La Corte di Cassazione, con una recente sentenza (n. 39398 del 27 settembre 2023) ha chiarito che non costituisce di per sé condizione ostativa, ai fini del riconoscimento della continuazione, l’elevato arco temporale in cui sono commessi i reati.
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Indice
1. La questione
La Corte d’Appello di Torino, quale giudice dell’esecuzione, rigettava un’istanza avanzata da un condannato intesa a ottenere il riconoscimento della continuazione, ex art. 671 cod. proc. pen., in relazione ai reati giudicati dalle cinque sentenze irrevocabili indicate nella premessa del provvedimento impugnato.
In particolare, a ragione della decisione, siffatta Corte territoriale considerava ostativa, all’applicazione della disciplina invocata, la distanza temporale tra i fatti giudicati.
Ciò posto, avverso il provvedimento emesso dai giudici di seconde cure proponeva ricorso per Cassazione il difensore dell’istante che, tra i motivi ivi addotti, deduceva violazione di legge e vizio di motivazione del provvedimento impugnato, conseguenti all’omesso riconoscimento della continuazione in sede esecutiva, ex art. 671 cod. proc. pen., che invece s’imponeva, tenuto conto della correlazione esistente tra i fatti giudicati con le decisioni irrevocabili presupposte.
Nel dettaglio, il ricorrente si doleva del fatto che il giudice dell’esecuzione, attraverso un percorso argomentativo (reputato) incongruo, avrebbe disatteso l’incontrovertibile collegamento esecutivo esistente tra le condotte illecite del condannato, sulla sola base del fattore della distanza temporale e geografica, svalutando le allegazioni difensive in punto di risultanze emergenti dalla lettura delle sentenze di merito, sulle quali avrebbe completamente glissato, nonostante il disposto rinvio di udienza per l’acquisizione dei provvedimenti.
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2. Riconoscimento della continuazione: la soluzione adottata dalla Cassazione
La Suprema Corte, dopo un articolato percorso argomentativo in cui si analizzava la giurisprudenza nomofilattica formatasi in materia di continuazione in executivis, stimava la doglianza summenzionata fondata alla luce di quell’indirizzo interpretativo secondo il quale il pur elevato arco di tempo, all’interno del quale sono stati commessi più reati, «non esime il giudice dall’onere di verificare se la continuazione possa essere riconosciuta con riferimento a singoli gruppi di reati commessi, all’interno di tale arco, in epoca contigua, tenuto conto degli ulteriori indici rappresentati dalla similare tipologia, dalle singole causali e dalla contiguità spaziale» e che il riconoscimento della continuazione fra gruppi di reati «non si estende automaticamente anche agli ulteriori reati collegati solo occasionalmente ad uno dei gruppi di reati in continuazione» (Sez. 1, n. 48125 del 05/11/2009).
Il provvedimento impugnato, pertanto, era annullato con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di Appello di Torino.
3. Conclusioni
La decisione in esame desta un certo interesse essendo ivi chiarito che non costituisce di per sé condizione ostativa, ai fini del riconoscimento della continuazione, l’elevato arco temporale in cui sono commessi i reati.
Si afferma difatti in tale pronuncia, sulla scorta di un pregresso filone interpretativo, che il pur elevato arco di tempo, all’interno del quale sono stati commessi più reati, non esime il giudice dall’onere di verificare se la continuazione possa essere riconosciuta con riferimento a singoli gruppi di reati commessi, all’interno di tale arco, in epoca contigua, tenuto conto degli ulteriori indici rappresentati dalla similare tipologia, dalle singole causali e dalla contiguità spaziale.
Ove invece si verifichi una situazione di questo genere, ben si può quindi impugnare la decisione, che non riconosca il riconoscimento di tale beneficio solo perché i reati sono stati commessi in un frangente temporale ampio, nelle forme prevedute dal codice di rito penale.
Ad ogni modo, il giudizio in ordine a quanto statuito in codesta sentenza, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su siffatta tematica procedurale sotto il versante giurisprudenziale, non può che essere che positivo.
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