La Prima Sezione penale ha affermato che il giudice dell’esecuzione non può disporre, nei casi previsti dall’art. 168, comma terzo, cod. pen., la revoca della sospensione condizionale della pena concessa dal giudice di cognizione in violazione del disposto di cui all’art. 164, comma quarto, cod. pen. per l’esistenza di cause ostative a lui non documentalmente note allorquando il beneficio si è ormai consolidato in ragione del decorso del termine e dell’avvenuta maturazione delle condizioni in presenza delle quali si determina, ex art. 167 cod. pen., l’estinzione del reato e non ha luogo l’esecuzione della pena.
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Indice
1. I fatti
La Corte di appello di Catanzaro revocava all’imputato, ai sensi dell’art. 168, terzo comma, cod. pen., la sospensione condizionale della pena concessa dal Tribunale di Rossano in quanto accordata, illegittimamente, per la terza volta.
È stato proposto ricorso per Cassazione affidato a due motivi: con il primo il ricorrente deduce violazione dell’art. 168, terzo comma, cod. pen. con riferimento al precedente art. 164 e vizio di motivazione. Nello specifico, il giudice a quo non avrebbe preliminarmente valutato la possibilità di riconoscere il vincolo della continuazione tra il reato in relazione al quale era stata pronunciata la seconda condanna condizionalmente sospesa e il reato ulteriormente giudicato, oggetto del titolo interessato dalla caducazione del beneficio, che si sarebbe per l’effetto voluta evitare.
In secondo luogo, ad avviso della difesa, tale caducazione sarebbe stata illegittimamente deliberata allorché si era ormai verificata l’estinzione del reato, a norma dell’art. 167 cod. pen.
Con il secondo motivo, invece, veniva lamentata la violazione dell’art. 125 cod. proc. pen.: il giudice avrebbe deliberato la revoca senza pregiudizialmente accertare se i precedenti ostativi risultassero documentalmente o meno al giudice di cognizione al momento della terza concessione del beneficio.
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Formulario Annotato del Processo Penale
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2. Revoca della sospensione condizionale per cause ostative non documentalmente note: l’analisi della Cassazione
La Corte di Cassazione, nell’analizzare il ricorso, rammenta che la sospensione condizionale della pena è istituto orientato ad esigenze di prevenzione sociale e di rieducazione e che la concessione di tale beneficio è subordinata ad un giudizio di meritevolezza in chiave prognostica, nella prospettiva della mancata ricaduta nel reato e dell’adempimento degli eventuali obblighi accessori. Pertanto, la legge impone la caducazione del beneficio quando risultino indici certi a smentita della prognosi.
Infatti, l’art. 168, primo comma, n. 1) cod. pen., stabilisce che la sospensione condizionale è revocata di diritto qualora, nei termini stabiliti (cinque anni per i delitti, due anni per le contravvenzioni, decorrente dalla irrevocabilità del titolo), il condannato commetta un delitto o una contravvenzione della stessa indole, per i quali sia inflitta pena detentiva, o non adempia agli obblighi imposti.
Specularmente, se tali termini decorrono senza che le anzidette cause di revoca risultino integrate, il reato è definitivamente estinto e la pena non è eseguita, a norma dell’art. 167 cod. pen.. La Corte osserva, dunque, che la revoca della sospensione è legata a sopravvenienze qualificate.
Infatti, “ai fini della revoca della sospensione, non possono considerarsi rilevanti le pendenze giudiziarie non definitive, in quanto la condizione legittimante il provvedimento di rigore è unicamente la certa commissione di un nuovo reato nel termine di probatio, commissione che deve essere accertata con sentenza irrevocabile, in ragione della presunzione di non colpevolezza di cui all’art. 27, primo comma, Cost.“.
Per quanto riguarda, invece, l’art. 168, terzo comma, cod. pen. (introdotto dalla legge 26 marzo 2021, n. 128) questo prevede, a sua volta, che la sospensione condizionale della pena sia revocata, ove concessa in violazione dei limiti di reiterabilità previsti dall’art. 164, ultimo comma, cod. pen.
Da un lato finalistico, si tratta di un rimedio “non già alla constatata frustrazione degli scopi della sospensione condizionale, bensì all’inesistenza, originaria, dei presupposti applicativi del beneficio“.
3. La decisione della Cassazione
Alla luce di quanto finora esposto, la Corte di Cassazione osserva che la soluzione indicata dalla difesa è coerente con il quadro normativo, in cui l’esito dell’estinzione del reato si produce per legge in presenza delle condizioni stabilite, nonché con le esigenze di stabilità del sistema e di certezza delle situazioni giuridiche.
Ad avviso della Corte, “a ragionare diversamente, il condannato – pur in assenza di fatti colpevoli successivi, e rigorosamente delimitati nel tempo, a sé ascrivibili – rimarrebbe esposto sine die all’eventualità di un’esecuzione penale, ancorché in origine illegittimamente sospesa, oltre ogni ragionevole limite di proporzione tra il trascorrere inerte del tempo e il rilievo della persistente necessità di punire“.
La Suprema Corte ha, dunque, emanato il principio di diritto in forza del quale “la revoca della sospensione condizionale della pena, nei casi previsti dall’art. 168, terzo comma, cod. pen., non può intervenire quando ormai il beneficio si sia consolidato, essendo decorso il termine ed essendo maturate le condizioni al cui cospetto si determina, ai sensi dell’art. 167 dello stesso codice, l’estinzione del reato e non ha luogo l’esecuzione della pena“.
Nel caso di specie, la sospensione condizionale è stata revocata, in quanto erroneamente concessa, alla stregua dell’art. 168, terzo comma, cit., ma la revoca è stata pronunciata, trattandosi di delitto, oltre il quinquennio dalla irrevocabilità del titolo, senza che fossero maturate cause di decadenza dal beneficio.
Per questi motivi, la Cassazione ha disposto l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata.
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