Ricongiungimento e coesione familiare

Redazione 31/07/19
Vediamo le definizioni e i tratti essenziali della disciplina in tema di ricongiungimento e coesione familiare.

Il presente contributo è tratto da “Immigrazione, asilo e cittadinanza” a cura di Paolo Morozzo della Rocca

Definizioni e ambito disciplinare

Definiamo ricongiungimento familiare l’istituto che consente al cittadino di un paese non appartenente all’Unione europea, regolarmente soggiornante in Italia, di ottenere l’ingresso e la conseguente autorizzazione al soggiorno per alcuni suoi familiari essi pure stranieri o apolidi, secondo modalità e limiti indicati dalla legge.

Riteniamo invece preferibile qualificare come “coesione familiare” l’esercizio del diritto all’unità familiare da parte del cittadino straniero (non importa se apolide, cittadino dell’Unione europea o di un paese terzo) che richieda l’ingresso in Italia e/o l’autorizzazione al soggiorno perché familiare di un cittadino italiano o di un cittadino europeo che sta esercitando in Italia il suo diritto di libera circolazione.

A spiovere tra queste due fattispecie si colloca, inoltre, quella riguardante la coesione familiare con il cittadino “extracomunitario” già regolarmente soggiornante in Italia da parte di un cittadino europeo che non abbia da se stesso i requisiti di soggiorno[1]

L’individuazione della disciplina applicabile nelle diverse situazioni, ora brevemente definite, segue solo in via tendenziale la ripartizione di competenza che vede il diritto europeo occuparsi dei familiari di cittadini europei (o italiani) e il diritto dell’immigrazione occuparsi invece dei familiari dei cittadini non europei soggiornanti in Italia.

Nucleo essenziale dei diritti di cittadinanza europea e ricongiungimento tra familiari entrambi stranieri

L’art. 23 del d.lgs. 30 del 2007, che dispone l’applicabilità anche ai cittadini italiani che non stiano esercitando la libertà di circolazione (e dunque anche ai loro familiari stranieri) la disciplina di recepimento della direttiva 2004/38/ CE, rende meno rilevante, ai fini pratici di questo manuale, l’analisi dell’interessante giurisprudenza con la quale la Corte di Giustizia è andata individuando una serie di situazioni nelle quali sia pure in via eccezionale, a prescindere dall’ambito di applicazione del diritto derivato in materia di libertà di circolazione, non può comunque essere negato il diritto di soggiorno al cittadino di un paese terzo perché altrimenti verrebbe pregiudicato in capo al familiare europeo l’effetto utile della cittadinanza dell’Unione.

Ciò avverrebbe se da tale diniego opposto al cittadino straniero derivasse la necessità per il familiare europeo di abbandonare lui stesso il territorio dell’Unione perdendo così il godimento effettivo del nucleo essenziale dei diritti connessi allo status di cittadino europeo[2].

Perché ciò accada la Corte ha però precisato che non è di per sé sufficiente “la mera circostanza che possa apparire auspicabile a un cittadino di uno Stato membro, per ragioni economiche o per mantenere l’unità familiare nel territorio dell’Unione, che i suoi familiari, che non possiedono la cittadinanza di uno Stato membro, possano soggiornare con lui nel territorio dell’Unione”.

La Corte, dunque, mantiene fermo il principio secondo il quale i membri di una famiglia non sono liberi di decidere dove collocare la vita familiare, ma ritiene che la coesione familiare nello Stato membro debba essere ammessa, ai sensi dell’art. 20 TFUE, se ciò sia necessario ad evitare che il cittadino dell’Unione sia posto di fronte ad un’alternativa inaccettabile o inesigibile ad esempio perché, trattandosi di un minore, si troverebbe a dover lui stesso espatriare oppure a dover vivere senza genitori od anche ad essere privato delle relazioni con uno dei suoi due genitori perché allontanato o rifiutato all’ingresso[3].

Tali conclusioni sono state confermate anche in altri casi nei quali il diniego del soggiorno, motivato da precedenti penali, riguardava cittadini stranieri esercitanti la responsabilità genitoriale sui figli cittadini europei, pur ammettendo la Corte di Giustizia che, in circostanze eccezionali, l’espulsione possa essere ugualmente ammessa, dopo avere attentamente comparato i diversi interessi coinvolti, ove la condotta dello straniero costituisca “una minaccia reale, attuale e sufficientemente grave che pregiudichi un interesse fondamentale della società di detto Stato membro”[4].

Nella medesima prospettiva, ma questa volta a tutela del coniuge o comunque del familiare europeo adulto, l’alternativa inaccettabile potrebbe essere quella di dover scegliere tra la rinuncia alla propria vita coniugale e/o familiare oppure il trasferimento in un paese fortemente insicuro o nel quale non siano garantite le libertà individuali fondamentali, specie se caratterizzato da una forte distanza culturale riguardo ai rapporti di genere.

Utile, anche nello scenario italiano, è una delle prime affermazioni del menzionato orientamento della Corte riguardante un caso nel quale il diniego della coesione familiare avrebbe pregiudicato la sfera dei diritti della cittadinanza europea non di un familiare in senso stretto bensì del figlio di primo letto del coniuge già regolarmente soggiornante dello straniero vistosi rifiutare il ricongiungimento[5].

Alla luce dell’ormai consolidato orientamento della Corte di Giustizia, dunque, le autorità nazionali ed i loro giudici devono comunque evitare che un provvedimento incidente sull’unità familiare, ancorché conforme sia alla disciplina interna che al diritto derivato dell’Unione europea, abbia in concreto l’effetto di privare un cittadino europeo “del godimento effettivo del nucleo essenziale dei diritti attribuiti dallo status di cittadino dell’Unione, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare”.

L’ingresso al seguito del familiare

Va infine ricordato che, a termini dell’art. 29, c. 4, t.u., i medesimi familiari per i quali è possibile attuare il ricongiungimento possono entrare nel territorio italiano al seguito dello straniero titolare del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo o di un visto di ingresso per lavoro subordinato relativo a contratto non inferiore a un anno, o per lavoro autonomo non occasionale, ovvero per studio o per motivi religiosi, a condizione che ricorrano i requisiti di disponibilità di alloggio e di reddito. L’ingresso al seguito è inoltre espressamente previsto anche per i familiari dello straniero detentore del visto per investitori (art. 26-bis, c. 8), nonché dello straniero che fa ingresso in Italia nell’ambito di trasferimenti intra-societari (art. 27 quinquies, c. 23). È inoltre implicitamente ammesso e facilitato l’ingresso al seguito dei familiari dei ricercatori di cui all’art. 27-ter t.u.

Poiché anche nel caso dell’ingresso al seguito il procedimento prevede l’ot- tenimento del nulla osta al ricongiungimento da parte dello Sportello unico per l’immigrazione il richiedente non ancora soggiornante in Italia potrà avvalersi di un procuratore speciale (art. 6, d.P.R. n. 394 del 1999).

Il presente contributo è tratto da “Immigrazione, asilo e cittadinanza” a cura di Paolo Morozzo della Rocca

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[1] Caso ricorrente quello del lavoratore latinoamericano regolarmente soggiornante in Ita- lia che si fa raggiungere dal figlio, privo di reddito, divenuto nel frattempo cittadino spagnolo.

[2] C. Giust. UE, 8 maggio 2013, n. 87, causa C-87/12, Ymeraga c. Ministre du Travail, de l’Emploi et de l’Immigration. Su tale orientamento della Corte di Giustizia, cfr. Guidi m., L’ac- quisizione del diritto di soggiorno nell’Unione europea in virtù di legami familiari: condizioni e limiti secondo la recente giurisprudenza, in di SalVatore e., michetti m., I diritti degli altri, Napoli, 2014, pp. 93 ss.

[3]Corte europea diritti dell’uomo, 3 ottobre 2014, n. 12738, Jeunesse c. Paesi Bassi, in “Cass. pen.”, 2015, 1, pp. 306 ss. riguardante i figli di due coniugi originari del Surename che in applicazione del diritto dell’immigrazione olandese sarebbero rimasti solo con il padre, nel frattempo naturalizzatosi.

[4] C. Giust. UE, 13 settembre 2016, n. 272, causa C 304/14, Secretary of State for the Home Department, c. CS; C. Giust., 13 settembre 2016, causa C 165/14, Alfredo Rendón Marín c. Administración del Estado.

[5] Su cui di comite V., Il desiderio di “vivere insieme” e il mancato diritto al ricongiungimen- to familiare per i cittadini europei “statici” alla luce del caso Dereci, in “Studi integr. Eur.”, 2012, pp. 463 ss.

 

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