Il ricorso straordinario è improcedibile quando l’annullamento del provvedimento impugnato non risulta più utile per il ricorrente. Lo ha stabilito il Consiglio di Stato, Sezione I, n. 1166/2024 in una vicenda che ha riguardato una vice questore aggiunto della polizia, destituita per aver reso dichiarazioni non continenti col ruolo.
Indice
1. La vicenda
L’oggetto della controversia è costituito dal decreto del Capo della Polizia, Direttore generale della pubblica sicurezza, notificato alla ricorrente, vice questore aggiunto della Polizia di Stato, che aveva disposto, a decorrere dal giorno successivo alla notifica, la destituzione dal servizio della ricorrente, ex art. 7, nn. 2 e 4 d.P.R. n. 737/1981.
Alla stregua della documentazione acquisita al fascicolo d’ufficio e delle circostanze di fatto riportate negli scritti difensivi e non contestate dalle rispettive controparti, emerge che:
- il procedimento disciplinare che ha messo capo al provvedimento impugnato trae origine dalla segnalazione, con nota del Vice Direttore generale della pubblica sicurezza – Direttore centrale della polizia criminale, di comportamenti posti in essere dalla ricorrente;
- all’epoca di tali comportamenti, la ricorrente era sospesa cautelarmente dal servizio per gravi motivi disciplinari;
- alla ricorrente erano stati contestati addebiti per aver proferito affermazioni e frasi, ovvero rilasciato dichiarazioni non consone ai doveri propri degli appartenenti ai ruoli della Polizia di Stato, anche in ordine al decreto istitutivo dell’obbligo del green pass, in contrasto con lo status rivestito e certamente esorbitanti la cornice della continenza espositiva;
- il procedimento disciplinare si è concluso con l’atto impugnato “per avere rilasciato, benché formalmente diffidata, in diverse occasioni ed attraverso vari mezzi di comunicazione di massa, interviste, dichiarazioni e commenti lesivi e gravemente denigratori di Organismi ed Istituzioni dello Stato, venendo così meno al primario dovere previsto dall’art. 13 del d.P.R. n. 782/1985 e ricadente su ogni appartenente alla Polizia di Stato, di mantenere un contegno ed una condotta sempre improntati alla massima correttezza, evitando di arrecare pregiudizi, ovvero di ledere o menomare in qualunque modo il prestigio dell’Amministrazione della P.S.”.
2. La decisione: improcedibilità ricorso straordinario
Il Collegio osserva che il provvedimento disciplinare ha disposto la destituzione della ricorrente con decorrenza precedente alla decorrenza degli effetti del provvedimento oggetto del contenzioso.
L’Amministrazione ha riferito che la seconda destituzione, in relazione alla quale erano ormai decorsi i termini di impugnazione, non risultava impugnata dall’interessata, né con ricorso al T.a.r., né con ricorso straordinario al Capo dello Stato.
Ex art. 34, comma 3, c.p.a., quando l’annullamento del provvedimento impugnato non risulta più utile per il ricorrente, il giudice procede all’accertamento dell’illegittimità dell’atto impugnato. Tuttavia, un eventuale interesse risarcitorio non potrebbe assumere rilievo nel procedimento, dovendo ritenersi inammissibili domande diverse dall’annullamento dell’atto impugnato proposte con ricorso straordinario al Capo dello Stato. Ciò alla luce dell’art. 8 d.P.R. n. 1199/1971, che configura tale istituto quale rimedio di natura esclusivamente impugnatoria (Cons. Stato, parere n. 1728/2022).
Tale conclusione trova conferma anche nella giurisprudenza dell’Adunanza plenaria che ha messo in risalto la natura amministrativa contenziosa del ricorso straordinario, quale rimedio “giustiziale”, alternativo a quello giurisdizionale, col quale condivide, per la comune finalità di giustizia, “soltanto alcuni profili strutturali e funzionali”, nei quali sono comprese forme e garanzie dirette ad assicurare, anche all’amministrazione contenziosa, “un modello organizzativo che valorizzi l’indipendenza, l’imparzialità e l’autorevolezza del soggetto decidente ed una specifica struttura del procedimento, in grado di giustificare la sua capacità di essere ‘alternativa’ alla giurisdizione” (Cons. Stato, Ad. plen. n. 11/2024).
È stato anche precisato che “il regime della decisione resa su ricorso straordinario, per tutto quanto non previsto dal d.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199, e dalle pertinenti norme del codice del processo amministrativo, è dettato dalle disposizioni in materia di procedimento amministrativo”, rimarcando elementi che evidenziano la natura amministrativa dell’istituto e i limiti di operazioni ermeneutiche nel segno della sua giurisdizionalizzazione.
Pertanto, il ricorso è stato considerato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse.
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