Maggioli Editore – Novità settembre 2012 |
Massima |
In tema di infortuni sul lavoro, il responsabile della sicurezza (sia, o meno, datore di lavoro) deve attivarsi per controllare fino alla pedanteria che i lavoratori assimilino le norme antinfortunistiche nella ordinaria prassi di lavoro. |
1. Questione
Il tribunale di Ascoli Piceno condannava il responsabile della società datrice di lavoro alla pena di tre mesi di arresto in quanto riconosciuto colpevole del reato previsto dagli artt. 81 c.p., 14 ed 81 del d.lgs. 66/2003 per aver omesso di far sopportare i lavoratori alla prescrittiva visita medica di accertamento di idoneità al lavoro in turni notturni.
A seguito di appello dell’imputato la corte d’appello di Ancona in parziale riforma della pronuncia di primo grado dichiarava il reato estinto limitatamente ad un solo lavoratore e determinava la pena per il residuo reato in mesi due e giorni 20 di arresto.
Avverso questa pronuncia l’imputato propone ricorso per cassazione, la quale annulla la sentenza.
2. Art. 2087 c.c. e responsabilità datore di lavoro
In tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, ciascun datore di lavoro, sia il committente che l’appaltatore, è esclusivo responsabile della tutela dei propri dipendenti dai rischi che coinvolgano unicamente questi ultimi, poichè la cooperazione tra committente ed appaltatore è imposta soltanto per eliminare i rischi comuni ai lavoratori dipendenti di entrambe le parti (Cass. pen., Sez. 4, n. 28197 del 21.5.2009).
Sicchè, essendo proprio questo il caso, è chiaro come sia sul il committente sia sull’appaltatore incombesse l’obbligo di cooperazione (Cass. pen. Sez. 4 n. 19752 del 19.3.2009), cioè di reciproca informazione e “di contribuire attivamente, dall’una e dall’altra parte, a predisporre ed applicare le misure di prevenzione e protezione necessarie” (Cass. pen., 28197 del 9.7.2009) la cui violazione ha chiaramente avuto diretta efficienza causale nella verificazione dell’evento letale. In forza della disposizione generale di cui all’art. 2087 c.c. e di quelle specifiche previste dalla normativa antinfortunistica, il datore di lavoro (al pari degli altri titolari di analoghe e contestuali posizioni di garanzia) è costituito garante dell’incolumità fisica e della salvaguardia della personalità morale dei prestatori di lavoro, con l’ovvia conseguenza che, ove egli non ottemperi agli obblighi di tutela, l’evento lesivo correttamente gli viene imputato in forza del meccanismo reattivo previsto dall’art. 40 c.p., comma 2. Ne segue che il datore di lavoro, ha il dovere di accertarsi che l’ambiente di lavoro abbia I requisiti di affidabilità e di legalità quanto a presidi antinfortunistici, idonei a realizzare la tutela del lavoratore, e di vigilare costantemente a che le condizioni di sicurezza siano mantenute per tutto il tempo in cui è prestata l’opera (cfr. Cass. pen. Sez. Un. n. 5 del 25.11.1998).
E’ stato affermato, infatti, che “in tema di sicurezza antinfortunistica, il compito del datore di lavoro, o del dirigente cui spetta la “sicurezza del lavoro”, è molteplice e articolato, e va dalla istruzione dei lavoratori sui rischi di determinati lavori e dalla necessità di adottare certe misure di sicurezza, alla predisposizione di queste misure e quindi, ove le stesse consistano in particolari cose o strumenti, al mettere queste cose, questi strumenti, a portata di mano del lavoratore e, soprattutto, al controllo continuo, pressante, per imporre che i lavoratori rispettino quelle norme, si adeguino alla misure in esse previste e sfuggano alla superficiale tentazione di trascurarle. Il responsabile della sicurezza, sia egli o meno l’imprenditore, deve avere la cultura e la “forma minus” del garante del bene costituzionalmente rilevante costituito dalla integrità del lavoratore ed ha perciò il preciso dovere non di limitarsi a assolvere normalmente il compito di informare i lavoratori sulle norme antinfortunistiche previste, ma deve attivarsi e controllare sino alla pedanteria, che tali norme siano assimilate dai lavoratori nella ordinaria prassi di lavoro.
Inoltre lo specifico onere di informazione e di assiduo controllo, se è necessario nei confronti dei dipendenti dell’impresa, si impone a maggior ragione nei confronti di coloro che prestino lavoro alle dipendenze di altri e vengano per la prima volta a contatto con un ambiente e delle strutture a loro non familiari e che perciò possono riservare insidie non note (Cass. pen. Sez. 4, n. 6486 del 3.3.1995, Rv. 201706; Sez. 4, n. 13251 del 10.2.2005, Rv. 231156).
Rocchina Staiano
Dottore di ricerca; Docente all’Univ. Teramo; Docente formatore accreditato presso il Ministero di Giustizia e Conciliatore alla Consob con delibera del 30 novembre 2010; Avvocato. E’ stata Componente della Commissione Informale per l’implementamento del Fondo per l’Occupazione Giovanile e Titolare di incarico a supporto tecnico per conto del Dipartimento della Gioventù.
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