Responsabilità medica: non c’è in presenza di una causa di non punibilità
E’ dello scorso 3 novembre la sentenza n. 50078 con cui la quarta sezione penale della Corte di Cassazione ha affermato che “il secondo comma dell’art. 590-sexies cod. pen., introdotto dalla legge 8 marzo 2017, n. 24 (c.d. legge Gelli-Bianco), prevede una causa di non punibilità dell’esercente la professione sanitaria operante, ricorrendo le condizioni previste dalla disposizione normativa (rispetto delle linee guida o, in mancanza, delle buone pratiche clinico-assistenziali, adeguate alla specificità del caso), nel solo caso di imperizia, indipendentemente dal grado della colpa, essendo compatibile il rispetto delle linee guide e delle buone pratiche con la condotta imperita nell’applicazione delle stesse“.
In altre parole, non rilevano né l’imprudenza né la negligenza che, assieme all’imperizia, costruiscono il concetto di colpa nel diritto penale. Invero, nel caso di pratica medica, nel momento in cui il medico si attiene alle linee guida o alle best practices individuate dalla migliore scienza, può parlarsi unicamente di applicazione imperita delle stesse.
La vicenda affrontata: i giudizi di merito
Il caso riguardava fatti avvenuti nel 2009; precisamente, si trattava di un intervento di lifting al sopracciglio (cosiddetta ptosi). Il giudice di prime cure aveva riconosciuto la responsabilità del medico operante, per imperizia nell’esecuzione dell’intervento, con cui il professionista causava la lesione del nervo sovra orbitario. La responsabilità veniva confermata in sede di gravame, dove la Corte escludeva l’applicazione della Legge Balduzzi (allora vigente), in quanto sussisteva la colpa grave del medico.
Il novum normativo dinanzi alla Suprema Corte
Dinanzi alla Suprema Corte, la quale riconosceva la correttezza dei giudizi di valore espressi nelle sedi di merito, si poneva la questione del dato normativo sopravvenuto e se, dunque, la Legge Gelli-Bianco riconoscesse un trattamento favorevole rispetto alla precedente normativa.
Premesso che con la riforma, è stato eliminata la questione della graduazione della colpa e limitato l’ambito applicativo della nuova responsabilità alle ipotesi di imperizia. In altre parole, la nuova legge intende limitare il giudizio sulla colpa del medico e prevede una causa di esclusione della responsabilità limitata alle ipotesi di imperizia, non rilevando però i diversi gradi della colpa. L’intento è quello di non mortificare l’iniziativa presa dal medico e di riconoscere al professionista, una serenità nel proprio operato.
Da queste premesse, la Corte di Cassazione giunge al principio di diritto supesposto, ritenendo necessario un annullamento della sentenza emanata in sede d’appello, con rinvio, in quanto, nelle sedi di merito, i giudici non avevano compiuto alcuna valutazione relativamente al rispetto e all’applicazione delle linee guida da parte dell’imputato.
Consulta il testo della sentenza qui
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Antonio Scalera | 2017 Maggioli Editore
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