Ricorso: contestazione dell’aggravante di agevolazione mafiosa

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L’indagato può ricorrere per Cassazione contestando una delle due accezioni dell’aggravante mafiosa prevista dall’art. 416-bis.1 cod. pen. ove queste sussistano congiuntamente? Il presente contributo è tratto dal volume: Dibattimento nel processo penale dopo la riforma Cartabia -Con commento e tabelle riepilogative

Corte di Cassazione -sez. VI pen.- sentenza n. 20564 del 9-04-2024

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Indice

1. La questione: applicazione dell’aggravante di agevolazione mafiosa (art. 416-bis.1 cod. pen.)


La Seconda sezione penale annullava con rinvio una sentenza emessa dalla Corte di Appello di Caltanissetta, “limitatamente alle circostanze aggravanti di cui all’art. 416-bis, comma quarto, e 629, comma secondo, cod. pen.”,con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte territoriale, rigettando nel resto il ricorso.
Ciò posto, avverso questa decisione il difensore proponeva l’impugnazione straordinaria di cui all’art. 625-bis cod. proc. pen., dolendosi della commissione di un errore di fatto in cui sarebbe incorsa la Corte di Cassazione a proposito della ritenuta inammissibilità, per mancata deduzione, della doglianza concernente l’applicazione dell’aggravante di agevolazione mafiosa (art. 416-bis.1 cod. pen.).
In particolare, il ricorrente sosteneva di avere tempestivamente censurato l’applicazione dell’aggravante, sia con il quinto motivo del ricorso principale, sia con l’atto di appello, ribadito da una memoria difensiva aggiuntiva, ribadendo in tal modo la ricorrenza di un chiaro errore percettivo per omissione. Il presente contributo è tratto dal volume: Dibattimento nel processo penale dopo la riforma Cartabia -Con commento e tabelle riepilogative

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Nel presente volume viene esaminata una delle fasi salienti del processo penale, il dibattimento, alla luce delle rilevanti novità introdotte dalla Riforma Cartabia con l’intento di razionalizzare i tempi del processo di primo grado e di restituire ad esso standards più elevati di efficienza, come la calendarizzazione delle udienze, la ridefinizione della richiesta di prova e la nuova disciplina della rinnovazione della istruzione dibattimentale.L’opera, che contempla anche richiami alla nuovissima disciplina relativa al Portale deposito atti penali (PDP), è stata concepita come uno strumento di rapida e agile consultazione a supporto dell’attività dell’avvocato.Oltre a quelle previste dal codice di rito penale, la trattazione passa in rassegna tutte le ipotesi in cui si svolge il dibattimento, come il procedimento innanzi al giudice di pace, il processo penale minorile e  quello previsto in materia di responsabilità degli enti.Il testo è corredato da tabelle riepilogative e richiami giurisprudenziali e da un’area online in cui verranno pubblicati contenuti aggiuntivi legati a eventuali novità dei mesi successivi alla pubblicazione.Antonio Di Tullio D’ElisiisAvvocato iscritto presso il Foro di Larino (CB) e giornalista pubblicista. Referente di Diritto e procedura penale della rivista telematica Diritto.it. Membro del comitato scientifico della Camera penale di Larino. Collaboratore stabile dell’Osservatorio antimafia del Molise “Antonino Caponnetto”. Membro del Comitato Scientifico di Ratio Legis, Rivista giuridica telematica.

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2. La soluzione adottata dalla Cassazione


La Cassazione riteneva il ricorso suesposto infondato inammissibile per carenza di interesse.

Difatti, per la Corte di legittimità, ove sia contestata l’aggravante di cui all’art. 7 del D.L. n. 152 del 13 maggio 1991 (oggi art. 416-bis.1 cod. pen.), nella duplice accezione del metodo e dell’agevolazione mafiosa, non sussiste l’interesse dello indagato a ricorrere in Cassazione ove contesti una sola delle declinazioni della circostanza, non derivando dall’eventuale accoglimento del ricorso alcuna concreta utilità (Sez. 6, n. 550 del 31/10/2018).

Di conseguenza, ritenendo come si fosse verificata una situazione di questo genere, come appena esposto, l’impugnazione in questione era dichiarata inammissibile per carenza d’interesse e alla dichiarazione di inammissibilità se ne faceva seguire la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al pagamento della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.

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3. Conclusioni


La decisione in esame desta un certo interesse essendo ivi fornita risposta al seguente quesito: se l’indagato può ricorrere per Cassazione contestando una delle due accezioni dell’aggravante mafiosa prevista dall’art. 416-bis.1 cod. pen. ove queste sussistano congiuntamente.
Si fornisce difatti in tale pronuncia una risposta negativa a siffatto quesito sulla scorta di quell’orientamento nomofilattico secondo il quale
l’indagato non ha interesse a ricorrere in Cassazione contestando solo una delle accezioni dell’aggravante mafiosa dell’art. 416-bis.1 cod. pen., ove queste siano ritenute dal giudice sussistenti congiuntamente, poiché l’eventuale accoglimento del ricorso non porterebbe alcun beneficio concreto.
Pertanto, è sconsigliabile, perlomeno alla stregua di tale approdo ermeneutico, prospettare una censura di questo genere ove si verifichi siffatta situazione.
Ad ogni modo, il giudizio in ordine a quanto statuito in codesta sentenza, poiché contribuisce a fare chiarezza su siffatta tematica giuridica sotto il versante giurisprudenziale, non può che essere positivo.

Avv. Di Tullio D’Elisiis Antonio

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