Ricerca scientifica e peer review: definizioni

Redazione 07/01/20
Che cosa si intende per ricerca scientifica e sistema di peer review?

Il presente contributo in tema di ricerca scientifica e peer review è tratto da “Metodologie e Tecnologie didattiche delle Scienze Giuridiche” di Francesco Petrillo. Si tratta dell’unico manuale dedicato al concorso scuola per l’abilitazione all’insegnamento delle materie  giuridico-economiche!

Definizione di ricerca scientifica

Quando un testo può definirsi scientifico? La scientificità può essere intesa rispetto a:

  • Oggetto
  • Finalità
  • Forma.

L’oggetto riguarda l’ambito della ricerca: se non c’è dubbio che scientifica sia una ricerca svolta nel campo della biologia o della chimica, c’è chi solleva dubbi che le materie umanistiche (come la letteratura, la filosofia, il diritto, la storiografia) possano essere scientifiche. Questo perché il metodo scientifico viene spesso inteso (o confuso) con quello empirico-induttivo, in cui ogni affermazione deve essere sottoposta ad una valutazione, cioè a una prova sperimentale che ha il sapore dell’oggettività. Se con un esperimento posso dimostrare “oggettivamente” che la combinazione di due elementi chimici ne produce un terzo o che il peso specifico di un elemento è maggiore o minore di quello di un altro, sarà più difficile dimostrare il minore o maggiore “peso specifico”, ossia la maggiore o minore bellezza, importanza letteraria, suggestione di un frammento di Saffo[1], di una terzina di Dante o di un verso di Leopardi… La “soggettività” del giudizio estetico sembrerebbe essere in totale contrasto con la necessaria “oggettività” di una ricerca “scientifica”.

La finalità riguarda invece gli elementi connessi al contenuto, inteso come approccio finalizzato a un determinato risultato: cosa voglio dimostrare con il mio scritto? Analizzare approfonditamente una questione o convincere a tutti i costi i miei lettori? Soppesare con onestà i pro e i contro della questione oppure evidenziare esclusivamente le tesi che sostengono il mio assunto?

A prescindere dall’oggetto trattato (chimica o letteratura), la finalità concerne il rispetto dell’elemento fondante la scientificità di una ricerca in quanto correttezza soggettiva, esclusione del pregiudizio, operare «sine ira et studio»[2], secondo un rispetto dell’oggetto – cioè evitando di volerlo piegare ai propri interessi soggettivi, ma trattandolo obbiettivamente, fattore che si può (anzi, si deve) applicare anche alla ricerca umanistica.

Due elementi fondamentali, da questa prospettiva, sono:

  • gestione delle fonti (citare autori attendibili);
  • apporto di novità.

Se, per pigrizia o mancanza di tempo (se non per malafede) limito la mia ricerca ad autori che sostengono solo una determinata posizione, ignorando o fingendo di ignorare autori che sostengono una tesi opposta, evidentemente non opero con la necessaria obbiettività che dovrebbe caratterizzare una ricerca condotta «sine ira et studio».

Ricordo a tal proposito una discussione sul valore del frammento «Ceci d’oro crescevano lungo le spiagge del mare» (LXIII. Da Ateneo, II; cit. in Vita e frammenti di Saffo di Mitilene, Romagnoli, Bologna 1863, p. 83, che per la precisione traduce: «Aurei ceci sbocciavano dai lidi»).

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Peer review o revisione dei pari

Appunto per verificare la scientificità del testo proposto, la maggior parte delle riviste e delle case editrici “scientifiche” si affida alla cosiddetta Peer review, traducibile in lingua italiana con revisione dei pari o revisione paritaria. Essa consiste nell’attenta lettura di un lavoro scientifico, prima della pubblicazione, da parte di esperti della materia trattata nell’articolo esterni al gruppo di lavoro. Tale controllo ha lo scopo di controllare la qualità, la correttezza e la bontà degli studi riportati in un articolo scientifico prima che questo venga pubblicato su una rivista.

Si tratta in generale di un controllo di qualità che viene fatto svolgere per evitare di pubblicare studi falsi, non corretti o non adeguati dal punto di vista etico. A questo fine, l’editore consegna il saggio da pubblicare a uno o più revisori competenti nelle materie trattate dall’articolo (revisori paritari: cioè che abbiano una formazione almeno uguale a quella di chi ha scritto il testo da controllare, ma di solito si tratta addirittura di specialisti di quel singolo argomento).

I revisori leggono il saggio, che giunge loro in forma anonima[3], lo controllano verificando la bontà dei dati e delle conclusioni riportati, e danno un giudizio all’editore riguardo alla sua pubblicabilità. In base al giudizio ricevuto («non adatto alla pubblicazione», «pubblicabile a seguito di modifiche», «adatto alla pubblicazione»), il responsabile decide se procedere o meno a farlo pubblicare.

In tal modo non solo si evitano errori o distorsioni (in buona fede), plagi o veri e propri falsi (in mala fede), ma si stabilisce anche la novità apportata dalla ricerca in questione, elemento di importanza fondamentale per la pubblicazione di un articolo su una rivista “scientifica”, anche se non caratterizzante la scientificità del lavoro in sé (a meno che non si voglia tacciare l’autore di non conoscere gli studi condotti da altri e già pubblicati sullo stesso argomento).

Il presente contributo in tema di ricerca scientifica e peer review è tratto da “Metodologie e Tecnologie didattiche delle Scienze Giuridiche” di Francesco Petrillo.

[1] Ricordo a tal proposito una discussione sul valore del frammento «Ceci d’oro crescevano lungo le spiagge del mare» (LXIII. Da Ateneo, II; cit. in Vita e frammenti di Saffo di Mitilene, Romagnoli, Bologna 1863, p. 83, che per la precisione traduce: «Aurei ceci sbocciavano dai lidi»).

[2] «Senza animosità né pregiudizi»: è l’espressione programmatica con la quale apre i suoi Annales (I, 1).

[3] I revisori devono anche dichiarare di non aver riconosciuto l’estensore dell’articolo loro sottoposto o comunque di non intrattenere rapporti con lui.

 

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