Nel nostro ordinamento giuridico sono due le categorie principali di responsabilità soggette ad analisi dottrinali e giurisprudenziali: la responsabilità civile e la responsabilità penale.
–La Responsabilità civile
La responsabilità civile si può suddividere a sua volta in due tipologie:
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La responsabilità contrattuale (art. 1218 c.c.), che è quella che sorge in capo alle parti stipulanti un contratto, un negozio giuridico (artt. 1321 e ss. c.c.); nello specifico essa concerne le obbligazioni, ossia i diritti e gli obblighi che sorgono in capo alle parti contrattuali (es. il lavoratore che ha stipulato un contratto di lavoro subordinato ex art. 2094 c.c., ha l’obbligo di eseguire la prestazione nei confronti della controparte contrattuale, il datore di lavoro).
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La responsabilità extracontrattuale da atto illecito ex art. 2043 c.c. che dice che “qualunque fatto doloso o colposo che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno”; ciò significa che qualunque fatto volontario o commesso con negligenza, imprudenza o imperizia (colpa generica) oppure per l’inosservanza di leggi, regolamenti, ordini (colpa specifica) cha causi ad altri un ingiusto danno, rende responsabile colui che lo ha commesso al risarcimento del danno. Proprio dall’enunciato della norma è possibile ravvisare una differenza sostanziale dalla responsabilità penale che risiede nell’atipicità dell’illecito civile.
–La Responsabilità penale
La responsabilità penale è quella che si occupa di determinate azioni od omissioni che configurano nel nostro codice penale un fatto di reato, e più specificatamente un delitto o una contravvenzione; da ciò si evince la tipicità dell’illecito penale.
La sua peculiarità principale definita dall’art. 27 c.1 Cost. è la personalità; ciò significa che per la commissione di una fattispecie di reato, di un delitto o di una contravvenzione, è responsabile solo il soggetto agente, colui che ha commesso personalmente il fatto antigiuridico.
Tra gli elementi strutturali del reato, la colpevolezza consente al giudice penale di accertare la responsabilità penale del soggetto agente partendo, come sappiamo, dal presupposto dell’imputabilità, ossia della capacità di intendere e di volere (capacità naturale); infatti secondo l’art. 85 c.p. “nessuno può essere punito per il fatto, se al momento in cui lo ha commesso non era imputabile”.
Per l’accertamento del presupposto della capacità naturale del soggetto agente, che consentirà successivamente di stabilirne la responsabilità penale, il nostro codice fissa dei limiti di età: secondo l’art. 97 c.p., i soggetti agenti minori di 14 anni sono considerati non imputabili, ossia incapaci di intendere e di volere; per quanto concerne, invece, i soggetti agenti di età compresa tra i 14 e i 18 anni, l’art. 98 c.p. prevede che sarà il giudice penale discrezionalmente a valutare l’imputabilità al momento della commissione del reato; infine per quanto concerne i soggetti agenti maggiori di 18 anni, la capacità naturale si presume salvo vengano riscontrate patologie mentali come vizi totali o parziali di mente (artt. 88 e 89 c.p.).
–La responsabilità oggettiva: il ruolo svolto in sede civile e i problemi sorti in sede penale
In sede civile come abbiamo visto la commissione di un atto illecito comporta una responsabilità diretta per dolo o colpa (ex art. 2043 c.c.) in capo al soggetto agente; tuttavia qualora quest’ultimo abbia commesso il fatto nello svolgimento delle sue mansioni, anche il datore di lavoro dal quale questi dipende può essere ritenuto responsabile oggettivamente (art. 2049 c.c.).
La responsabilità oggettiva si configura quindi senza dolo e senza colpa.
In sede penale il codice del 1930 prevede una serie di ipotesi di responsabilità oggettiva nelle quali un elemento del fatto o l’intero reato viene imputato al soggetto agente senza che sia necessario l’accertamento del dolo o, almeno, della colpa; tale responsabilità si fonderebbe quindi solo sulla sua oggettiva esistenza.
Si tratta però di una disciplina contraria alla Costituzione, in particolare all’art. 27 c.1 Cost. secondo cui “la responsabilità penale è personale” (principio di colpevolezza); per questo la Corte Costituzionale ha affermato in due sentenze del 1988, e in particolare nella n. 1085/1988, che in ambito penale non è ammessa una responsabilità oggettiva “pura” (senza dolo e senza colpa) in quanto in contrasto con la fonte normativa fondamentale del nostro ordinamento giuridico.
Nonostante ciò il legislatore non ha ancora provveduto ad eseguire gli opportuni adeguamenti, lasciando aperta la porta a ipotesi di responsabilità oggettiva come:
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responsabilità oggettiva in relazione all’evento
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responsabilità oggettiva in relazione ad elementi del fatto diversi dall’evento
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responsabilità oggettiva in relazione all’intero fatto di reato
Quindi in attesa di un intervento normativo per cercare di ovviare al problema, il giudice penale deve esaminare le ipotesi sopra citate conformandosi al principio costituzionale ex art. 27 c.1 Cost.; nell’eventualità sarà quindi ammessa solo una responsabilità oggettiva “impura”, che presenti almeno l’elemento giuridico della colpa.
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