La Sesta Sezione penale, in tema di indagini preliminari, ha affermato che l’ordinanza di archiviazione per la particolare tenuità del fatto emessa, ai sensi dell’art. 411, comma 1-bis, cod. proc. pen., a seguito di opposizione dell’indagato, per effetto delle modifiche introdotte dal d.lgs. 2 ottobre 2023, n. 122, che ne ha escluso l’iscrizione nel casellario giudiziario ove il relativo certificato sia richiesto da privati, dal datore di lavoro o sia destinato a pubbliche amministrazioni, è ricorribile per cassazione per violazione di legge ex art. 111, comma 7, Cost., a condizione che sia allegato un interesse concreto ed attuale alla rimozione del provvedimento.
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Indice
1. I fatti
Il Gip del Tribunale di Napoli disponeva con ordinanza ex art. 411, comma 1-bis c.p.p. l’archiviazione del procedimento iscritto nei confronti dell’indagata per il reato di cui all’art. 388 c.p. per particolare tenuità del fatto, contestualmente rigettando l’opposizione proposta dalla persona offesa e ordinando l’iscrizione del provvedimento nel casellario giudiziario.
Avverso tale ordinanza, è stato proposto reclamo eccependo la nullità del provvedimento di archiviazione per tardività della querela, non depositata, tra l’altro, con firma digitale.
In particolare veniva censurata la motivazione apparente con la quale il Gip aveva respinto l’eccezione, senza esaminare i dati indicati nell’atto di opposizione al fine di dimostrare la tardiva proposizione della querela. In più, si evidenziava che la questione di procedibilità doveva essere valutata anche in sede di reclamo, in quanto condizione preliminare rispetto all’analisi del fatto, con la conseguenza che la mancanza della condizione di procedibilità impedisce di entrare nel merito e, quindi, di riconoscere la tenuità del fatto ex art 131-bis c.p. Infine, sottolineava che l’archiviazione disposta ai sensi di detta norma comporta l’iscrizione nel casellario giudiziario, che costituisce grave pregiudizio per chi contratta con privati o con la pubblica amministrazione.
Il Giudice del Tribunale di Napoli, ritenuto inammissibile il reclamo in assenza delle nullità previste dall’art. 410-bis comma 1 e 2 c.p.p. per violazione del contraddittorio e ritenuto esperibile unicamente il ricorso per Cassazione per denunciare la violazione di legge in cui era incorso il Gip, qualificato il reclamo come ricorso, ha trasmesso gli atti alla Corte di Cassazione.
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2. Ricorribilità per Cassazione dell’ordinanza di archiviazione per particolare tenuità: l’analisi della Corte
La Corte di Cassazione, nel dichiarare inammissibile il ricorso, premette che l’art. 410-bis c.p.p., come modificato dalla legge n. 103/2017, consente la presentazione di un reclamo avverso il provvedimento di archiviazione del Gip, ma esclude che contro la decisione sul reclamo sia proponibile il ricorso per Cassazione. Tale mezzo di impugnazione è consentito solo per dedurre l’abnormità dell’atto impugnato e non anche per dedurne l’illegittimità per uno dei vizi elencati nell’art. 606 c.p.p.
Tuttavia, la Corte sottolinea che, esclusa la proponibilità del reclamo, il Giudice ha qualificato il reclamo come ricorso, conformandosi a precedenti orientamenti giurisprudenziali secondo i quali “l’ordinanza di archiviazione per particolare tenuità del fatto emessa, ex art. 411, comma 1-bis, cod. proc. pen., a seguito di opposizione dell’indagato, è impugnabile con ricorso per Cassazione per violazione di legge, ai sensi dell’art 111, settimo comma, Cost.“. Tale impostazione, che correttamente ha riguardo alla natura decisoria del provvedimento di archiviazione per particolare tenuità del fatto, in quanto presuppone l’accertamento di un fatto reato, sebbene particolarmente tenue, e tiene conto della prevista iscrizione di detto provvedimento nel casellario giudiziale, ad avviso della Corte, “è condivisibile nelle premesse, non nelle conclusioni, dalle quali ci si discosta in relazione al profilo dell’interesse a ricorrere, che va valutato in rapporto all’effettivo pregiudizio per l’indagato derivante dall’iscrizione del provvedimento di archiviazione nel certificato del casellario giudiziale, come evocato anche nel ricorso“.
Ad avviso della Corte è, infatti, indubbio che la ricorribilità del provvedimento di archiviazione per particolare tenuità del fatto si correlata alla natura sostanziale dell’istituto di cui all’art. 131-bis c.p., che presuppone la valutazione della condotta, delle conseguenze del reato e del grado di colpevolezza, ovvero di aspetti propri del giudizio di merito, e che proprio per tale peculiare natura del provvedimento decisorio è prevista dal comma 1-bis dell’art. 411 c.p.p. una speciale procedura, diretta a garantire il contraddittorio.
Per quanto attiene, invece, l’iscrizione del provvedimento di archiviazione per particolare tenuità del fatto, questa rileva solo ai fini della abitualità del comportamento, ostativa all’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità, consentendo al giudice di conoscere anche i provvedimento, comunque adottati, che hanno riconosciuto la causa di non punibilità.
3. La decisione della Cassazione
Alla luce di quanto finora esposto, la Suprema Corte, osserva come, in primis, non sia possibile, con i presupposti del caso di specie, ricorrere per Cassazione, ed in secondo luogo che occorre che sia allegato almeno un interesse concreto ed attuale alla rimozione del provvedimento di archiviazione, indicando il concreto pregiudizio subito dall’indagato, nella specie non ravvisabile, risultando dedotto, solo in termini generici e astratti l’eventuale pregiudizio per chi contratta con privati o con la pubblica amministrazione.
Per tali ragioni, dunque, la Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso, in quanto “non sorretto da un concreto e attuale interesse“.
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