Il fatto.
Un danneggiato convenne in giudizio l’impresa assicuratrice in regime di indennizzo diretto per ottenere la condanna al risarcimento dei danni subiti in sinistro stradale. La domanda venne respinta e, in sede di appello, il Tribunale dichiarò la nullità del giudizio di primo grado, disponendo il rinvio della causa al Giudice di pace ai sensi dell’art. 354 cod. proc. civ., per mancata integrazione del contraddittorio nei confronti del responsabile. Il danneggiato, anzicchè integrare (facilmente) il contraddittorio, decideva di presentare (difficile) ricorso per Cassazione.
La decisione.
La pronuncia ha il merito di porre la parola “fine” ad una corrente, fortunatamente minoritaria, secondo la quale nella procedura di indennizzo diretto, ex art. 149 d. lgs. 209/2005, non si dovesse convenire in giudizio anche il responsabile, accanto alla impresa assicuratrice. La sentenza non lo dice, ma l’equivo nasce da una distorta lettura dell’art. 149 comma VI d. lgs 209/2005 (e possiamo confermare che è così), laddove recita: “… il danneggiato può proporre l’zione diretta di cui all’art. 145 comma II, nei soli confronti della propria impresa di assicurazione”. Secondo questa corrente minoritaria, il termine “soli” escludesse la partecipazione del responsabile, quando, invece, era già sufficientemente chiaro che intendesse escludere l’impresa del responsabile (essendo convenuta quella del danneggiato, come sostituto ex lege).
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Fortunatamente, è intervenuto il Supremo Collegio che ha emesso questa pronucnia che si riporta nel testo autentico.
“Non vi sono stati, come si diceva, pronunciamenti espliciti; tuttavia questa Corte ha già, in qualche modo, sfiorato l’argomento. Vanno richiamate, in proposito: le sentenze 2 dicembre 2014, n. 25421, e 22 novembre 2016, n. 23706, nelle quali si è detto che il litisconsorzio necessario ha portata generale, anche in relazione al giudizio promosso ai sensi dell’art. 149 cit., senza tuttavia illustrarne le ragioni; nonché le ordinanze 8 marzo 2017, n. 5805, e 11 aprile 2017, n. 9276, nelle quali il problema è stato solo marginalmente affrontato, anche perché in quei giudizi il danneggiante era stato comunque chiamato in causa. Nella citata sentenza n. 25421 del 2014, in particolare, si è detto che il litisconsorzio necessario «ha la funzione di rendere opponibile all’assicurato l’accertamento della sua condotta colposa, al fine di facilitare l’eventuale regresso dell’assicuratore, nel caso in cui eventuali clausole contrattuali limitative del rischio, inopponibili al terzo danneggiato, gli avessero consentito di rifiutare l’indennizzo». Per rispondere al quesito sopra delineato, è necessario compiere qualche precisazione. Innanzitutto, è bene rammentare che, come questa Corte ha già affermato, l’azione diretta di cui all’art.149 cit. non è originata dal contratto assicurativo, ma dalla legge, che la ricollega al verificarsi del sinistro a certe condizioni, assumendo l’esistenza di un contratto assicurativo solo come presupposto legittimante, sicché la posizione del danneggiato non cessa di essere originata dall’illecito e trovare giustificazione in esso, assumendo la posizione contrattuale del medesimo verso la propria assicurazione soltanto la funzione di sostituire l’assicurazione del danneggiato a quella del responsabile nel rispondere della pretesa risarcitoria (così l’ordinanza 13 aprile 2012, n. 5928). In altri termini, il sistema risarcitorio costruito dall’art. 149 e dal d.P.R. 18 luglio 2006, n. 254, si fonda su una sorta di accollo ex lege, a carico dell’assicuratore del danneggiato, del debito che sarebbe gravante sul responsabile e sull’assicuratore di quest’ultimo. In sostanza, la procedura in questione determina un meccanismo di semplificazione operante a condizione che si tratti di danni al veicolo, o alle cose trasportate di proprietà dell’assicurato o del conducente, ovvero anche di danno alla persona subito dal conducente non responsabile, purché nei limiti di cui all’art. 139 del decreto stesso (lesioni di lieve entità). In tal modo il danneggiato viene risarcito dal proprio assicuratore il quale potrà recuperare quanto pagato dall’assicuratore del responsabile (v. anche la sentenza 10 agosto 2016, 16874). Si tratta, quindi, di una procedura che trova il proprio fondamento, oltre che nel modesto valore dei risarcimenti di cui si tratta, principalmente in una esigenza di rapidità di tutela, assicurata dalla circostanza che il danneggiato, rivolgendosi al proprio assicuratore con cui ha un rapporto contrattuale pendente, risulta agevolato proprio dall’esistenza di tale rapporto e dalla relativa conoscenza con la struttura dell’assicuratore. Occorre però tenere presente che il sistema previsto dal d.lgs. n. 209 del 2005 è, per certi versi, identico a quello preesistente; ed infatti l’art. 144, comma 3, di tale decreto dispone che, quando la vittima propone l’azione diretta nei confronti dell’assicuratore del responsabile, ha l’obbligo di convenire altresì, quale litisconsorte necessario, il responsabile del sinistro, identificato nel proprietario del mezzo. L’azione che la legge offre al danneggiato nei confronti del proprio assicuratore non è diversa da quella regolata dall’art. 144 cit.; ne dà conferma in tal senso il comma 6 dell’art. 149 il quale attribuisce alla vittima la stessa azione regolata dalla norma precedente; e la possibilità che l’art. 149, comma 6, cit. conferisce all’assicuratore del responsabile di intervenire in giudizio e di estromettere l’altra impresa si collega alla posizione di accollo ex lege di cui si è detto in precedenza. La legge dice che, quando tale intervento ha luogo, la richiesta di estromissione è possibile se l’impresa interveniente riconosca la responsabilità del proprio assistito. Ora, è palese che tale responsabilità, per essere oggetto di riconoscimento, deve essere già oggetto di discussione nel giudizio introdotto dal danneggiato contro il proprio assicuratore e ciò è un’ulteriore indiretta conferma dell’esistenza del litisconsorzio necessario. D’altra parte, l’azione diretta di cui all’art. 144 cit. presenta tre caratteristiche essenziali: l’inopponibilità delle eccezioni, il limite del massimale ed il litisconsorzio necessario. E poiché è pacifico che le prime due trovano applicazione anche nel caso di azione diretta promossa dalla vittima nei confronti del proprio assicuratore, in regime di risarcimento diretto, non si comprende perché mai a quest’ultima azione debba negarsi l’applicabilità della terza caratteristica dell’azione diretta, ovvero il litisconsorzio necessario. Giova rammentare, ad ulteriore rafforzamento dell’approdo interpretativo qui raggiunto, che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 180 del 2009, ha posto in luce quali siano le effettive finalità della procedura di risarcimento in questione, rilevando che essa «non rappresenta una diminuzione di tutela, ma un ulteriore rimedio a disposizione del danneggiato». La sentenza, tra l’altro, ha ricordato che il nuovo sistema non esclude le azioni già previste dall’ordinamento in favore del danneggiato e che l’assicuratore di quest’ultimo «non fa altro che liquidare il danno per conto dell’assicurazione del danneggiante». In conclusione, quindi, appare al Collegio evidente che le stesse finalità individuate dalla giurisprudenza sopra richiamata in ordine all’art. 23 della legge n. 990 del 1969 continuano a sussistere anche nella procedura di risarcimento diretto. È vero che il litisconsorzio necessario rischia di appesantire la procedura; ma è altrettanto vero che ciò trova un evidente bilanciamento nella necessità di evitare che il danneggiante responsabile possa affermare l’inopponibilità, nei suoi confronti, dell’accertamento giudiziale operato verso l’assicuratore del danneggiato, posto che i due assicuratori dovranno necessariamente regolare tra loro i relativi rapporti (art. 149, comma 3, cit.)”.
La pronuncia in commento, non contempla, tuttavia, altri arresti che avevano, in un modo o nell’altro, già inciso abbastanza profondamento sull’istituto. La Cassazione, con sentenza della III Sezione 29 maggio 2015 n. 11154, aveva legittimato il danneggiato a “… consentire, accanto all’azione diretta contro la compagnia assicuratrice del veicolo utilizzato, la persistenza della tutela tradizionale nei confronti del responsabile civile, dal momento che il codice delle assicurazioni si è limitato a rafforzare la posizione dell’assicurato riamsto danneggiato, considerato soggetto debole, legittimandolo ad agire direttamente nei confronti della propria compagnia assicuratrice, senza peraltro togliergli la possibilità di fare valere i diritti secondo i principi della responsabilità civile dell’autore del fatto dannoso”. La Corte Costituzionale già con sentenza, 13 giugno 2008 n. 205, aveva ritenuto manifestamente inammissibili le questioni di legittimità costituzionale intorno all’art. 141 nella parte in cui – prevedendo l’azione diretta del trasportato verso la compagnia assicuratrice del veicolo – escludevano che il medesimo trasportato potesse agire nei confronti del vero responsabile del danno, così come previsto dal sistema degli artt. 1917, 2043 e 2054 cc, in quanto “dette norme si limitano a rafforzare la posizione del trasportato, considerato soggetto debole, legittimandolo ad agire direttamente nei confronti della compagnia assicuratrice del veicolo, senza peraltro togliergli la possibilità di fare valere i diritti derivanti dal rapporto obbligatorio nato dalla responsabilità civile dell’autore del fatto dannoso”. Con altro affondo del 3 maggio 2012 n. 111, la Consulta aveva indicato: “… per altro verso, del tutto impropriamente si postula dal rimettente una parità di disciplina tra l’azione nei confronti dell’assicuratore del responsabile civile e quelle per «risarcimento diretto» (a carico del proprio assicuratore o dell’assicuratore del trasportante) di cui agli artt. 141, 144, 149 dello stesso codice, una volta che dette ultime azioni, rispetto alla prima, non sono alternative, ma rappresentano un rimedio in più a disposizione del danneggiato (sentenza n. 180 del 2009; ordinanze n. 85 del 2010, n. 201 e n. 191 del 2009, n. 440 e n. 205 del 2008) …”; con questa sentenza, il giudice delle leggi aveva voluto semplicemente sottolineare che l’azione di risarcimento diretto, in quanto alternativa a quella tradizionale, proprio perchè rappresenti un rimedio in più, non può avere alcuna reformatio in peius rispetto all’altra.
Alla Consulta, si era così allineata la Suprema Corte: “nel giudizio di risarcimento del danno promosso dal danneggiato con l’azione diretta contro l’assicuratore, è necessaria, ai fini dell’integrità del contraddittorio, la presenza in processo del responsabile del danno … il responsabile del danno … deve essere chiamato in causa come litisconsorte necessario nel giudizio promosso dal danneggiato contro l’assicuratore con azione diretta” (Cass. Civ. Sez. III 10 giugno 2015 n. 12089); ed ancora: “accanto all’azione diretta contro la compagnia assicuratrice del veicolo utilizzato, la persistenza della tutela tradizionale nei confronti del responsabile civile, dal momento che il codice delle assicurazioni si è limitato a rafforzare la posizione dell’assicurato rimasto danneggiato, considerato soggetto debole, legittimandolo ad agire direttamente nei confronti della propria compagnia assicuratrice, senza peraltro togliergli la possibilità di fare valere i suo diritti secondo i principi della responsabilità civile dell’autore del fatto dannoso (v. Corte Cost. 28/05/2010 n. 192” (Cass. Civ. Sez. III 29 maggio 2015 n. 11154); ancora: “ … il proprietario del veicolo assicurato deve essere, quale responsabile del danno, chiamato in causa come litisconsorte necessario nel giudizio promosso dal danneggiato contro l’assicuratore con azione diretta, in deroga al principio della facoltatività del litisconsorzio in materia di obbligazioni solidali, trovando detta deroga giustificazione nell’esigenza di rafforzare la posizione processuale dell’assicuratore, consentendogli di opporre l’accertamento di responsabilità al proprietario del veicolo, quale soggetto del rapporto assicurativo, ai fini dell’esercizio dei diritti nascenti da tale rapporto, e in particolare, dall’azione di rivalsa ex art.18 della legge citata. Ove l’azione giudiziaria sia stata in siffatta ipotesi proposta soltanto contro alcuni dei legittimati passivi il contraddittorio deve essere integrato nei confronti degli altri, affinché la sentenza possa essere utiliter data” (Cass. Civ. Sez. III 04 ottobre 2013 n. 22757); ancora: “la legge sull’assicurazione obbligatoria per la R.C.A. attribuisce al danneggiato il diritto, ma non l’obbligo, di proporre azione diretta contro la compagnia assicuratrice, oltre che contro il responsabile, per ottenere il risarcimento dei danni, ma litisconsorte necessario è solo il proprietario dell’autovettura che abbia provocato il danno; qualora l’assicurato non si avvalga della facoltà di proporre l’azione diretta contro l’assicuratore, non è prospettabile alcuna violazione del contraddittorio. Lo stesso vale nel caso in cui si sia avvalso dell’azione diretta e abbia proposto la sua domanda anche contro l’assicuratore …” (Cass. Civ. Sez. III 16 giugno 2014 n. 13671. ).
Ma era stata giurisprudenza risalente (Cass. Civ. Sez. III 11 giugno 2008 n. 15462) a sostenere il principio, semplicemente rilevando che l’art. 2054 civ. non fosse stato abrogato: “… va, infatti osservato che, per pacifica giurisprudenza di questa Corte, (Cass. 12.2.1998, n. 1471; Cass. 13.3.1996, n. 2056; Cass. 1.6.1995, n. 6128) l’entrata in vigore della l. n. 990-1969 non ha fatto venir meno il disposto dell’art. 2054 c.c., il cui contenuto è anzi richiamato dall’art. 1 della detta legge. Pertanto il danneggiato ha conservato accanto all’azione diretta di cui all’art. 18, quella codicistica di cui all’art. 2054 c.c. contro il conducente o il proprietario del veicolo. Quanto alla possibilità di proporre cumulativamente dette azioni (quella ex art. 18 l. ass. rca e quella ex art. 2054 c.c.), dopo un iniziale contrasto giurisprudenziale, la giurisprudenza pacificamente ritiene (Cass. 4.10.1996, n. 8717; Cass. 1.6.1995, cit.; Cass. 3.5.1990, n. 3624) che il debito da fatto illecito che fa capo al danneggiante e quello di pagamento dell’indennizzo, che grava sull’assicuratore, sono legati da un vincolo di solidarietà, ancorché atipico, con la conseguenza che è ammissibile la proposizione cumulativa da parte del danneggiato delle relative azioni e così la condanna in solido del danneggiante e dell’assicuratore …”; “… l’introduzione, ai sensi della L. n. 990 del 1969, art. 18, dell’azione diretta nei confronti dell’assicuratore (o del Fondo di garanzia a norma dell’art. 19 stessa Legge), non ha escluso l’azione per responsabilità aquiliana nei confronti dei danneggianti … costoro sono tenuti in solido al risarcimento del danno, stante l’eadem causa obbligando a fondamento dei diversi titoli (nel caso, rispettivamente, responsabilità da illecito conseguente a circolazione stradale e obbligazione indennitaria ex lege gravante sull’assicuratore) di responsabilità (v. Cass., 10/10/2003, n. 15179; Cass., 27/8/1999, n. 9003; Cass., 12/2/1998, n. 1471). Trattasi di un vincolo di solidarietà (v. Cass., 13/4/2007, n. 8825) atipica, atteso che il debito aquiliano dell’assicurato discende ex delicto ed è illimitato mentre quello di natura indennitaria dell’assicuratore deriva ex lege e trova limite nella capienza del massimale (v. Cass., 3/6/2002, n. 7993; Cass., 9/4/2001, n. 5262;Cass., 1/6/1995, n. 6128), che legittima la proponibilità cumulativa delle due azioni (v. Cass., 9/4/2001, n. 5262). Il principio della solidarietà di cui all’art. 2055 c.c., presuppone infatti l’unicità del fatto dannoso subito dal danneggiato (da considerarsi solamente con riguardo alla posizione di quest’ultimo, e non anche intesa come identità delle azioni giuridiche nei confronti dei danneggianti, nè come identità delle norme giuridiche sulla cui base essi sono tenuti al risarcimento: v. Cass., 16/12/2005, n. 27713; Cass., 14/7/2004, n. 13071; Cass., 3/5/2002, n. 6365), al cui risarcimento siano chiamati più soggetti, a nulla rilevando in contrario la diversità delle fonti dalle quali le relative obbligazioni derivano. In tema di illecito conseguente a circolazione stradale, la natura solidale o meno dell’obbligazione è una questione di diritto sostanziale, essendo entrambi i debitori tenuti – pur se, come detto, in base a diverso titolo – per l’intero ammontare nei confronti del danneggiato (v. Cass., 8/3/2007, n. 5331), in ragione del verificarsi dell’unico fatto dannoso fonte della responsabilità aquiliana del danneggiante e dell’obbligazione risarcitoria dell’assicuratore (cfr., da ultimo, Cass., 25/1/2008, n. 1680), con la conseguenza che il pagamento effettuato dall’uno ha effetto liberatorio nei confronti dell’altro (v. Cass., 7/7/1999, n. 7019; Cass., 28/11/1988, n. 6402;Cass., 16/8/1988, n. 4950. V. anche Cass., 6/6/2002, n. 8216; Cass., 14/6/1999, n. 5883”[1]. Del resto, il responsabile civile è sempre stato considerato litisconsorte necessario (Cass. Civ. Sez. III 2 dicembre 2014 n. 25421; Cass. Civ. Sez. III 4 ottobre 2013 n. 22757; Cass. Civ. Sez. III 22 maggio 2007 n. 11885; Cass. Civ. 14 dicembre 2007 n. 26298; Cass. Civ. Sez. III 27 marzo 2007 n. 7487; Cass. Civ. Sez. III 18 aprile 2007 n. 9294; Cass. Civ. Sez. III 13 aprile 2007 n. 8825; Cass. Civ. Sez. III 29 novembre 2005 n. 26041).
E’ opportuno segnalare che alla medesima soluzione indicata dal Supremo Collegio era già pervenuta la giurisprudenza di merito tarantina, su pari impugnazioni proposte dal deducente (Tribunale di Taranto Sez. III – Dott. Marcello Maggi – 7 ottobre 2015 n. 3035; Tribunale di Taranto Sez. III – Dott. Pietro Genoviva – 9 novembre 2016 n. 3149; Tribunale di Taranto Sez. III – Dott. Pietro Genoviva – 20 settembre 2016 n. 2632; Tribunale di Taranto Sez. III – Dott. Pietro Genoviva – 16 giugno 2016 n. 1959; Tribunale di Taranto Sez. III – Dott. Antonio Pensato – 22 marzo 2016 n. 987; Tribunale di Taranto Sez. III – Dott. Antonio Pensato – 25 febbraio 2014 n. 611; Tribunale di Taranto, Sez. III – Dott. Antonio Pensato – 7 aprile 2015 n. 1216; Tribunale di Taranto Sez. III – Dott. Luciano Cavallone – 23 gennaio 2016 n. 290; Tribunale di Taranto Sez. III – Dott. Andrea Paiano – 10 gennaio 2017 n. 39).
[1] Cass. Civ. Sez. III 11 giugno 2008 n. 15462.
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