Responsabilità dell’amministratore di S.r.l. ex art. 2476 c.c.

Nel caso in cui un amministratore di una S.r.l. commette, durante il periodo relativo alla sua gestione, gravi irregolarità, è possibile agire nei suoi confronti? Certamente, vediamo in quali casi è disciplinata l’azione di responsabilità dell’amministratore di una S.r.l.
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Indice

1. L’azione sociale di responsabilità nella S.r.l..


L’amministratore di una società di capitali ha numerosi ed importanti doveri, ed in particolare quello di improntare la propria attività ai princìpi di corretta gestione. Egli deve:

  • gestire la società con la diligenza del buon padre di famiglia (o, meglio, con quella dell’amministratore medio);
  • tenere la contabilità della società;
  • predisporre il bilancio della società da sottoporre all’assemblea per l’approvazione.

Si può definire mala gestio dell’amministratore la violazione dei doveri di corretta e diligente gestione da parte dell’amministratore, nonché la commissione di gravi irregolarità gestorie.
La casistica è estremamente varia.
Si possono menzionare, in via semplificativa, le seguenti ipotesi:

  • sottrazione di denaro o risorse della società;
  • stipulazione di contratti in conflitto di interessi;
  • compimento, più in generale, di atti pregiudizievoli per l’interesse sociale.

L’individuazione della cattiva gestione passa necessariamente attraverso indici presuntivi: contratti “irregolari”, addebiti “sospetti”, utili troppo bassi per i soci, tutte circostanze che possono far sospettare l’esistenza di qualche irregolarità e di una complessiva mala gestio dell’amministratore.
Nell’ambito della tutela dei soci contro la mala gestio dell’amministratore, la prova degli atti riveste senz’altro un ruolo determinante.
Occorre, pertanto, provvedere, anche esercitando il diritto di ispezione e di controllo che spetta a tutti i soci, ad acquisire la documentazione amministrativa e contabile della società, in modo da reperire:

  • contratti aziendali;
  • contratti in conflitto di interessi;
  • ogni ulteriore traccia documentale che attesti eventuali gravi irregolarità compiute dall’amministratore nell’ambito della propria gestione.

Una volta accertato il compimento, da parte dell’amministratore, di gravi irregolarità o atti di mala gestio è indispensabile procedere alla sua revoca, per evitare che i suoi atti irregolari provochino ulteriori danni alla società.
In questa ipotesi, in assenza di dimissioni volontarie da parte dell’amministratore, lo stesso può essere revocato in 2 diverse modalità:

  1. se la revoca è sostenuta dalla maggioranza della compagine sociale, mediante una deliberazione adottata dall’assemblea;
  2. se manca il consenso maggioritario, il socio di minoranza può presentare un ricorso in Tribunale, ai sensi dell’art. 2476, comma 3, c.c..

Inoltre, nel caso le irregolarità abbiano provocato un danno alla società, l’art. 2476 c.c. disciplina la responsabilità degli amministratori nella S.r.l..
La norma, al comma 1, prevede che ciascun socio, indipendentemente dall’entità della propria quota di partecipazione e senza alcuna necessità di previa deliberazione assembleare, possa promuovere l’azione sociale contro gli amministratori che, nella gestione della società ed in violazione ai loro doveri, hanno provocato un danno al patrimonio sociale.
La disposizione configura una forma di sostituzione processuale (art. 81 c.p.c.), in quanto il socio fa valere in nome proprio un diritto altrui.
Nonostante l’assenza di un’esplicita indicazione in tal senso, la legittimazione all’esercizio dell’azione spetta anche alla società che, comunque, è litisconsorte necessaria nel giudizio instaurato dal socio. Se in causa sono convenuti tutti gli amministratori o se la società ha un amministratore unico, il Presidente del Tribunale, su istanza del socio, deve nominare un curatore speciale, ai sensi dell’art. 78 c.p.c..
L’esercizio dell’azione di responsabilità è volto ad ottenere (esclusivamente) il risarcimento dei danni provocati alla società dall’inosservanza, da parte degli amministratori, dei doveri imposti per l’amministrazione della medesima, dalla legge e dall’atto costitutivo.
Come si può notare, l’art. 2476 c.c., al primo e terzo comma, conterrebbe la previsione di due distinte azioni esperibili dai soci di una S.r.l. nei confronti degli amministratori inadempienti.
Da una parte, l’azione di responsabilità sociale prevista dal comma 1; dall’altra, l’azione di revoca di cui al comma 3, le quali non coincidono, né devono essere proposte cumulativamente. La prima richiederebbe la responsabilità degli amministratori per il verificarsi di un danno al patrimonio della società di cui viene chiesto il risarcimento; la seconda il compimento, da parte dei medesimi, di irregolarità di gestione che potrebbero anche non essere produttive di danno e per effetto delle quali i soci chiedono la loro rimozione dalla carica.
Si tratterebbe, pertanto, di due azioni diverse per petitum e causa petendi, che possono essere proposte cumulativamente – tale sarebbe il significato da attribuire al pur equivoco avverbio “altresì” contenuto nel comma 3 dell’art. 2476 c.c. – restando comunque ammissibile la proposizione di una domanda limitata alla sola revoca.


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1. Il rapporto tra l’azione di responsabilità e la richiesta del provvedimento cautelare di revoca


Non esiste uniformità di vedute in ordine al rapporto che deve intercorrere tra l’azione di responsabilità e la richiesta di provvedimento cautelare di revoca degli amministratori.
Il provvedimento cautelare potrebbe essere chiesto (ex art. 669 ter o ex art. 700 c.p.c.) anche prima dell’inizio della causa avente ad oggetto la responsabilità degli amministratori.
Da ciò consegue, che, se la causa di merito non viene iniziata o se il giudizio promosso si estingue, il provvedimento cautelare di revoca conserva la sua efficacia, ai sensi degli artt. 1, comma 4, e 23 del D. Lgs. n. 5/2003.
Inoltre, esaurita l’eventuale fase di reclamo, se si verificano mutamenti nelle circostanze (art. 23, comma
3 del D. Lgs. n. 5/2003), è sempre possibile chiedere la revoca del provvedimento cautelare al giudice che ha provveduto sull’istanza. In tale contesto, pertanto, il provvedimento di revoca degli amministratori potrebbe essere concesso anche in presenza di un danno solo potenziale, prescindendo dall’azione di responsabilità che, come si è visto, ha natura risarcitoria.
Il provvedimento cautelare, si potrebbe collocare nell’alveo dell’azione di responsabilità, che, tra l’altro, necessita della pendenza del giudizio di merito e presuppone che un danno si sia già verificato.
In altre parole, quindi, se manca il danno o se lo stesso è solo potenziale, difetta il presupposto per l’azione di responsabilità e, di conseguenza, di una correlata misura cautelare.
Se, invece, il pregiudizio patrimoniale esiste, poiché è elemento costitutivo della fattispecie risarcitoria già in punto di fumus boni iuris, esso va verificato nel giudizio di merito.
È importante sottolineare che l’individuazione della natura anticipatoria o conservativa della misura in esame assume rilevanza in luce del disposto di cui all’art. 23 D. Lgs. n. 5/2003, secondo cui i provvedimenti d’urgenza e quelli idonei ad anticipare gli effetti della decisione di merito non perdono efficacia se la causa di merito non viene iniziata ovvero se, iniziata poi, si estingue.
La sussunzione nei provvedimenti cautelari con funzione anticipatoria ovvero in quella con funzione conservativa determina, infatti, l’applicabilità o meno, del regime di strumentalità attenuata, delineato dalla norma sopra citata.
Va ricordato, inoltre, che la subordinazione della tutela urgente alla pendenza del giudizio di merito deve essere espressamente stabilita dal legislatore (come accade nell’art. 2378, comma 3, c.c.).
Mancherebbe, infine, l’indispensabile requisito della strumentalità tra la richiesta cautelare e la domanda di risarcimento danni formulata nel merito. La prima, lungi dall’anticipare gli effetti risarcitori della seconda o da presentare finalità in qualche modo conservative, sarebbe un accessorio rispetto all’azione ex art. 2476 c.c., un mezzo incidentale per impedire, nelle more del giudizio, che gli amministratori compiano attività dannose.
Pertanto, sarebbe sufficiente richiamare la disciplina della revoca giudiziaria dell’amministratore delle società di persone (art. 2259 c.c.). Essa è completamente svincolata dalla domanda risarcitoria ed è esperibile prima e a prescindere dal relativo giudizio di merito.
In conclusione, alla luce di quanto precede, si ritiene possibile proporre sia l’azione di responsabilità ex art. 2476, comma 1, c.c., che quella cautelare relativa alla revoca degli amministratori, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 2476, comma 3, c.c., che può proporsi sia ante causam che in corso di causa.

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