Presupposto ed essenza stessa di tal genere di danno è dunque l‘incertezza, ossia l’impossibilità di affermare con certezza che, se lo stesso non si fosse prodotto, il vantaggio economico avuto di mira si sarebbe oppure no conseguito, essendo il danno per l’appunto rappresentato dalla definitiva perdita della possibilità di conseguirlo.
Il principio è stato riaffermato dalla Corte di Cassazione, Sezione III Civile, con l’ordinanza del 12 aprile 2018, n. 9063, mediante la quale ha rigettato il ricorso e confermato quanto già deciso, nel caso de quo, dalla Corte d’appello di Napoli.
La vicenda
La pronuncia in esame ha avuto origine dal fatto che la Corte d’appello di Napoli, in riforma della sentenza di primo grado, con sentenza n. 4XX/2015 ha rigettato le domande del BANCO ALFA volte alla condanna del notaio Mevia al risarcimento dei danni subiti in conseguenza della stipula di contratti di credito fondiario relativi a immobili che, a causa della omessa visura dei registri immobiliari, solo successivamente all’erogazione dei mutui erano risultati gravati da iscrizioni ipotecarie o trascrizioni precedenti pregiudizievoli ovvero di proprietà di soggetti precedentemente dichiarati falliti.
La Corte territoriale ha infatti accolto il quarto motivo di gravame con il quale il predetto professionista aveva censurato la sentenza di primo grado nella parte in cui aveva ritenuto sussistente un danno da perdita di chance e di poterlo altresì commisurare all’entità complessiva del capitale mutuato, in mancanza di una previa verifica dell’esito delle azioni recuperatorie intentate dalla banca creditrice nei confronti dei vari mutuatari.
La Corte d’appello ha ritenuto che l’onere probatorio in tal senso gravante sulla banca è nella specie rimasto inadempiuto, essendosi questa «limitata ad allegare l’inadempimento dei mutuatari, documentato, a suo dire, dagli estratti conto prodotti per ciascun rapporto di mutuo».
In particolare ha rilevato che il danno che, in linea di prima approssimazione, il giudice di primo grado ha definito come perdita di chance (che peraltro costituisce un danno a sé e va autonomamente domandato, non potendo ritenersi la domanda implicitamente contenuta nella generica richiesta di risarcimento), «poteva definirsi tale (o, forse, meglio, come danno futuro) solo nel momento del verificarsi dell’inadempimento della notaia, in cui si prospettava l’insicurezza circa la sorte dei mutui erogati dalla banca: ma tale incertezza, rispetto a mutui rogati negli anni ’92 – ’93, non era certo perdurante per tutta la durata del giudizio di primo grado (terminato con la sentenza definitiva sul quantum del 2011) e, meno ancora, può ritenersi sussistente all’esito del presente giudizio di appello: ad oggi, infatti, la banca sarebbe stata certamente in grado, innanzitutto, di affermare con certezza e, poi, di documentare, se sussista, e a quanto ammonti, l’insolvenza di ciascun mutuatario, dopo l’espletamento degli ordinari rimedi recuperatori che nelle more ha (o dovrebbe avere) attivato».
Avverso tale decisione Banco Alfa propone ricorso per cassazione, con unico motivo.
Il motivo di ricorso
Con l’unico motivo posto a fondamento del proprio ricorso, il Banco Alfa denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 1292, 2697 cod. civ., nonché degli artt. 1223, 2727 e 2729 cod. civ., in relazione all’art. 360, comma primo, num. 3 cod. proc. civ..
Afferma che il mancato rimborso dei mutui costituisce circostanza pacifica tra le parti e in ogni caso acclarata sia nella consulenza tecnica d’ufficio, sia nella sentenza di primo grado.
Ciò premesso, deduce che erroneamente la Corte d’appello ha escluso una responsabilità solidale del notaio, in ragione della mancata dimostrazione — in sé, peraltro, pure contestata — del (definitivamente) infruttuoso esperimento delle azioni recuperatorie nei confronti dei mutuatari.
Richiamata la giurisprudenza in tema di responsabilità professionale del notaio che — incaricato della preparazione e della stesura dell’atto pubblico di trasferimento immobiliare — non abbia provveduto preventivamente a verificare, mediante le visure ipotecarie catastali, la sussistenza della proprietà del bene in capo al venditore, sostiene la ricorrente che, anche nel caso in esame, come riconosciuto dal primo giudice, poteva configurarsi un danno, e in particolare un danno da perdita di chance, «tenuto conto della oggettiva difficoltà di recuperare il credito a causa della mancata acquisizione della garanzia ipotecaria».
La decisione
La Corte di Cassazione, mediante la menzionata ordinanza n. 9063/2018 ha ritenuto il motivo non fondato ed ha rigettato il ricorso.
Sul punto controverso la Suprema Corte ha precisato che secondo il proprio costante insegnamento “il danno patrimoniale da perdita di chance consiste non nella perdita di un vantaggio economico, ma nella perdita definitiva della possibilità di conseguirlo, secondo una valutazione ex ante da ricondursi, diacronicamente, al momento in cui il comportamento illecito ha inciso su tale possibilità in termini di conseguenza dannosa potenziale (Corte di Cassazione, 17/04/2008, n. 10111).
Presupposto ed essenza stessa di tal genere di danno è dunque l’incertezza, ossia l’impossibilità di affermare con certezza che, se lo stesso non si fosse prodotto, il vantaggio economico avuto di mira si sarebbe oppure no conseguito, essendo il danno per l’appunto rappresentato dalla definitiva perdita della possibilità di conseguirlo (la cui affermazione dovrà comunque rispondere ai parametri della apprezzabilità, serietà, consistenza).
Un tale danno non può pertanto predicarsi ove, al contrario, una tale incertezza non possa sussistere, laddove cioè si abbia o possa aversi contezza del fatto che il vantaggio economico perseguito sia di per sé comunque conseguito o conseguibile o al contrario non lo sia per effetto anche del fatto dannoso posto ad origine della dedotta responsabilità.
Ciò è quanto accade nell’ipotesi qui in esame.
Il pregiudizio della banca direttamente correlabile alla omessa visura da parte del notaio è rappresentato dall’indotto erroneo affidamento sulla sussistenza di adeguata garanzia patrimoniale a copertura del credito di rimborso del mutuo erogato.
Tale pregiudizio è a sua volta apprezzabile sul piano economico e si tramuta pertanto in danno risarcibile (solo) se e in quanto l’impossibilità di far valere tale garanzia concorra a determinare il mancato soddisfacimento del credito.
Su ciò, però, nessuna incertezza è predicabile — come correttamente ritenuto dai giudici di appello — essendo ben possibile avere sicura contezza, specie a distanza di oltre due decenni dalla erogazione del mutuo, della possibilità (e per converso della impossibilità) di realizzare comunque, in tutto o in parte, il credito, all’esito delle opportune iniziative recuperatorie.
Non pertinente è al riguardo il richiamo in ricorso alla giurisprudenza in tema di responsabilità professionale del notaio incaricato della preparazione e della stesura dell’atto pubblico di trasferimento immobiliare che non abbia provveduto preventivamente a verificare, mediante le visure ipotecarie catastali, la sussistenza della proprietà del bene in capo al venditore ovvero l’esistenza di iscrizioni o trascrizioni pregiudizievoli anteriori.
Essa anzi avvalora le considerazioni sopra svolte, atteso che in tali diverse fattispecie il danno derivante dall’inadempimento dell’incarico professionale, lungi dall’essere rappresentato da una mera perdita di chance, si concreta nel danno, ancorché futuro ma tuttavia fondatamente prevedibile con certezza, rappresentato dalla evizione o dalla espropriazione del bene o dalla necessità di estinguere i crediti garantiti onde evitarne il soddisfacimento coattivo.
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