Lo ha sostenuto la Corte di Cassazione, terza sezione civile, sentenza n. 17037 del 28 giugno 2018, respingendo il ricorso di un soggetto che aveva convenuto in giudizio il Consiglio dei Ministri, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni patiti in conseguenza della condotta dei magistrati, che per loro colpa determinarono la sua soccombenza in una controversia per la risoluzione di un preliminare di vendita immobiliare. La domanda tuttavia veniva dichiarata inammissibile in tutti i gradi di giudizio, compresa la Corte di Cassazione.
In tale ultima sede, in particolare, viene revocata l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, disposta a favore del ricorrente da parte dell’Ordine forense di competenza. Tra i motivi addotti dalla Suprema Corte a sostegno di questa decisione, il fatto che il ricorrente abbia proposto ricorso in Cassazione – chiedendo che fosse dichiarata ammissibile la sua domanda di risarcimento nei confronti dello Stato per il fatto del magistrato – con argomentazioni del tutto prive di fondamento, sostanzialmente consistite nel ricordare come i giudici (in tutti e tre i gradi di giudizio ove era risultato soccombente) avessero errato per colpa grave, non essendosi avveduti che esso ricorrente aveva ragione ed il convenuto aveva torto.
Ebbene, una siffatta argomentazione, secondo gli Ermellini, fa sì che non sussista il requisito della “non manifesta infondatezza delle ragioni” che giustifica, oltre ai presupposti reddituali, l’ammissione al gratuito patrocinio; beneficio tuttavia a suo tempo concesso al ricorrente dal Consiglio dell’Ordine di competenza, ma che in questa sede – concludono gli Ermellini – ben può essere revocato ai sensi dell’art. 136 D.p.r. n. 115/2002.
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