La disciplina della clausola vessatoria è dettata sub II comma ex art. 1341. Esso ne subordina l’efficacia e la vincolatività al requisito della “specifica approvazione per scritto”. Tali clausole, che prevedono particolari vantaggi per il predisponente e, talora, anche particolari oneri per l’aderente, sono espressamente indicate al comma citato. Da una parte, questo elenco viene considerato tassativo, ma, dall’altra, viene ammessa l’interpretazione estensiva di ogni clausola. Ai fini dell’efficacia delle clausole, inoltre, non è sufficiente la sottoscrizione del contratto, poichè è necessaria una sottoscrizione specifica delle medesime. Secondo alcuni, essa è soddisfatta anche quando avvenga in forma cumulativa con la sottoscrizione della formula che le richiama collettivamente, oppure con il numero con cui sono contraddistinte o, infine, con l’indicazione del contenuto. Secondo altri commentatori più recenti, invece, occorre per lo meno un conciso accenno al contenuto delle medesime. La ratio di questa interpretazione è ravvisabile in una tutela ancora maggiore nei riguardi dell’aderente.
Ricapitolando, l’interpretazione estensiva di ciascuna clausola vessatoria non è incompatibile con la tassatività dell’elencazione ex 1341, ma può essere ammessa solo quando l’ipotesi non prevista nella disposizione citata sia “accomunata” a quelle espressamente contemplate dalla medesima ratio di tutela del contraente per adesione in situazioni sfavorevoli per quest’ ultimo. Per esempio, una clausola contrattuale può essere ricompresa tra quelle limitative della responsabilità del predisponente qualora la medesima clausola restringa l’ambito oggettivo di responsabilità fissato da norme o altre clausole generali. A contrario, secondo Cass. Civ. n. 5390/97, non possono essere qualificate come vessatorie quelle clausole che abbiano, per contenuto, una mera “determinazione dell’effettiva estensione delle reciproche prestazioni dedotte in obbligazione”. Nella specie, è stata esclusa la natura vessatoria di una clausola che limitava la responsabilità dell’assicuratore, in caso di furto in appartamento, all’ipotesi di consumazione del reato mediante violazione delle difese esterne, escludendola in caso di utilizzazione di chiavi vere. Per completezza, si osserva che una clausola aggiunta alle condizioni generali di contratto non ha natura vessatoria naturaliter; di conseguenza, essa può essere ritenuta nulla per mancanza della doppia sottoscrizione, ai sensi del 1341, solo quando il giudice motivi in modo adeguato circa le ragioni per cui ne ha ritenuto la vessatorietà (vedi Cass. Civ. n. 5346/09).
L’inquadramento della specifica sottoscrizione tra i requisiti di forma ad substantiam richiama la sanzione della nullità, talora concepita come assoluta e altre volte come relativa, in ragione del fine -di protezione dell’aderente- assegnato alla norma. Spesso le condizioni generali di contratto sono stampate su moduli o formulari che l’aderente è invitato a sottoscrivere (1342). Anche per esse vige il criterio della specifica sottoscrizione delle clausole vessatorie (1342 II c., che richiama il 1341 II c.); per di più, le clausole aggiunte al modulo o al formulario, qualora siano incompatibili con quelle predisposte, prevalgono su queste, anche se non sono state cancellate (1342 I). In considerazione della predisposizione unilaterale, le clausole inserite in condizioni generali di contratto o in moduli e formulari si interpretano, nel dubbio, a favore del non predisponente (1370). Al sistema normativo delineato (artt.1341,1342,1370), si è sempre vivacemente obiettato che esso appronta una tutela dell’aderente di carattere soltanto formale, non riuscendo a garantire né l’effettività né la consapevolezza del consenso dell’aderente. Di fatto, lo strumento della specifica approvazione è, spesso, illusorio, poiché il predisponente può imporre una seconda firma su un documento che l’aderente abitualmente non legge e che, comunque, in genere, non riesce a modificare. Il problema sul punto consiste nel predisporre un controllo sostanziale ed effettivo del contenuto con riferimento a principi (anche costituzionali) e a clausole generali (quali la buona fede e l’equità) ; per es., la normativa tedesca del 1976 segue tale soluzione. In Italia, si sono avute le novelle ex art. 1469bis-sexies, come recepimento di una direttiva comunitaria, ora trasfuse nel codice del consumo (33ss). Questa normativa si prospetta come lex specialis rispetto alla generale (che si applica a prescindere dalla qualità dei contraenti, purchè si tratti di clausole inserite in condizioni generali di contratto o in moduli o formulari ex 1341 e 1342): essa è destinata a disciplinare tutti i contratti in cui sia parte un consumatore.
Adottando ora una lettura storica delle problematiche sottese, si evidenziano gli interventi in materia di responsabilità per danno da prodotti difettosi (dpr 224/88, ora sub artt.114ss., cod. cons.)e di pratiche commerciali sleali (20ss., cod. cons., come modificati dal d.leg. 146/07). la ratio di questi ultimi interventi si sostanzia nell’esigenza di protezione del consumatore, quale contraente debole rispetto al mondo dell’impresa e delle professioni. Occorre specificare, però, che tale “debolezza” non va intesa come disparità economica, bensì come squilibrio informativo. Perciò, l’informazione (anche nella fase precontrattuale e nel corso del rapporto contrattuale) e la “trasparenza” assumono un ruolo centrale (vedi la l.n.154/92 e il titolo VI del tu 385/93, espressamente dedicati alla “trasparenza” delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari).
Al fine di rendere organici tali numerosi interventi legislativi a tutela del consumatore, si è introdotto il codice del consumo (d.leg. n.206/05), nel quale sono confluite numerose normative di settore (ad es., relative ai contratti conclusi fuori dai locali commerciali, ai contratti turistici, alla multiproprietà), ma anche la disciplina generale, prima contenuta sub artt. 1469Bis-sexies. Questa normativa, sulla spinta di una direttiva comunitaria (13/93), ha introdotto una forma di controllo sostanziale rivolto a verificare l’equità e l’equilibrio del regolamento contrattuale. La disciplina sulle clausole vessatorie (33 ss., cod cons) limita il suo “ambito di applicazione soggettivo” ai contratti conclusi tra professionista (art.3 lett.c : persona fisica o giuridica che opera nel quadro della propria attività imprenditoriale o professionale, ovvero un suo intermediario), e consumatore o utente (art.3 lett.a : persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta, che resta comunque assorbita. Si pensi all’avv. Tizio che, acquistato il computer per lo studio, poi vi lasci giocare Tizietto !)
Sotto l’ambito di applicazione oggettivo, il giudizio di vessatorietà è escluso per le clausole che siano state oggetto di trattativa individuale (34, IV, c.cons; con le eccezioni ex artt.36,II e 134, c. cons.); il giudizio di vessatorietà non è limitato alle sole condizioni generali di contratto (alle clausole preformulate per un impiego generalizzato per una indefinita pluralità di operazioni omogenee con una indefinita pluralità di aderenti) ma ricomprende anche le clausole preformulate per una singola operazione e comunque per una pluralità non indefinita di rapporti. Sotto quest’ultimo punto di vista la nuova disciplina presenta un ambito di applicazione più vasto rispetto agli artt. 1341 e 1342; sotto il profilo soggettivo appare invece più ristretto: gli artt. 1341 e 1342, infatti, non incontrano il limite del contratto concluso tra professionista e consumatore e si applicano anche ai contratti conclusi tra professionisti e ai contratti conclusi tra consumatori.
Ben più rilevanti sono le differenze in ordine alle regole che governano il giudizio di vessatorietà. Nel codice civile vigente, la presenza della specifica sottoscrizione (1341,II), quale criterio formale che interviene nella fase della formazione, sembra escludere il giudizio di vessatorietà; invece le nuove norme introducono esplicitamente un controllo “contenutistico”. Questo comprende un elenco di clausole “sospette” che si presumono vessatorie salvo prova contraria da parte del professionista (33, II) , un elenco di clausole assolutamente vessatorie anche se oggetto di trattativa (36 II) e una clausola generale (33 I), in base alla quale sono vessatorie le clausole che determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto, violando così la buona fede oggettiva, senza la necessità di provare la mala fede del professionista (il quale può anche trovarsi in uno stato di ignoranza circa la vessatorietà delle clausole) e l’approfittamento da parte sua della posizione di debolezza del consumatore. Si ha riguardo dunque ad una nozione oggettiva e contenutistica del “significativo squilibrio”: questo concerne non l’equilibrio economico tra le prestazioni contrattuali (34 II c cons) bensì l’equilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto.
Le clausole giudicate vessatorie sono nulle ma il contratto resta valido nelle altre parti: così, è esclusa l’applicabilità dell’art.1419 I. la nullità, quindi, opera soltanto a vantaggio del consumatore, ma è rilevabile d’ufficio dal giudice (36 III). Oltre a questa forma di tutela individuale, è prevista anche una forma di tutela collettiva: si permette cioè alle associazioni rappresentative dei consumatori e dei professionisti ed alle camere di commercio di chiedere al giudice un provvedimento (anche d’urgenza) di inibitoria delle condizioni generali di contratto di cui sia stata accertata la vessatorietà (37 I) . questo provvedimento può essere chiesto non soltanto nei confronti del singolo professionista, ma anche dell’associazione di professionisti che utilizzi tali condizioni e può essere pubblicato, su ordine del giusdice, in uno o più giornali, di cui almeno uno sia a diffusione nazionale.
Al fine di tutelare la posizione degli intermediari tenuti a garantire, sul piano delle clausole vessatorie, al consumatore la protezione prevista dalla normativa senza poter invocare essi stessi la medesima protezione nei confronti dei produttori o fornitori, si prevede che i primi hanno diritto di regresso nei confronti dei secondi per i danni subiti in conseguenza della declaratoria di nullità delle clausole dichiarate vessatorie nei loro rapporti con i consumatori (36 IV); ciò anche al fine di evitare che gli “intermediari” possano trasferire sul consumatore in termini di aumento di “prezzo” ( che ex 34 II non è oggetto di controllo) gli oneri, i rischi e le responsabilità . Le clausole proposte al consumatore “devono essere sempre redatte in modo chiaro e comprensibile” e, “in caso di dubbio sul senso di una clausola prevale l’interpretazione più favorevole al consumatore” (35, c.cons.)
in merito al problema del coordimento della disciplina codicistica (1341,42) con quella del cod.cons., la prima è applicabile al di fuori della figura dei contratti del consumatore mentre la seconda configura un caso di lex specialis..
Non è da escludere il loro possibile cumulo, in situazione di compatibillità, ove il contratto del consumatore si presenti come contratto standard. Tra i diritti dei consumatori e degli utenti vi è quello della correttezza, trasparenza ed equità nei rapporti contrattuali (art.2,c.II, lett e); le associazioni dei consumatori e degli utenti, fornite di specifici requisiti e inserite in un elenco ad hoc (137, cod. cons), sono legittimaste ad agire in inibitoria in presenza di violazione dei predetti diritti (139ss) ampliando così l’ambito della tutela collettiva ex art.37.
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