processuale non appare denunziabile da terzi, poiché, al limite, l’interesse a contestare potrebbe, per assurdo, appartenere unicamente alla società incorporante, la quale, però, rappresentando null’altro che l’evoluzione della prima, similmente all’ipotesi di trasformazione, non può avere interessi configgenti con la incorporata; in ogni caso, anche a voler opinare in senso totalmente contrario a quanto sin qui detto, pur tuttavia resterebbe ammissibile il ricorso di primo grado in questione perché proposto anche dal condominio, cui l’eccezione in esame non si riferisce.
6.2.2 – Quanto al secondo profilo (contestata legittimazione in concreto del condominio), può convenirsi con la difesa dell’appellante che l’insieme delle delibere assembleari depositate nel corso del giudizio di primo grado dimostrano con tutta evidenza come il condominio abbia autorizzato anche la lite in sede di giurisdizione amministrativa, oltre che in sede civile, nell’ambito di un contenzioso tra le parti che rimonta a molti anni addietro e per il quale non può certo dirsi che i difensori del condominio stesso, in relazione ai molteplici atti che hanno interessato quest’ultimo, non siano stati adeguatamente investiti del potere di rappresentanza e difesa in giudizio.
In particolare, induce a ritenere superabile ogni dubbio sull’esistenza di una volontà dell’assemblea del condominio Casa Smeralda A di autorizzare la propria difesa in giudizio contro i provvedimenti impugnati in primo grado (delibere di consiglio comunale del 1993 e del 2004, nonché il pdc) il contenuto effettivo della delibera (condominiale) del 29 ottobre 2005, laddove l’assemblea, dopo essere stata informata del rilascio alla società La ****** di permesso di costruire sul lotto 431 e del fatto che il difensore del condominio, avv. ********, aveva già predisposto il ricorso al TAR per l’annullamento di tale permesso, ha espressamente deliberato che “…l’Assemblea, quindi, incarica l’Amministratore ad affidare al legale l’incarico per la resistenza…”.
Le parti appellate eccepiscono, però, che la parte finale di tale locuzione (“…per la resistenza…” ) renderebbe palese ed incontrovertibile che l’incarico al legale sarebbe stato conferito soltanto per le liti passive, ma non anche per quelle attive.
Ritiene il Collegio che tale eccezione sia priva di razionale giustificazione, perché si regge solo sulla mera formulazione letterale della locuzione anzidetta e, fondamentalmente, si scontra, con tutta evidenza, con i presupposti oggettivi sulla base dei quali è stato effettivamente conferito l’incarico al legale dall’Assemblea condominiale.
Infatti, nel verbale detti presupposti sono puntualmente indicati nel fatto dell’intervenuto rilascio di un pdc alla società La ******, della già intervenuta predisposizione di apposito ricorso al TAR contro tale pdc e nello stanziamento, a tal ultimo fine, di un fondo spese di euro 5000,00, tutti elementi , questi, che dimostrano come l’incarico (legale) sia stato conferito per instaurare una lite attiva, unica praticabile in relazione all’atto impugnato (pdc rilasciato al controinteressato). In breve, l’espressione formalmente utilizzata ( “…per la resistenza…” ) o va interpretata sostanzialmente nei termini testé indicati, ovvero non può che essere ritenuta frutto di un errore materiale di trascrizione della effettiva volontà assembleare che, certamente, non priva il deliberato del suo concreto contenuto autorizzatorio alla lite attiva contro il pdc per cui è causa in questa sede.
In entrambi i casi non può non ribadire il Collegio che l’eccezione esaminata è priva di pregio.
6.3 – Né miglior sorte possono avere le eccezioni della controinteressata Boomerang di inammissibilità del ricorso di primo grado n. 838 del 2007, per nullità del mandato alle liti, da un lato, e per omessa notifica ad essa società di detto ricorso, dall’altro.
6.3.1 – Quanto alla prima, premesso che l’atto con il quale è conferita la procura alle liti ha natura processuale, giova, innanzitutto, evidenziare che, a mente del principio recato dal comma 3 dell’art. 156 del c.p.c., l’inosservanza delle forme stabilite dall’articolo 83 c.p.c. non comporta nullità ove sia ugualmente raggiunto lo scopo per il quale le forme stesse sono prescritte e, cioè, il controllo della certezza, provenienza e tempestività della procura medesima (cfr. sul punto C.d.S., sez. IV, n. 679 del 5 febbraio 2009).
*****, altresì, evidenziare che, secondo la giurisprudenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (cfr.7 marzo 2005 n. 4814), l’illeggibilità della firma di chi conferisce la procura alla lite, sia essa apposta in calce, ovvero a margine dell’atto con il quale sta in giudizio una società che risulti esattamente indicata con la sua denominazione sociale, è irrilevante, non solo quando il nome del sottoscrittore risulti dal testo della procura stessa o dalla certificazione d’autografia resa dal difensore, ovvero dal testo di quell’atto, ma anche quando detto nome sia con certezza desumibile dall’indicazione di una specifica funzione o carica, che ne renda identificabile il titolare per il tramite dei documenti di causa o delle risultanze del registro delle imprese.
Secondo la medesima giurisprudenza, inoltre, in assenza di tali condizioni e nei casi in cui non venga menzionata alcuna funzione o carica specifica, allegandosi genericamente la qualità di legale rappresentante della società (come è stato fatto nel ricorso di primo grado in esame), si determina una nullità relativa, che può essere denunziata con la prima difesa, a norma dell’art. 157 c.p.c., restando così a carico della parte istante (o qui ricorrente) d’integrare con la prima replica la lacunosità dell’atto iniziale, mediante chiara e non più rettificabile notizia del nome dell’autore della firma illeggibile.
Nel caso in esame, le ricorrenti di primo grado (attuali appellanti incidentali in via autonoma) hanno tempestivamente integrato la lacunosità dell’atto introduttivo del giudizio attraverso la chiara e puntuale indicazione del nome degli autori delle firme illeggibili apposte in calce al mandato, con la prima difesa successiva alla proposizione dell’eccezione che, in quella sede, era stata sollevata dalla (altra) controinteressata La Maison s.r.l. (non costituitasi nel presente grado di appello), così sanando, per tale via, la nullità relativa da cui era affetto il mandato alla lite.
Infatti, risulta precisato nella memoria depositata dai ricorrenti il 25 febbraio 2008 che, quanto alle firme apposte in calce al mandato esistente a margine del ricorso introduttivo, “…si tratta del sig. ************, per ************* s.r.l. e ***** s.r.l., e del signor **************** per ************** s.r.l. che delle società deducenti sono i legali rappresentanti (il che è confermato dalla consultazione del registro delle imprese di Udine)…”; e tanto basta, in virtù delle ragioni anzidette, per ribadire che è infondata l’eccezione esaminata.
6.3.2 – Quanto alla seconda di dette eccezioni, non può il Collegio non rilevare che essa è priva di rilevanza determinante nell’economia del presente giudizio, tenuto conto che, a ben vedere, si verte in ipotesi di integrazione del contraddittorio, ma non anche di difetto genetico del complessivo rapporto processuale, essendo stato comunque doverosamente evocata in giudizio la La ****** s.r.l., che aveva richiesto ed ottenuto il pdc in questione, e cioè l’unica controinteressata conoscibile dal ricorrente alla stregua dei dati contenuti nel provvedimento impugnato.
Dunque, correttamente è stato notificato il ricorso a detta società, con conseguente salvezza del contraddittorio essenziale, in disparte il rilievo formulato da parte ricorrente (incidentale) circa l’intervenuto esperimento di regolare notifica del ricorso di primo grado anche nei confronti della Boomerang, come sarebbe ricavabile dalle attestazioni effettuate dall’ufficiale procedente che escluderebbero ogni vizio di notificazione.
6.4 – A non diversa sorte negativa devono, poi, soggiacere anche le eccezioni sollevate dal Comune appellato con riguardo al ricorso di primo grado n. 1487 del 2008 promosso dalla Holiday Terme s.r.l., ***** s.r.l ed Hotel Principe s.r.l. per le seguenti considerazioni.
6.4.1 – E’ pacifico avviso della giurisprudenza, che il Collegio condivide, che, in materia di impugnazione del permesso di costruire, sia sufficiente la c.d. “vicinitas”, quale elemento che distingue la posizione giuridica del ricorrente da quella della generalità dei consociati, di talché è corretto riconoscere a chi si trovi in tale situazione un interesse tutelato acché il provvedimento dell’Amministrazione sia procedimentalmente e sostanzialmente ossequioso delle norme vigenti in materia; per di più, nella specie, a tale interesse si aggiunge anche quello economico proprio delle aziende ricorrenti che agiscono nello stesso campo turistico ed economico della Boomerang, per cui la posizione legittimante delle prime può ritenersi ancor più consistente e meritevole di tutela in relazione all’impugnato permesso di costruire una struttura ricettiva.
Né a diverso avviso può indurre il rilievo, pure formulato dal Comune, che i ricorrenti non avrebbero mai fatto parte dell’Area Progetto n. 4 del Piano Particolareggiato di Bibione, in quanto tale aspetto, quand’anche sussistente, non sposta il problema, tenuto conto che le delibere n. 274 del 1993 e n. 94 del 2004 sono state contestate solo nella parte in cui costituiscono (la seconda in particolare) il presupposto unico e determinante del permesso di costruire avversato, evidenziandosi, inoltre, la loro lesività soltanto nel momento dell’intervenuta piena conoscenza di tale pdc da parte dei ricorrenti.
6.4.2 – Parimenti non coglie nel segno l’eccezione di tardività dello stesso ricorso di prime cure n. 1487 del 2007, tenuto conto, anche per tale aspetto, della costante giurisprudenza del Giudice Amministrativo, che il Collegio fa propria, secondo la quale la decorrenza del termine per ricorrere in sede giurisdizionale avverso atti abilitativi dell’edificazione si ha, per i soggetti diversi da quelli cui l’atto è rilasciato (ovvero che in esso sono comunque indicati) dalla data in cui si renda palese ed oggettivamente apprezzabile la lesione del bene della vita protetto, la qual cosa si verifica quando sia percepibile dal controinteressato la concreta entità del manufatto e la sua incidenza effettiva sulla propria posizione giuridica.
Nella specie, è da escludere che possano avere rilievo determinante gli elementi forniti dall’appellato Comune (esistenza, nell’area di edificazione, di una gru, di una baracca, di servizi di cantiere, nonché di recinzione dell’area stessa e lo spianamento della superficie) in quanto non soltanto singolarmente considerati, ma anche complessivamente valutati, certamente non consentivano ai ricorrenti di rendersi conto dell’entità dell’opera, perché non ancora realizzata quanto meno nelle sue strutture portanti, né della sua incidenza sui loro interessi protetti.
6.4.3 – Infine, nessun pregio può riconoscersi all’eccezione di tardività del ricorso, nella parte in cui sono avversate le delibere consiliari n. 274 del 1993 e n. 92 del 2004, invero formulata sul presupposto che la dante causa delle ricorrenti (Ischia s.r.l. di Conegliano) già conoscesse da tempo dette delibere per avere prodotto osservazioni alla variante di cui alla delibera del 1993, in quanto, l’interesse delle ricorrenti società a contestare la (a ben vedere, sola) delibera n. 92 del 2004, soltanto nella sua funzione di (unico) atto presupposto del pdc impugnato, è sorto, come già segnalato, coevamente alla piena conoscenza dell’effettiva lesività di detta autorizzazione edilizia.
7. – Accertata l’ammissibilità e tempestività sia dell’appello principale, sia di quello incidentale (autonomo) in esame, può darsi ingresso all’esame dei motivi di impugnazione proposti con gli stessi mezzi.
Il condominio ricorrente ha dedotto la violazione del giudicato formatosi per effetto della decisione di questa Sezione n. 5811 del 2008 di illegittimità della delibera consiliare n. 92 del 2004, nonché, nel merito, che “…va da sé che la caducazionedella delibera consiliare (n.d.r. : anzidetta) che ha attribuito la capacità edificatoria al mappale n. 431comporta l’invalidazione del permesso di costruire rilasciato in favore del predetto mappale, essendo venuto meno il materiale presupposto. Il venir meno della capacità edificatoria attribuita travolge anche il permesso di costruire che su di essa si è fondato ed è stato rilasciato…”.
La parte appellata ha eccepito l’inammissibilità, sia della censura di violazione del giudicato, sul presupposto che la decisione di questa Sezione n. 5811 del 2008, di riforma della sentenza del TAR n. 3187 del 2007, è stata pubblicata successivamente al deposito (14 novembre 2008) delle sentenza oggi appellata, sia della censura di invalidità derivata del pdc dalla riconosciuta invalidità della delibera n. 92 del 2004, essendo essa stata proposta per la prima volta in questa sede di appello.
7.1 – Ritiene il Collegio che la prima di dette eccezioni sia fondata, non potendo il Giudice di prime cure aver violato con la propria sentenza un dictum ancora non emesso.
7.2 – A diverso avviso, invece, può pervenire il Collegio con riguardo alla seconda eccezione perché, a ben vedere, una deduzione di illegittimità derivata del permesso di costruire dalla illegittimità della delibera consiliare n. 92 del 2004 è stata sostanzialmente formulata in primo grado dall’attuale appellante principale, laddove questi ha riproposto, in prime cure, i motivi di impugnazione delle delibere consiliari n. 274 del 1993 e n. 92 del 2004, già contenuti nel ricorso n. 3400 del 2004 e deciso con la sentenza n. 3187 del 2007 richiamata a fondamento della sentenza in questa sede appellata.
Ciò è agevolmente ricavabile dal contenuto dei motivi dal n. 8 al n. 11, nei quali si contesta proprio che sia legittimo il presupposto del permesso di costruire e dell’autorizzazione paesaggistica oggi in discussione e cioè che l’eventuale annullamento della delibera n. 92 del 2004 trascina con sé il permesso di costruire impugnato in via principale ed anche la citata autorizzazione ad esso connessa. Infatti, diversamente opinando, si aderirebbe ad un’interpretazione dell’impugnazione proposta dai ricorrenti irrazionalmente ancorata soltanto sull’assenza di un mero dato formale (carenza dell’espressa locuzione “…illegittimità derivata del pdc dall’illegittimità della C.C. n. 92 del 2004…”). Simile interpretazione, qualora condivisa, si porrebbe in stridente contrasto con il principio di effettività degli atti defensionali e delle pronunzie su di essi rese che alimenta ognora il diritto di azione esercitato dalla parte in giudizio ed orienta il potere decisorio conferito dalla legge al Giudice.
Pertanto, deve essere ribadita l’infondatezza dell’eccezione esaminata.
Le stesse ragioni appena enunciate consentono anche di accogliere nel merito il motivo esaminato e, quindi,, in via assorbente di ogni altra censura, l’appello principale in epigrafe, tenuto conto che la delibera n. 92 del 2004, annullata per effetto della decisione di questa Sezione n. 5811 del 2008, costituisce l’unico e determinate presupposto della ritenuta legittimità, da parte del TAR, del permesso di costruire e dell’autorizzazione paesistica contestati in primo grado che, pertanto, non possono che seguire la stessa sorte dell’atto deliberativo che li giustifica e cioè essere annullati integralmente per illegittimità derivata, con piena soddisfazione della pretesa azionata dai ricorrenti.
Va da sé, infine, che alcun pregio può essere riconosciuto alle argomentazioni proposte dalle parti appellate circa il contenuto della motivazione allegata alla citata decisione di questa Sezione n. 5811 del 2008, in disparte il rilievo che le stesse deduzioni sono anche inammissibili, attesa la loro sostanziale valenza di critiche al giudicato (già) formatosi sulla delibera n. 92 del 2004 per effetto di detta decisione di appello e della loro tendenziale valenza a provocare una sorta di terzo grado di giudizio, altrettanto inammissibile.
8. – Le conclusioni rassegnate nel capo di motivazione che precede sono, infine, utili per ritenere fondato, anche in tal caso con assorbimento degli altri motivi della relativa impugnazione, anche l’appello incidentale autonomo proposto dall’Hotel Principe, tenuto conto che con il motivo di impugnazione rubricato sub 1 nella parte in diritto di detto appello, con il titolo “…in rito…”, è stato dedotto analogo motivo di impugnazione e che, in primo grado, era stata contestata anche la legittimità della delibera n. 92 del 2004 (cfr. motivo rubricato sub d -“…Quanto agli atti presupposti…”, n. 6) proprio per la sua funzione determinante di atto che sorreggeva il permesso di costruire avversato.
9. – Circa le spese di entrambi i gradi di giudizio, ritiene il Collegio che la complessità delle questioni trattate renda ragionevole disporre l’integrale compensazione delle spese stesse tra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull’appello n. 1800 del 2009, come in epigrafe proposto, accoglie sia l’appello principale, sia l’appello incidentale, nei modi e limiti indicati in motivazione, e, pertanto, in riforma delle sentenza impugnata, annulla il permesso di costruire n. 10156 del 19 settembre 2005 e l’autorizzazione paesistica n. 17543 del 28 aprile 2005.
Spese dei due gradi di giudizio compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nelle camere di consiglio dei giorni 26 ottobre 2010 e 16 dicembre 2010 con l’intervento dei magistrati:
**************, Presidente
**********, Consigliere
Sandro Aureli, Consigliere
Raffaele Greco, Consigliere
Guido Romano, ***********, Estensore
L’ESTENSORE |
|
IL PRESIDENTE |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 05/01/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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