Inammissibilità del ricorso ex art. 95 del D.P.R. n. 396/2000, promosso dalla Procura della Repubblica, per la rettificazione dell’atto di nascita di minore nato da coppia omogenitoriale femminile. Decreto d’inammissibilità n. 2020/2024 del 05.03.2024 e altri 32 analoghi. Per chi desidera approfondire in modo pratico ed efficace i nuovi strumenti a disposizione degli operatori del diritto, si consiglia il “Formulario Commentato della Famiglia e delle Persone dopo la Riforma Cartabia”.
Indice
1. La questione: rettificazione atto di nascita
Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Padova ha impugnato con azione di rettificazione ai sensi dell’art. 95 comma 1, D.P.R. 396/2000, mediante plurimi ricorsi, gli atti di nascita registrati dal Sindaco del Comune, con l’indicazione di due madri (biologica e d’intenzione). Si è costituito in giudizio il Sindaco del Comune, in qualità di Ufficiale dello Stato Civile, con il patrocinio dell’Avvocatura Civica, contestando la fondatezza del ricorso della Procura e sostenendo la correttezza del proprio operato.
Si è, altresì, costituito in giudizio il Ministero dell’Interno, patrocinato dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Venezia, in proprio e per conto del Sindaco del Comune, nella sua qualità di Ufficiale di Governo, contestando l’autonoma legittimazione processuale del Sindaco e sostenendo la fondatezza del ricorso della Procura. Per chi desidera approfondire in modo pratico ed efficace i nuovi strumenti a disposizione degli operatori del diritto, si consiglia il “Formulario Commentato della Famiglia e delle Persone dopo la Riforma Cartabia”.
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2. Profilo della legittimatio ad causam del Sindaco in funzione di Ufficiale del Governo
Con i provvedimenti in oggetto, il Tribunale ha dovuto preliminarmente pronunciarsi in ordine all’autonoma legittimazione passiva del Sindaco del Comune contestata dal Ministero dell’Interno ed alla legittimazione del primo a farsi assistere in giudizio dall’Avvocatura Civica in luogo dell’Avvocatura dello Stato.
La questione appare di particolare interesse, in quanto nei casi di specie il Sindaco ed il Ministero assumono due posizioni processuali contrapposte, il primo difendendo la legittimità dell’atto di nascita con l’indicazione di due madri, il secondo contestandone la validità non essendo ammissibile nel nostro ordinamento la formazione di un atto indicante due genitori dello stesso sesso.
Va evidenziato che la contrapposta posizione processuale tra il Sindaco, quale Ufficiale di Stato Civile, e Ministero dell’Interno si è potuta verificare in quanto il primo ha iniziato a registrare gli atti di nascita parecchi anni prima della data dell’impugnazione, in assenza di istruzioni ministeriali in ordine alla possibilità di formare atti di nascita di minori nati a seguito dell’applicazione di tecniche di procreazione medicalmente assistita eterologa eseguita all’estero con indicazione, oltre che del genitore biologico, anche del genitore d’intenzione.
Dunque, il Tribunale di Padova, a prescindere dalla fondatezza nel merito delle rispettive posizioni, si è pronunciato in via preliminare sul punto riconoscendo l’autonoma legittimazione a resistere in giudizio del Sindaco quale Ufficiale di Stato Civile, anche nel caso in cui nello stesso procedimento sia costituito il Ministero dell’Interno.
Per giungere a tale conclusione, il Tribunale patavino richiama l’orientamento giurisprudenziale che riconosce l’autonoma legittimazione processuale del Sindaco quando agisce quale ufficiale del Governo in virtù dell’autonomia strutturale ed istituzionale che l’organo dell’Ente locale mantiene anche nell’esercizio di poteri di competenza statale delegati ex lege,1.
Invero, la legittimazione passiva del Sindaco viene riconosciuta in quanto organo che ha formato l’atto di nascita impugnato e in quanto destinatario del provvedimento che potrà eventualmente essere emesso dal Giudice (la rettifica dell’atto di nascita).
D’altro canto, il Tribunale evidenzia che l’esercizio della funzione di Ufficiale di Stato Civile è delegata dalla Legge al Sindaco in quanto esige un rapporto di prossimità con i cittadini che può essere più efficacemente esercitata dall’organo di vertice dell’Ente locale a loro più vicino.
Ferma restando l’autonoma legittimazione passiva del Sindaco quale Ufficiale di Governo, il Tribunale riconosce, altresì, una legittimazione processuale concorrente ed eventuale del Ministero dell’Interno in capo al quale sussiste, comunque, un interesse autonomo, concreto ed attuale nel procedimento ex art. 95 D.P.R. 396/2000 in virtù della diretta imputazione allo stesso degli atti materialmente compiuti dal Sindaco quale ufficiale di governo, sia dei poteri allo stesso attribuiti dalla legge di impartire istruzioni agli Ufficiali di Stato Civile e di vigilanza sui relativi uffici, finalizzati ad assicurare l’uniformità di indirizzo nella tenuta dei registri dello stato civile su tutto il territorio nazionale.
Sotto questo profilo, il Tribunale, richiamando la prevalente giurisprudenza amministrativa2, qualifica il rapporto tra Sindaco quale Ufficiale di Governo e Ministero dell’Interno come una relazione interorganica da cui consegue imputabilità degli atti compiuti dal primo all’amministrazione centrale, alla luce dei suoi poteri direttivi e di vigilanza sugli uffici di stato civile. Sul punto, va osservato che l’autonoma posizione del Sindaco che agisce quale Ufficiale del Governo non è esclusa all’imputazione giuridica degli effetti dell’attività al Ministero che ha natura meramente formale, restando il Sindaco incardinato nel complesso organizzativo dell’Ente locale, senza alcuna modifica del suo status3.
Del resto, secondo il prevalente orientamento giurisprudenziale la relazione tra Ministero e Sindaco non può, comunque, qualificarsi come un rapporto gerarchico in senso tecnico e tradizionale, non essendovi alcuna disposizione di legge che consenta al Ministero di sostituirsi al Sindaco nell’esercizio delle funzioni ad esso attribuite ovvero di annullare gli atti compiuti dall’Ufficiale di Stato Civile4.
A tal riguardo, va segnalato che una parte della giurisprudenza di merito, valorizzando l’autonomia strutturale riconosciuta al Sindaco quale Ufficiale di Governo ed l’assenza di un rapporto gerarchico in senso proprio con il Dicastero, giunge a qualificare i rapporti tra l’organo dell’Ente locale ed il Ministero come intersoggettivi e non meramente interorganici5.
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3. Profilo della rappresentanza ed assistenza in giudizio nello specifico caso del Sindaco in funzione di Ufficiale di Governo
Chiariti i profili d’imputabilità all’Amministrazione centrale degli atti posti in essere dal Sindaco, in funzione di ufficiale di Governo, come nei casi di specie, investito della qualità di Ufficiale di Stato Civile, e analizzati nel precedente paragrafo, le plurime Ordinanze collegiali del Tribunale di Padova, in commento, procedono nella loro esposizione a vagliare un altro aspetto rilevante e raramente approfondito dalla giurisprudenza, che è quello relativo alla rappresentanza tecnica e all’assistenza in giudizio del Sindaco, in funzione di ufficiale di Governo, quando, però, sussista un conflitto d’interessi della propria posizione processuale rispetto a quelle sostenute dalle altre parti in causa e facenti parte, a loro volta, dell’Amministrazione statale propriamente intesa.
Vale la pena, in primis, esaminare il caso, in assoluto più frequente, in cui, nel giudizio introdotto dal ricorso della Procura della Repubblica ai sensi dell’art. 95 del D.P.R. n. 396/2000, siano chiamati a costituirsi sia il Ministero dell’Interno e sia il Sindaco, in funzione di ufficiale di Stato civile, ognuno per il proprio ambito di competenza.
Tali soggetti, come già chiarito nel paragrafo precedente, sono dotati di riconosciuta legittimazione passiva a stare in giudizio e sono entrambi rappresentati ed assistiti nel processo dall’Avvocatura dello Stato, in forza del patrocinio obbligatorio per le amministrazioni centrali ai sensi e per gli effetto dell’art. 1 del R.D. n. 1611/1933, a tenore del quale “la rappresentanza, il patrocinio e l’assistenza in giudizio delle Amministrazioni dello Stato, anche se organizzate ad ordinamento autonomo, spettano alla Avvocatura dello Stato”.
Tuttavia, il Sindaco è facoltizzato a derogare al patrocinio dell’Avvocatura erariale ai sensi dell’art. 43 del citato R.D. del 1933, nelle sole ipotesi di conflitto d’interessi, potendo in tali casi procedere a difendersi direttamente in giudizio, a mezzo del proprio ufficio legale6.
E’ questa, infatti, la fattispecie concreta sulla quale statuiscono le ordinanze del Tribunale, in commento, per cui va tenuto in debita considerazione che il Sindaco del Comune, nel costituirsi processualmente, è venuto a trovarsi in posizione del tutto antitetica rispetto a quella manifestata e sostenuta dal Ministero dell’Interno favorevole, invece, all’accoglimento del ricorso presentato dalla procura della Repubblica, e manifestando, peraltro, chiaramente la propria contrarietà all’operato del Sindaco.
Rilevata dai Giudici la sussistenza di un effettivo conflitto d’interessi tra le predette parti processuali, sarebbe stata inammissibile la loro costituzione in giudizio a mezzo di uno unico procuratore, il quale non avrebbe potuto svolgere contemporaneamente attività difensiva in favore dell’uno e dell’altro, poiché portatori di istanze confliggenti. Tale circostanza, con tutta evidenza, è in grado di compromettere, in modo irreparabile, il diritto di difesa ed il principio del contraddittorio processuale, valori costituzionalmente riconosciuti e posti a cardine del processo nel nostro Ordinamento7.
Il Sindaco, quindi, ha provveduto, ai fini defensionali, a dare incarico all’Avvocatura civica interna, tramite apposita deliberazione di giunta comunale.
In ordine alla legittimità del patrocinio assunto, vale la pena evidenziare che l’Avvocatura civica è una struttura autonoma rispetto all’Amministrazione comunale. La giurisprudenza che si è occupata di chiarire il ruolo dell’Avvocatura interna al Comune, ha precisato, in più arresti, che, al fine dell’iscrizione degli avvocati civici nell’elenco speciale dell’Albo, l’Ordinamento esige che presso l’Ente pubblico esista un ufficio legale costituente “un’unità organica autonoma” e che i soggetti addetti alla stessa esercitino le funzioni di competenza con modalità che assicurino “libertà ed autonomia” dell’attività di difesa, con “sostanziale estraneità all’apparato amministrativo”, “in posizione di indipendenza da tutti i settori previsti in organico e con esclusione di ogni attività di gestione” (cfr. ex multis:, Cass. Civ. SS.UU., n. 5559/2002; T.A.R. Campania, n.1301/2020).
Nell’assetto organizzativo dell’Amministrazione comunale, ai fini del rispetto del principio di autonomia dell’ufficio legale, l’Avvocatura civica deve, quindi, connotarsi come una struttura differenziata da ogni altro centro operativo e postulante una diretta connessione unicamente con il vertice decisionale dell’Ente stesso, al di fuori di ogni altra intermediazione8.
Analogamente a quanto espresso nelle Ordinanze del Tribunale di Padova, in analisi, si richiama anche la più recente pronuncia del Tribunale di Lucca del 26.06.2024, con cui viene contestualmente sollevata questione di legittimità costituzionale per altra questione, secondo la quale “quanto al patrocinio ed all’assistenza in giudizio, per la quale il Sindaco ha inteso avvalersi dell’Avvocatura interna all’ente, ritiene il collegio che si apprezzino ragioni per derogare all’art. 43,
R.D. 1611/33 che disciplina il patrocinio ex lege dell’Avvocatura dello stato, atteso che le posizioni del Sindaco e del Ministero dell’Interno appaiano del tutto antitetiche, alla luce delle conclusioni rassegnate”.
Note
- [1]
Cass. civ., Sez. Unite, Sent., n. 12193/2019; Cass. civ., Sez. I, Ord., n. 39768/2021; orientamento ribadito con la recente pronuncia Cass. civ., Sez. I, Ord., n. 4398/2024; per la giurisprudenza di merito: Tribunale di Lucca, Ord., 25.04.2024 Cons. Stato, Sez. V, Sent., n. 2748/2012; Trib. Bologna, Sez. specializzata, Ord. del 01.08.2019, proc. R.G. n. 7626/2019; Trib. Bol ogna, Sez. Specializzata, Ord. del 20.02.2020, proc. R.G. n. 230/2020.
- [2]
Cons. Stato, Sez. III, Sent., 5047/2016.
- [3]
Cons. Stato, Sez. III, Sent., 5048/2016.
- [4]
Cons. Stato, Sez. III, Sent., n. 5048/2016; Cons. Stato, Sez. III, Sent., n. 5047/2016; Cons. Stato, Sez. III, Sent., n. 4478/2106; richiamate da Cass. civ., Sez. Unite, Sent., n. 12193/2019.
- [5]
Trib. Bologna, Sez. specializzata, Ord. del 01.08.2019, proc. R.G. n. 7626/2019; Trib. Bologna, Sez. Specializzata, Ord. del 20.02.2020, proc. R.G. n. 230/2020.
- [6]
cfr. “Rassegna stampa Avvocatura di stato n. 1/2021”, pagina 25.
- [7]
cfr. ex multis: Cass., Sez. Un., n. 11193/2023; Cass. Civ. sent. n. 24839/2022; Cass. Sez. Un. n. 7030/ 2021; Cass. Civ., sent. n. 20991/2020; Cass. Civ., ord. n. 7363/2018; Cass. Civ., sent. n. 20950/2017; Cass. Civ., n. 14634/2015; Cass. Civ. n. 15884/2013.
- [8]
cfr. Cons. Stato, n. 6023/2004; T.A.R. Molise, n. 1/2002; Cons. Stato, n. 6336/2009; Cass. Civ., Sez. Un. n. 5559/2002.
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