Con la sentenza numero 18518 del 08.07.2024 la III Sezione della Corte di Cassazione, presidente Destefano, relatore Guizzi, chiarisce il rilievo della colpa del danneggiato nel paradigma della responsabilità ex. art. 2051 cc.
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Indice
1. I fatti di causa e i giudizi di merito
Tizio, Caio e Sempronio, nella qualità di congiunti di Mevio, convengono in giudizio il Comune di Salerno, ritenendolo responsabile ex. art. 2051 cc del decesso di quest’ultimo occorso in seguito ad un sinistro in una via cittadina.
Si deve premettere che il processo penale, instaurato contro i funzionari dell’ufficio tecnico del Comune, imputati di omicidio colposo, e nel quale gli attori erano costituiti parte civile, si era concluso con sentenza di non doversi procedere.
La dinamica incidentale era la seguente. Mevio percorreva una via cittadina alla guida del proprio motociclo, allorquando finiva con la ruota anteriore in una depressione del manto stradale profonda otto centimetri, perdendo così il controllo del mezzo e impattando il fianco destro della moto contro il palo della pubblica illuminazione, perdendo così la vita.
La domanda fu rigettata in primo grado, con istruttoria che si era limitata ad una CTU tecnico-ricostruttiva, la quale concludeva per la responsabilità esclusiva di Mevio, il quale procedeva a elevata velocità nonostante il manto stradale bagnato e indossava il casco “a scodella” in luogo di quello classico.
La Corte di appello confermava la pronuncia, ritenendo che la condotta di Mevio avesse interrotto il nesso di causa tra evento e cosa, non essendo stato fornito alcun elemento idoneo a ritenere provata una condotta di guida della vittima diligente e prudente. Trattandosi, inoltre, di strada ben illuminata, ove il danneggiato si fosse attenuto alle regole di comune prudenza, in mancanza di insidia o trabocchetto, avrebbe certamente potuto evitare il sinistro.
Per approfondimenti si consiglia il seguente volume il quale ha la finalità di spiegare, orientare e far riflettere sulla introduzione delle “nuove” possibilità della giustizia civile:
La Riforma Cartabia della giustizia civile
Aggiornata ai decreti attuativi pubblicati il 17 ottobre 2022, la presente opera, che si pone nell’immediatezza di questa varata “rivoluzione”, ha la finalità di spiegare, orientare e far riflettere sulla introduzione delle “nuove” possibilità della giustizia civile. Analizzando tutti i punti toccati dalla riforma, il volume tratta delle ricadute pratiche che si avranno con l’introduzione delle nuove disposizioni in materia di strumenti alternativi di risoluzione delle controversie, nonché di processo di cognizione e impugnazioni, con uno sguardo particolare al processo di famiglia, quale settore particolarmente inciso dalle novità. Un focus è riservato anche al processo del lavoro, quale rito speciale e alle nuove applicazioni della mediazione e della negoziazione assistita, che il Legislatore pare voler nuovamente caldeggiare. Francesca SassanoAvvocato, è stata cultrice di diritto processuale penale presso l’Università degli studi di Bari. Ha svolto incarichi di docenza in numerosi corsi di formazione ed è legale accreditato presso enti pubblici e istituti di credito. Ha pubblicato: “La nuova disciplina sulla collaborazione di giustizia”; “Fiabe scritte da Giuristi”; “Il gratuito patrocinio”; “Le trattative prefallimentari”; “La tutela dell’incapace e l’amministrazione di sostegno”; “La tutela dei diritti della personalità”; “Manuale pratico per la protezione dell’incapace”; “Manuale pratico dell’esecuzione mobiliare e immobiliare”; “Manuale pratico delle notificazioni”; “Manuale pratico dell’amministrazione di sostegno”; “Notifiche telematiche. Problemi e soluzioni”.
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2. Responsabilità ex art. 2051 c.c. e colpa del danneggiato: la questione giunta in Cassazione
Gli eredi di Mevio propongono ricorso per cassazione, dei quali motivi degno di nota, e infatti accolto, è il secondo, con il quale si denunciava ex. art. 360 comma I n. 3 la violazione e falsa applicazione dell’art. 2051 cc. In particolare si deduceva “nullità della sentenza nella parte in cui ritiene che il Comune avrebbe dimostrato l’esistenza del caso fortuito sufficiente ad escludere la sua responsabilità nella causazione del sinistro”, nonché “omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio” e “difetto di prova”.
In particolare i ricorrenti evidenziano come la sentenza impugnata reputi raggiunta “la prova dell’interruzione del nesso causale in quanto il fatto è derivato da un lato dall’eccezionalità della situazione meteorologica, e dall’altro dalla mancata prova del rispetto delle regole relative alla circolazione stradale da parte del conducente il motorino, il quale a fronte delle condizioni di luogo, strada percorsa di notte e con forte vento, non ha fornito alcun elemento idoneo a provare la condotta di guida diligente e prudente”.
Affermano Tizio, Caio e Sempronio che, quanto alla prima circostanza, il convenuto Comune non avesse fornito la prova dell’eccezionalità delle raffiche di vento, e che l’onere della prova era il suo. In ordine alla seconda questione prospettata, i ricorrenti lamentavano l’errata attribuzione in capo a loro di provare la condotta diligente dell’attore.
Premette la Corte di legittimità che è ormai indiscussa la natura oggettiva della responsabilità da cose in custodia, con conseguente onere in capo al danneggiato di unicamente provare la derivazione causale tra danno e cosa medesima. Incombe, invece, sul custode”, la prova liberatoria del caso fortuito, da intendersi quale “fatto diverso dal fatto della cosa, estraneo alla relazione custodiale, che assorbe in sé l’efficienza causale dell’evento dannoso, escludendo che esso possa reputarsi cagionato dalla res“
La nozione di “caso fortuito” ai fini della responsabilità in esame è diversa da quella tradizionale che lo identificava con l’assenza di colpa (casus=non culpa), e trova fondamento nell’orientamento, consolidatosi già da diversi anni nella giurisprudenza di legittimità, anche a Sezioni Unite (Cass. SS UU 20943/22) secondo il quale la responsabilità di cui all’art. 2051 cod. civ. ha natura di responsabilità oggettiva, la quale prescinde da ogni connotato di colpa, sia pure presunta, talché è sufficiente, per la sua configurazione, la dimostrazione da parte dell’attore della derivazione del danno dalla cosa, nonché del rapporto di fatto custodiale tra la cosa medesima e il soggetto individuato come responsabile“.
Di conseguenza, se la colpa del custode non integra un elemento costitutivo della responsabilità, vertendosi in tema di responsabilità oggettiva, quella del danneggiato non assume rilievo in quanto tale, ma dovrà sostanziarsi in un fatto o un atto che si pone in relazione con l’evento di danno e come causa esclusiva dello stesso ai sensi dell’art. 41 II comma cp.
La sentenza gravata, quindi, è errata là dove addebita, a chi ha agito a norma dell’art. 2051 cod. civ., un onere probatorio gravante, invece, sul custode, affermando che parte attrice, “a fronte delle condizioni di luogo, strada percorsa di notte e con forte vento, non ha fornito alcun elemento idoneo a provare la condotta di guida diligente e prudente”. Non è infatti il danneggiato a dover provare la diligenza e prudenza propria, ma il custode a doverla allegare e provare, sempre quale fatto o atto idoneo a interrompere il nesso di causa tra danno e cosa. Del pari, la sentenza è errata anche in ordine alla circostanza delle raffiche di vento, che non sono state fatte rilevare quale caso fortuito ma quale presupposto che avrebbe imposto una condotta maggiormente diligente del danneggiato.
Il ricorso è quindi accolto e rimesso alla Corte di appello per la nuova decisione.
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