I dati Aran sul primo semestre 2011. Produttività, l’incidenza sulle Regioni e gli enti locali è del 7%, sui ministeri è del 6%, del 5% per il Servizio sanitario nazionale. Il sindacato: stop ai sacrifici
Articolo di Giuseppe Manfredi tratto da www.lagazzettadeglientilocali.it
Frenano le retribuzioni contrattuali dei dipendenti pubblici: nel 2010 la crescita si è ridotta all’1,3% dal 3% del 2009. Per il 2011, invece, il tendenziale risulta pari allo 0,7% sulla base del dato dello scorso maggio. Una moderazione salariale si registra anche per le retribuzioni di fatto (che comprendono i salari, gli stipendi e le competenze accessorie e occasionali) che l’anno scorso sono aumentate dell’1,3% rispetto all’1,5% dell’anno prima. È stato pubblicato ieri il Rapporto semestrale Aran sulle retribuzioni dei dipendenti. Il rapporto contiene un commento sui dati più recenti relativi agli andamenti della retribuzione e della spesa di personale. Sono inoltre discussi ed analizzati alcuni dati sull’incidenza dei premi e della retribuzione di risultato nel salario complessivo del personale e dei dirigenti e sulla loro variabilità. I dati, che si basano sui numeri di Istat e Bankitalia, sono stati illustrati dal presidente Sergio Gasparrini. La moderazione salariale, ha spiegato Gasparrini, deriva anche dalle misure di contenimento, previste anche nelle ultime manovre, iniziate nel 2008, confermate nel biennio 2009-2010 e che proseguiranno anche negli anni futuri. Restano distanze fra gli stipendi dei dipendenti pubblici e quelli privati che nel 2014 tenderanno a coincidere. Nell’ultimo biennio pur essendo in frenata le retribuzioni contrattuali dei lavoratori privati sono cresciute di più rispetto a quelle della pubblica amministrazione: nel 2010 l’aumento è stato del 2,4% rispetto al 3,2% del 2009. Il tendenziale per il 2011 è del 2%. Per quanto riguarda le retribuzioni di fatto nel settore privato, nel 2010 sono cresciute del 2,9% rispetto all’1,7% del 2009. Nel 2014, ha spiegato il presidente dell’Aran, le due curve del pubblico e del privato andranno a toccarsi. Infatti, le misure adottate nelle due manovre correttive avrebbero, tra l’altro, l’effetto di annullare e riassorbire completamente il differenziale di crescita che ha visto, sul periodo 2000-2010 incrementi nel settore pubblico più sostenuti di quelli del settore privato. Nei dati, spiega il rapporto dell’Aran, si sommano diversi effetti: la moderazione salariale che ha caratterizzato i rinnovi contrattuali del biennio 2008-2009; gli apporti più contenuti della contrattazione di secondo livello alla crescita delle retribuzioni complessive; i primi effetti dalla manovra finanziaria 2010 con il blocco della contrattazione nazionale (con conseguente corresponsione della sola indennità di vacanza contrattuale).
Stessi effetti, continua la sintesi del rapporto, si possono riscontrare anche in altri paesi europei dove a seguito della crisi economica si sono avute analoghe politiche di intervento sulle retribuzioni pubbliche. Per quanto riguarda il salario di produttività, l’incidenza percentuale oscilla tra il 5 e il 10% del totale con picchi dell’11% per gli enti pubblici non economici e le Agenzie fiscali. I valori medi (fatta eccezione per Agenzie fiscali ed Epne destinatari di norme di legge che prevedono risorse dedicate per il salario di produttività) si mantengono su importi compresi tra i 1.000 e i 2.000 euro annui. L’incidenza sulle Regioni e gli enti locali è del 7%, sui ministeri è del 6%, del 5% per il Servizio sanitario nazionale, del 3% sull’università e del 2% sugli enti pubblici di ricerca. Per quanto riguarda le Regioni e gli enti locali la quota di dipendenti con produttività superiore al 90% del massimo attribuito non è lontana dal 50%, per la sanità la quota è intorno al 40%, sale quasi al 100% per gli enti pubblici. Quanto all’incidenza percentuale della retribuzione di risultato dei dirigenti sulla retribuzione complessiva emergono differenze sensibili tra i vari comparti (dal 4% della dirigenza medica e veterinaria al 30% degli enti pubblici non economici). Per i dirigenti universitari l’incidenza è del 15%, per i ministeri del 16% e per le Regioni e gli enti locali del 13%. Anche sui valori assoluti ci sono differenze molto marcate (da 12.000 a 43.000). I valori più elevati si riscontrano nei comparti con medie retributive più elevate. “I lavoratori del pubblico impiego hanno già pagato e stanno pagando. Non possono continuare a farlo”. È il commento dei segretari nazionali di Ugl – Intesa Funzione Pubblica, Paola Saraceni e Francesco Prudenzano, evidenziando come “queste stime confermano ciò che stiamo sostenendo da tempo: i dipendenti pubblici con qualifiche contrattualizzate stanno scontando da troppi anni una ‘penà di cui ancora non conosciamo le motivazioni, intrappolati in una spirale di provvedimenti in cui si continuano a chiedere sempre più sacrifici, l’ultimo con la manovra-bis e il congelamento almeno per i prossimi cinque anni di salari e retribuzione accessoria”. “Per questo – spiegano – l’Ugl Intesa Funzione Pubblica è in stato di agitazione dall’11 luglio e, dopo aver ricevuto il mandato dagli stesso lavoratori, riunirà il 3 ottobre la segreteria nazionale per decidere quali iniziative mettere in campo, compreso lo sciopero”. “La verità è una sola – concludono – non si può continuare a bussare alla porta di chi vive con uno stipendio di 1250 euro al mese, mentre si continuano a difendere privilegi e patrimoni”.
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