Riduzione validità del Green Pass rafforzato e obbligo vaccinale per gli over 50, profili di illegittimità costituzionale

Con l’entrata in vigore del Green Pass rafforzato e l’introduzione dell’obbligo vaccinale per gli over 50 fino al 15 giugno 2022, quali sono i possibili profili di illegittimità costituzionale emersi alla luce dell’ordinanza cautelare del Tar di Milano n. 192/2022.

Indice:

  1. La riduzione a sei mesi della validità del GreenPass rafforzato
  2. L’introduzione dell’obbligo vaccinale per gli over 50 in forza del D.L. 7 gennaio 2022, n. 1
  3. L’abnormità delle sanzioni contemplate – dubbi di legittimità
  1. Aspetti di illegittimità costituzionale e contraddittorietà
    4.1. La compressione dei diritti costituzionali
    4.2. Rilievi di contraddittorietà
    4.2.1. Le contrastanti comunicazioni diffuse dalle Autorità preposte alla tutela della salute pubblica
  2. Conclusioni – l’antigiuridicità dei sacrifici previsti

1. La riduzione a sei mesi della validità del Green Pass rafforzato

Il Decreto Legge n. 221 del 24 dicembre 2021, recante la “Proroga dello stato di emergenza nazionale e ulteriori misure per il contenimento della diffusione dell’epidemia da COVID-19.”, pubblicato in G.U. n. 305 del 2021, e convertito in L. n. 11 del 18 febbraio 2022, stabilisce all’art. 3

“Durata delle certificazioni verdi COVID-19” che “1. All’articolo 9 del decreto-legge 22 aprile 2021, n. 52, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 giugno 2021, n. 87, a decorrere dal 1° febbraio 2022, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 3: al primo e secondo periodo, le parole «nove mesi» sono sostituite dalle seguenti «sei mesi»;

b) al comma 4-bis le parole «nove mesi» sono sostituite dalle seguenti: «sei mesi»”.

La nuova norma, dunque, sostituisce il D.L. n. 172/2021 che riduceva la durata delle certificazioni verdi Covid-19 da 12 a 9 mesi a far data dal completamento del ciclo vaccinale, diminuendo ulteriormente la validità del Green pass, da 9 a 6 mesi, come se una certificazione medica fosse uno yo-yo o una coperta da tirare e poi accorciare.

La decisione non sembra infatti rispondere a caratteri di natura scientifica, giacché la Commissione europea ha stabilito la durata di 9 mesi (per la precisione 270 giorni) di validità del certificato verde per chi viaggia all’interno dell’Unione europea, a mente del quale “Dal 1º febbraio 2022 sono in vigore nuove norme che stabiliscono un periodo di accettazione vincolante di 9 mesi per i certificati di vaccinazione, utilizzati per i viaggi all’interno dell’UE. Gli Stati membri devono accettare certificati di vaccinazione per un periodo di 9 mesi a decorrere dalla somministrazione dell’ultima dose della vaccinazione primaria. Per il vaccino Johnson &Johnson ciò significa 270 giorni dalla prima e unica dose. Per un vaccino bidose ciò significa un 270 giorni dalla seconda dose o, in linea con la strategia di vaccinazione dello Stato membro di vaccinazione, dalla prima e unica dose somministrata dopo la guarigione dal virus.

Gli Stati membri non dovrebbero prevedere un periodo di accettazione diverso per i viaggi all’interno dell’Unione europea. Il periodo standard di accettazione non si applica ai certificati per le dosi di richiamo.

Tali norme si applicano solo ai certificati di vaccinazione utilizzati per viaggiare nell’UE. Gli Stati membri possono applicare norme diverse quando utilizzano il certificato COVID digitale dell’UE in un contesto nazionale, ma sono invitati ad allinearsi al periodo di accettazione stabilito a livello dell’UE. Chi è in possesso di un certificato COVID digitale dell’UE valido non dovrebbe, in linea di principio, essere soggetto a ulteriori restrizioni, quali test o quarantena, indipendentemente dal luogo di partenza nell’UE.

Così generando una palese discriminazione:

a) non solo tra cittadini provenienti da altri paesi EU ed i cittadini UE residenti in Italia;

b) ma anche, all’interno del territorio italiano, fra chi ha completato il ciclo vaccinale aderendo fin da subito alla campagna vaccinale (prima dose a febbraio-marzo, e poi la seconda tra giugno-settembre) e chi a distanza di tempo, dopo il 15 dicembre 2021.

Cosicchè dai primi di febbraio, tutta la popolazione che ha concluso il ciclo vaccinale, si vede progressivamente costretta (a causa della scadenza programmata del certificato) a ripetere la somministrazione per non risultare un fuorilegge.

2. L’introduzione dell’obbligo vaccinale per gli over 50 in forza del D.L. 7 gennaio 2022, n. 1

Discriminazioni rese ancora più prorompenti con l’introduzione dell’obbligo vaccinale per gli over 50, di cui al D.L. 7 gennaio 2022, n. 1, il cui articolo 1 rubricato “Estensione dell’obbligo vaccinale per la prevenzione dell’infezione da SARS-CoV-2” recita: 1. Al decreto-legge 1° aprile 2021, n. 44, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 2021, n. 76, dopo l’articolo 4-ter sono inseriti i seguenti:
«Art. 4-quater (Estensione dell’obbligo di vaccinazione per la prevenzione dell’infezione da SARS-CoV-2 agli ultra cinquantenni).

1. Dalla data di entrata in vigore della presente disposizione e fino al 15 giugno 2022, al fine di tutelare la salute pubblica e mantenere adeguate condizioni di sicurezza nell’erogazione delle prestazioni di cura e assistenza, l’obbligo vaccinale per la prevenzione dell’infezione da SARS-CoV-2, di cui all’articolo 3- ter, si applica ai cittadini italiani e di altri Stati membri dell’Unione europea residenti nel territorio dello Stato, nonché ai cittadini stranieri di cui agli articoli 34 e 35 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, che abbiano compiuto il cinquantesimo anno di età, fermo restando quanto previsto dagli articoli 4, 4-bis e 4-ter.

  1. L’obbligo di cui al comma 1 non sussiste in caso di accertato pericolo per la salute, in relazione a specifiche condizioni cliniche documentate, attestate dal medico di medicina generale dell’assistito o dal medico vaccinatore, nel rispetto delle circolari del Ministero della salute in materia di esenzione dalla vaccinazione anti SARS- CoV-2; in tali casi la vaccinazione può essere omessa o differita. L’infezione da SARS-CoV-2 determina il differimento della vaccinazione fino alla prima data utile prevista sulla base delle circolari del Ministero della salute.
  2. La disposizione di cui al comma 1 si applica anche a coloro che compiono il cinquantesimo anno di età in data successiva a quella di entrata in vigore della presente disposizione, fermo il termine del 15 giugno 2022, di cui al comma 1.”

Così introducendo:

i) un obbligo sanitario in base all’età del soggetto, in patente violazione del principio di uguaglianza sancito dall’art. 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, che pone espresso divieto di discriminazione fondata sull’età (Capo III, Uguaglianza, art. 21 “Non discriminazione: ̈ vietata qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sul sesso, la razza, il colore della pelle o l’origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l’appartenenza ad una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, gli handicap, l’età o le tendenze sessuali.”);

ii) una proroga indiretta fino al 15 giugno 2022, in patente violazione del D.L. 221/2021 che pone l’ultima proroga dello stato di emergenza al 31.03.2022. Se, infatti, lo stato di emergenza cesserà allo scoccare dell’ultimo istante del 31 marzo, la permanenza in vita di un obbligo vaccinale basato sullo stato di emergenza (già scaduto) risulta contraddittorio ed illogico. Una simile discrasia appare, quindi, illegittima ed immotivata – si rappresenta, comunque, che, nella seduta del 18.02.2022, il Parlamento ha respinto l’odg per rendere automatica l’abolizione della certificazione verde in corrispondenza con la fine dello stato di emergenza.

3. L’abnormità delle sanzioni contemplate – dubbi di legittimità

L’ingresso del Green Pass rafforzato e le sanzioni previste in caso di mancato adeguamento alle regole si scontrano, quindi, con i principi costituzionali e con i diritti fondamentali fatti propri dalla Nostra Carta.

Non sfuggirà infatti che l’arsenale delle conseguenze per non essere in regola con il certificato verde non ha precedenti: stiamo assistendo ad obblighi e sanzioni mai previste prima dalla nascita della Costituzione.

Mai, prima d’ora, era richiesto di esibire il certificato vaccinale da una malattia (tetano, morbillo, etc.) per poter entrare in un locale qualsiasi (bar, ristorante, negozio, etc.). La regolarizzazione con le vaccinazioni è prevista per l’obbligo di istruzione presso le scuole pubbliche, ma non per circolare liberamente nel territorio italiano o essere assunti – dal momento che per tali attività non è necessario aver ottenuto un’istruzione pubblica, e potendo, del resto, un soggetto reperire un lavoro qualunque anche senza istruzione, o per aver frequentato scuole private o estere in cui non vige tale obbligo.

Nè, ad esempio, è parimenti imposto di dichiarare la propria eventuale positività all’HIV, non sussistendo alcun vincolo a comunicare la propria condizione di salute ed il proprio stadio clinico, ed anzi, essendo espressamente vietata non solo la diffusione dei relativi dati a terzi, ma anche la richiesta di sottoporsi all’esecuzione del test HIV (L. 1990, n. 135, art. 5, commi 3, 4 e 5: “Nessuno può  essere  sottoposto,  senza  il  suo  consenso,  ad analisi tendenti ad accertare l’infezione da HIV se non per motivi di necessità clinica nel suo  interesse.  Sono consentite analisi di accertamento di infezione da HIV, nell’ambito di programmi epidemiologici, soltanto quando i campioni da analizzare siano stati resi anonimi con assoluta impossibilità di pervenire alla identificazione delle persone interessate. 4. La comunicazione di risultati di accertamenti diagnostici diretti o indiretti per infezione da HIV può essere data esclusivamente alla persona cui tali esami sono riferiti.  5. L’accertata infezione da HIV non può costituire motivo di discriminazione, in particolare per l’iscrizione alla scuola, per lo svolgimento di attività sportive, per l’accesso o il mantenimento di posti di lavoro.”).

Le sanzioni della sospensione e della privazione dello stipendio si pongono, dunque, al di fuori dei perimetri costituzionali, pregiudicando gravemente il diritto al lavoro e ad “una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa” (art. 36 Cost.).

Al contempo, non si può ignorare che fino ad oggi siffatti provvedimenti trova(va)no la loro fonte in condotte disciplinari o licenziamenti. Una previsione che incide così pesantemente sulla dignità della persona e sul diritto di esercitare liberamente la propria professione sulla base di dati sanitari e personalissimi (per cui la divulgazione, consistente in dati clinici – si ripete – è vietata) si pone in grave contrasto con i principi costituzionali ed il relativo divieto di discriminazione basate sulle “condizioni personali”.

Una tale situazione, che, di fatto, si traduce nella scelta tra farsi somministrare il siero nelle dosi prescritte o rimanere senza stipendio, ha indotto molti cittadini ad accettare un trattamento sanitario senza il libero consenso o a farsi infettare volontariamente al fine di ottenere la certificazione di avvenuta guarigione da Covid-19, cosìcchè non si può non ammettere un fallimento dello stato di diritto.

Un simile effetto risulta aberrante per un Paese che si prefigge di curare i propri cittadini, e lascia ad ogni modo aperto il dubbio per cui il vaccino da Covid-19 rimane l’unico caso isolato nel panorama normativo a prevedere un regime così drastico, nonostante la presenza di altre malattie altamente contagiose e il crescente numero di eventi pericolosi per la salute, nei confronti dei quali non sono messi a punto adeguati sistemi di protezione e prevenzione.

4. Aspetti di illegittimità costituzionale e contraddittorietà

La presenza del Green Pass e dell’obbligo vaccinale non sembra perciò superare il vaglio di costituzionalità e di critica sotto la lente della logicità e del buon senso.

4.1. La compressione dei diritti costituzionali

Sotto il primo profilo, si evidenzia dunque la compressione:

a) dell’art. 2 Cost., laddove sancisce che “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo”;

b) dell’art. 3 Cost., laddove impone il divieto di discriminazione “senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”. Conseguentemente, chi ha “opinioni” o fedi divergenti – purchè le sue azioni non contrastino con i principi costituzionali e le norme ordinarie – o vive “condizioni personali” (che comprendono non solo lo stato di salute ed il pregresso clinico del soggetto, poichè vi rientrano condizioni fisiche di disabilità, malattia, vulnerabilità e maggiore esposizione; ma anche l’istruzione e la tipologia ricevuta, l’ambiente familiare, il background emotivo e conoscitivo) non può ricevere un trattamento peggiorativo o di esclusione;

c) dell’art. 4 Cost., laddove sancisce che “La repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro”;

d) dell’art. 13 Cost. laddove afferma che “La libertà personale è inviolabile. Non è ammessa alcuna forma di detenzione…omissis.. né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dell’autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge”. Per cui ne risulta violato il relativo diritto, dal momento che è stato fatto divieto ai cittadini di godere di altri diritti (viaggiare, accedere ai locali pubblici, esercitare il proprio lavoro, frequentare i corsi universitari, etc.) e di usufruire dei servizi (mezzi pubblici, uffici postali, banche, tabaccai, accesso alla giustizia, cure presso il servizio sanitario, etc.), in una sostanziale restrizione domiciliare senza aver commesso alcun reato e in assenza di una condanna;

e) dell’art. 16 Cost., laddove sancisce “Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale….”, per cui, imponendo divieti di ingresso in locali pubblici e mezzi di trasporto e presso strutture alberghiere e ricettive, risulta violato il diritto alla circolazione delle persone sul territorio nazionale;

f) degli artt. 17 e 18 Cost. in merito al “diritto di riunirsi” e “di associarsi liberamente”, essendo inibito ai soggetti privi del GreenPass rafforzato di partecipare ad assemblee, convegni, incontri, etc.;

g) dell’art. 32 Cost., in tema di tutela e cura della “salute come fondamentale diritto dell’individuo”, giacché, a differenza degli obblighi vaccinali per i minori (come anti-pertosse, Haemophilus influenzae di tipo B, meningococcica di tipo B e C, morbillo, rosolia, parotite e varicella), non è prevista l’esclusione “in caso di avvenuta immunizzazione a seguito di malattia naturale” (cfr. Corte Cost. 2018, n. 5 in tema di obbligo vaccinale), contemplando solo l’ipotesi di omissione o differimento “in caso di accertato pericolo per la salute, in relazione a specifiche condizioni cliniche documentate, attestate dal proprio medico curante di medicina generale ovvero dal medico vaccinatore” (testo coordinato del decreto-legge 26 novembre 2021, n. 172 in Gazzetta Ufficiale – Serie generale – n. 282 del 26 novembre 2021, coordinato con la legge di conversione 21 gennaio 2022, n. 3, recante: «Misure urgenti per il contenimento dell’epidemia da COVID-19 e per lo svolgimento in sicurezza delle attività economiche e sociali.»). Al contempo, a fronte della disposizione per cui “La vaccinazione costituisce requisito essenziale per l’esercizio della professione e per lo svolgimento delle prestazioni lavorative dei soggetti obbligati”, il cittadino si può vedere privato del proprio medico curante (di famiglia, o specialista) perché sospeso, così negando al paziente il diritto alle cure e alle visite secondo la propria libertà di scelta.

Da tale situazione derivano due ordini di ripercussioni:

– da un lato, l’esercente la professione sanitaria si trova impossibilitato a curare e ad occuparsi dei propri pazienti. E, dal momento che nessun dottore è escluso dalla ghigliottina, il danno si mostra ancora più rilevante e di portata macroscopica se solo si considera che i pazienti affetti da malattie psichiatriche, malattie rare e/o in procinto di operazioni delicate e altamente complesse (si pensi agli interventi chirurgici fetali, neuropsichiatrici, cardiaci o di ricostruzione di arti che richiedono un’alta specializzazione e una preparazione non comune) si vedono sprovvisti del proprio supporto, con la conseguenza che, da un lato svanisce l’inviolabile “diritto dell’individuo” alla (propria) salute; e dall’altro, viene  messo in pericolo l’”interesse della collettività” per la denegerazione della malattia in assenza di adeguate cure;

– dall’altro, nella sostituzione per il paziente, di un professionista estraneo deputato ad occuparsi della sua salute e della sua “condizione personale”, limitando la scelta per le proprie cure ai medici rimasti “disponibili” e non sospesi.

  1. h) dell’art. 33 e 34 Cost., in tema di cultura, arte e istruzione, impedendo ai non vaccinati dal Covid di accedere a musei, cinema, scuole e corsi d’arte; nonché, per gli studenti delle professioni sanitarie, lo svolgimento di tirocini pratico-valutativi;
  2. i) dell’art. 35 e 36 Cost., per la negazione del diritto al lavoro “in tutte le sue forme ed applicazioni” e ad “una retribuzione proporzionata” senza aver commesso alcuna condotta di rilevanza disciplinare o in assenza dei presupposti per essere destinatari di un licenziamento.

4.2. Rilievi di contraddittorietà

Sotto il secondo aspetto, se solo si considera che:

– a differenza degli altri vaccini che la popolazione è abituata conoscere e per i quali la copertura è totale per decenni (se non per l’intera durata della vita della persona), per il presente siero l’efficacia dura appena 4 mesi. Studi recenti condotti in USA hanno, infatti dimostrato che anche la terza dose c.d. booster perde efficacia dopo 4 mesi, subendo la medesima sorte delle precedenti. In una ricerca pubblicata dai Centers for Disease Control (Cdc) si afferma, infatti, che la protezione dalla terza dose passa dal 91% al 78% dopo soli quattro mesi

– è ormai noto dalle vicende di cronaca che anche con la somministrazione di tutte le dosi di vaccino fino ad oggi previste ed imposte, il soggetto può ugualmente contrarre il virus, e – parimenti ad un soggetto privo del certificato vaccinale – trasmetterlo a terzi, cosicchè sarà contagiato e potrà contagiare (cfr. news da salute.gov : FALSO: Se ho fatto il vaccino contro Sars-CoV-2 e anche il richiamo con la terza dose non posso ammalarmi di Covid-19 e non posso trasmettere l’infezione agli altri; VERO: La vaccinazione contro Sars-CoV-2 diminuisce drasticamente il rischio di sviluppare forme gravi della malattia e riduce la necessità di ricovero ospedaliero. In molti casi la vaccinazione è efficace anche nella prevenzione dell’acquisizione dell’infezione e/o della sua trasmissione ad altre persone ma non in tutti. Pertanto, al momento anche le persone vaccinate devono continuare ad adottare le misure di protezione anti-COVID-19. – aggiornamento al 09.02.2022)

Si aggiungano, inoltre, le incessanti contraddizioni provenienti dalle Autorità deputate alla tutela della salute della popolazione.

Non si dimenticherà, del resto, che all’inizio della campagna vaccinale, a gennaio 2021, fu salutato con grande entusiasmo l’arrivo del vaccino di più case farmaceutiche, arrivando sino ad affermare che avrebbe garantito l’immunità per anni (in Italia, l’articolo, di maggio 2021, è stato ripreso da più testate giornalistiche e da siti dell’ordine dei medici), salvo poi scoprire con l’amaro in bocca a marzo 2021 in diretta tv dal Ministro Giovannetti che anche laddove tutta la popolazione si fosse vaccinata, le misure anticontagio (mascherina e distanziamento) non sarebbero scomparse, affermando, di fronte allo sgomento dei presenti che «Il vaccino non evita il contagio, non si risolve vaccinando tutti».

4.2.1. Le contrastanti comunicazioni diffuse dalle Autorità preposte alla tutela della salute pubblica

Nel corso di questi mesi abbiamo, quindi, assistito a continue conferme e smentite da parte del Ministero della Salute, dell’Ema e dell’Aifa.

Non sfuggirà come originariamente fossero previste (solo) due dosi (una, per il vaccino Johnson&Johnson) e le circolari del Ministero della Salute del I semestre del 2021 afferma(va)no che “il ciclo vaccinale comprende due dosi”.

In particolare:

– per i vaccini Astrazeneca, Moderna e Pfizer, nella Circolare del Ministero della salute del 14.01.2021 si sostiene che “Il ciclo vaccinale comprende due dosi (da 0,5 ml ciascuna) a distanza di 28 giorni l’una dall’altra. I soggetti vaccinati potrebbero non essere completamente protetti fino a 14 giorni dopo aver ricevuto la seconda dose.”. Il ciclo vaccinale è dunque completo con la seconda dose.

– nel Parere Aifa del 09 aprile 2021: “Si ribadisce che per ottenere una protezione ottimale è necessario completare il ciclo di vaccinazione con la seconda dose.”

– Addirittura, con il vaccino Johnson & Johnson è prevista una sola dose. La Circolare del Ministero della Salute del 21 aprile 2021 avente ad “OGGETTO: Aggiornamento vaccini disponibili contro SARS-CoV-2/COVID-19 e aggiornamento note informative del consenso”, afferma “In data 11 Marzo 2021 la European Medicine Agency (EMA) ha autorizzato il vaccino contro SARS- CoV-2/COVID-19, denominato COVID 19 VACCINE JANSSEN (Azienda Janssen-Cilag International NV, del gruppo Johnson & Johnson) e l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) lo ha approvato giorno seguente. Dopo l’approvazione del vaccino COMIRNATY (Pfizer/Biontech), del vaccino COVID-19 VACCINE MODERNA (Moderna) e del vaccino VAXZEVRIA (AstraZeneca), quello di Johnson & Johnson è il quarto vaccino contro SARS-CoV-2/COVID-19 che ha ricevuto da parte di EMA la raccomandazione per l’autorizzazione all’immissione in commercio condizionata. COVID 19 VACCINE JANSSEN è indicato per l’immunizzazione attiva nella prevenzione della malattia da nuovo coronavirus (COVID-19), causata dal virus SARS-CoV-2, in soggetti di età pari o superiore a 18 anni (per le raccomandazioni specifiche si veda oltre); viene somministrato come singola dose da 0,5 mL esclusivamente mediante iniezione per via intramuscolare, preferibilmente nel muscolo deltoide del braccio.

– viene raccomandato il vaccino Astrazeneca agli under 65 con la Circolare del Ministero della Salute del 23.02.2021 che recita “si rappresenta la possibilità di utilizzo del vaccino COVID-19 VACCINE ASTRAZENECA nella fascia di età compresa tra i 18 e i 65 anni (coorte 1956), ad eccezione dei soggetti estremamente vulnerabili. Tali indicazioni, secondo il gruppo di lavoro permanente su SARS-CoV-2, sono rafforzate da nuove evidenze scientifiche che riportano stime di efficacia del vaccino superiori a quelle precedentemente riportate, e dati di immunogenicità in soggetti di età superiore ai 55 anni, nonché nuove raccomandazioni internazionali tra cui il parere del gruppo SAGE dell’OMS.

Pertanto relativamente alla categoria 6 del documento “Raccomandazioni ad interim sui gruppi target della vaccinazione anti-SARS-CoV-2/COVID-19, agg.to 8 febbraio 2021” il vaccino COVID-19 VACCINE ASTRAZENECA può essere offerto fino ai 65 anni (coorte 1956) compresi i soggetti con condizioni che possono aumentare il rischio di sviluppare forme severe di COVID-19 senza quella connotazione di gravità riportata per le persone definite estremamente vulnerabili. Ciò in attesa dell’aggiornamento del suddetto documento.”

– Salvo poi il cambio di rotta, a seguito degli effetti collaterali emersi, con la Circolare del 08.03.2021 per gli over 65: nella quale “Si fa seguito alla nota circolare protocollo n° 6830-22/02/2021-DGPRE e al parere del Consiglio Superiore di Sanità trasmesso con nota protocollo n° 00523-06/03/2021 in merito ad un possibile utilizzo del vaccino COVID-19 VACCINE ASTRAZENECA nei soggetti di età superiore ai 65 anni.

Ulteriori evidenze scientifiche resesi disponibili non solo confermano il profilo di sicurezza favorevole relativo al vaccino in oggetto, ma indicano che, anche nei soggetti di età superiore ai 65 anni, la somministrazione del vaccino di AstraZeneca è in grado d’indurre significativa protezione sia dallo sviluppo di patologia indotta da SARS-CoV-2, sia dalle forme gravi o addirittura fatali di COVID-19.

Sulle basi di tali considerazioni, anche in una prospettiva di sanità pubblica connotata da limitata disponibilità di dosi vaccinali e alla luce della necessità di conferire protezione a fasce di soggetti più esposti al rischio di sviluppare patologia grave o addirittura forme fatali di COVID-19, il gruppo di lavoro su SARS-CoV-2 del Consiglio Superiore di Sanità ha espresso parere favorevole a che il vaccino AstraZeneca possa essere somministrato anche ai soggetti di età superiore ai 65 anni.

Tale indicazione non è da intendersi applicabile ai soggetti identificati come estremamente vulnerabili in ragione di condizioni di immunodeficienza, primitiva o secondaria a trattamenti farmacologici o per patologia concomitante che aumenti considerevolmente il rischio di sviluppare forme fatali di COVID-19 (cfr. allegato 3 della nota protocollo 0005079-09/02/2021-DGPRE). In questi soggetti, si conferma l’indicazione a un uso preferenziale dei vaccini a RNA messaggero.”

– per poi aumentare dopo pochissimi mesi a tre dosi;

– inizialmente prevista solo per le categorie più fragili, con la circolare del Ministero della Salute del 14.09.2021.

– poi con la Circolare del 27.09.2021, gradualmente estesa alle seguenti categorie: soggetti di età ≥ 80; personale e ospiti dei presidi residenziali per anziani. In un momento successivo, una dose booster potrà essere altresì offerta agli esercenti le professioni sanitarie e operatori di interesse sanitario che svolgono le loro attività nelle strutture sanitarie, sociosanitarie e socio-assistenziali, pubbliche e private, nelle farmacie, parafarmacie e negli studi professionali, a partire dai soggetti di età ≥60 anni o con patologia concomitante tale da renderli vulnerabili a forme di COVID-19 grave o con elevato livello di esposizione all’infezione.;

con la Circolare del 11.11.2021, a partire dal 1° dicembre 2021 sarà altresì possibile procedere con la somministrazione della dose “booster”, con vaccino a m-RNA, anche ai soggetti di età compresa tra i 40 e i 59 anni ..omissis …purché siano trascorsi almeno sei mesi dal completamento del ciclo primario di vaccinazione

– a distanza di appena 11 giorni, con la Circolare del 22.11.2021, l’intervallo minimo previsto per la somministrazione della dose “booster” (di richiamo) con vaccino a m-RNA, ….omissis … è aggiornato a cinque mesi (150 giorni) dal completamento del ciclo primario di vaccinazione, indipendentemente dal vaccino precedentemente utilizzato.

– con successiva circolare del 25.11.2021, si trasmette la nota congiunta di Ministero della Salute, CSS, AIFA e ISS in allegato 1, relativa alla raccomandazione, a partire dal 1° dicembre 2021, della somministrazione della dose di richiamo (booster), nell’ambito della campagna di vaccinazione anti-SARS-CoV-2/COVID-19, anche ai soggetti a partire dai 18 anni di età

– con Circolare del 07.12.2021 è stato approvato l’estensione di indicazione di utilizzo del vaccino Comirnaty (BioNTech/Pfizer), nella specifica formulazione da 10 mcg/dose, per la fascia di età 5-11 anni ;

– con la seconda circolare n. 59207 del 24.12.2021, viene ridotto l’intervallo minimo di almeno quattro mesi (120 giorni) dal completamento del ciclo primario o dall’ultimo evento, sulla scorta del comunicato AIFA;

Il tutto nonostante:

– la stessa AIFA aveva originariamente escluso a settembre 2021 la necessità del booster per l’intera popolazione “la CTS ritiene che al momento non ci siano sufficienti evidenze per raccomandare in via prioritaria la somministrazione di una terza dose di vaccino nella popolazione generale.”;

– l’EMA abbia dato iniziato alla sperimentazione del booster sugli adolescenti a partire dal 07 febbraio 2022, ergo prima della note diffusa da AIFA e Ministero della Salute;

– il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie abbia dichiarato che la valutazione rischi-benefici non sia completa e la non necessità di un ulteriore richiamo per la fascia 12-17 anni;

– il responsabile per i vaccini dell’Ema, Marco Cavaleri, avesse dichiarato durante una conferenza stampa in collegamento da Amsterdam nel gennaio 2022 che “Non possiamo continuare con booster ogni 3-4 mesi“. “Non abbiamo ancora visto i dati sulla quarta dose di vaccino anti-Covid. Siamo abbastanza preoccupati per una strategia che preveda vaccinazioni ripetute in un lasso di tempo breve. Non possiamo continuare a dare dosi di richiamo ogni tre o quattro mesi“;

– tesi confermata anche durante il summit mondiale che si è tenuto sotto l’egida dell’International Coalition of Medicines Regulatory Authorities (Icmra) il 12 gennaio, è emerso che «la somministrazione di multiple dosi booster a brevi intervalli di tempo non è un approccio sostenibile a lungo termine». « È necessario sviluppare una strategia a lungo termine sui tipi di vaccini necessari per gestire Covid-19 in futuro».

– salvo, prevedere nel medesimo intervento dell’EMA la quarta dose per i fragili;

– mentre, al momento, è esclusa per la popolazione. L’Ema, ha affermato “non ci sono ancora prove sufficienti per raccomandare un secondo booster”, ossia una quarta dose. “Dobbiamo prima vedere l’efficacia degli attuali vaccini nel tempo”, sottolinea il responsabile dell’Agenzia Marco Cavaleri.

Ed infine, con la circolare del 20.02.2022 a seguito dell’autorizzazione dell’EMA e dell’Aifa, è stata raccomandata un’ulteriore somministrazione “come richiamo (booster) di un ciclo vaccinale primario articolato su tre dosi” – che inizialmente era invece previsto in sole due dosi; fermo restando che risulta fissata al 25 febbraio una riunione straordinaria della commissione tecnico scientifica dell’Aifa essere esaminata la possibilità di autorizzare la quarta dose del vaccino anti Covid ai soggetti fragili (fonte ANSA).

5. Conclusioni – l’antigiuridicità dei sacrifici previsti

Di fronte ad un simile quadro, in perenne evoluzione e continuo aggiornamento, dove gli organi deputati alla tutela della salute della collettività non sono in grado di assicurare una strada lineare, il cittadino comune non può che trovarsi confuso e sfiduciato.

La scienza è una materia in continua evoluzione e, proprio per il suo insito ed incessante cambiamento, deve soppesare accuratamente ogni possibile conseguenza.

Davanti alla moltitudine di provvedimenti e dichiarazioni, spesso contrastanti tra loro, molti sono i dubbi ancora irrisolti, e le poche certezze rimaste si affievoliscono.

Gli studi sull’immunità sono stati smentiti da 4 ripetizioni di dosi nell’arco di appena un anno; la non necessità di un richiamo è stata smentita a distanza di pochi giorni dalle stesse autorità che l’avevano escluso.

La stessa affermazione per cui la sollecitazione del sistema immunitario ne diminuisce la risposta immunitaria è stata smentita dall’applicazione immediata ai soggetti fragili, con un sistema immunitario già gravemente compromesso, il che espone questa strategia ad una duplice critica:

– da un lato, in assenza di studi approfonditi su come la reiterazione del vaccino potrebbe reagire ad altri medicinali presenti nell’organismo e quali effetti collaterali potrebbe avere una continua sollecitazione sui soggetti già debilitati, li espone a rischi ignoti;

– dall’altro, la logica imporrebbe che, dato il loro stato di salute precaria e in un’ottica di tutela delle persone più deboli e vulnerabili, siano le ultime ad essere esposte a farmaci di cui non si conoscono ancora gli effetti a lungo termine, e su cui la stessa scienza, come abbiamo visto sopra, rilascia dichiarazioni spesso contrastanti, dal momento che il corpo umano non è un programma informatico e, se subisce un danno, non può essere resettato e formattato.

Pertanto, in conseguenza, da un lato, del continuo mutamento delle raccomandazioni sanitarie; e, dall’altro, delle numerose violazioni dei principi costituzionali, si ritiene logico concludere che lo  strumento del green pass (rafforzato) e dell’obbligo vaccinale non trovi una sufficiente base giuridica,  per cui è auspicabile e impellente l’intervento della Corte Costituzionale sul punto.

Le settimane appena trascorse hanno visto del resto, proliferare numerose sentenze che, esprimendosi in senso contrario alle pronunce precedenti, manifestano profili di illegittimità della vigente normativa in tema di imposizione vaccinale.

È il caso dell’ordinanza n. 38 del 17 gennaio 2022 del Consiglio di giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana; dei decreti cautelari nn. 721, 724 e 726 del 2 febbraio 2022 del Tar Lazio, che hanno ripristinato le retribuzioni dei ricorrenti agenti di polizia penitenziaria non vaccinati;  del decreto cautelare n. 919 del 14 febbraio 2022 del Tar Lazio di sospensione di 26 provvedimenti nei confronti di militari inottemperanti all’obbligo vaccinale (consultabili sul sito https://www.giustizia-amministrativa.it, alla voce “Decisioni e pareri”); della sentenza n. 1842 dell’ 8.11.2021, depositata il 17 febbraio 2022,  del Tribunale di Pisa, Sezione Penale che ha dichiarato illegittimo il DPCM con cui è stati imposto il lockdown a marzo 2020; e, da ultimo, l’ordinanza cautelare del Tar Milano n. 192 del 14.2.2022 che ha rimesso alla Consulta la questione di legittimità costituzionale dell’obbligo vaccinale per i sanitari.

Le motivazioni dell’ordinanza di rimessione non risultano ancora pubblicate, ma, nel richiamare le ragioni sopra espresse, appare innegabile una grave ed irreparabile lesione dei diritti fondamentali, tali da poter consentire una pronuncia favorevole da parte della Consulta, anche alla luce del Doc. n. 15444 e n. 15212 (laddove al punto n. 7 sancisce: “With respect to ensuring high vaccine uptake:  7.3.1. ensure that citizens are informed that the vaccination is NOT mandatory and that no one is politically, socially, or otherwise pressured to get themselves vaccinated, if they do not wish to do so themselves; 7.3.2. ensure that no one is discriminated against for not having been vaccinated, due to possible health risks or not wanting to be vaccinated;  7.3.3. take early effective measures to counter misinformation, disinformation and hesitancy regarding Covid-19 vaccines; 7.3.4. distribute transparent information on the safety and possible side effects of vaccines, working with and regulating social media platforms to prevent the spread of misinformation”, ovvero: “garantire che i cittadini siano informati che la vaccinazione NON è obbligatoria e che nessuno è politicamente, socialmente o altrimenti sottoposto a pressioni per farsi vaccinare, se non lo desidera; 7.3.2. assicurarsi che nessuno sia discriminato per non essere stato vaccinato, per possibili rischi per la salute o per non volersi vaccinare”), della Raccomandazione n. 2222 e n. 2424 (laddove, al punto n. 9.4.3. afferma che i mandati di vaccinazione “non dovrebbero coprire i bambini fino a quando e a meno che non sia assicurata la completa sicurezza ed efficacia di tutti i vaccini messi a disposizione, con particolare attenzione al superiore interesse del bambino, in conformità alla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell’infanzia) assunta dal Consiglio d’europa nel gennaio 2022.

Nè, d’altronde può essere concepibile una gerarchia o prevaricazione tra diritti inviolabili della Costituzione.

Come affermato dall’attuale Ministro della Giustizia Marta Cartabia in occasione della presentazione della Relazione annuale sull’attività della Corte Costituzionale del 2019, «La nostra Costituzione non contempla un diritto speciale per lo stato di emergenza […]. Si tratta di una scelta consapevole. Nella Carta costituzionale non si rinvengono clausole di sospensione dei diritti fondamentali da attivarsi nei tempi eccezionali, né previsioni che in tempi di crisi consentano alterazioni nell’assetto dei poteri. La Costituzione, peraltro, non è insensibile al variare delle contingenze, all’eventualità che dirompano situazioni di emergenza, di crisi, o di straordinaria necessità e urgenza […]. La Repubblica ha attraversato varie situazioni di emergenza e di crisi – dagli anni della lotta armata a quelli più recenti della crisi economica e finanziaria – che sono stati affrontati senza mai sospendere l’ordine costituzionale, ma ravvisando al suo interno gli strumenti idonei a modulare i principi costituzionali in base alle specifiche contingenze: necessità, proporzionalità, bilanciamento, giustiziabilità e temporaneità sono i criteri con cui, secondo la giurisprudenza costituzionale, in ogni tempo deve attuarsi la tutela «sistemica e non frazionata» dei principi e dei diritti fondamentali garantiti dalla Costituzione, ponderando la tutela di ciascuno di essi con i relativi limiti».

La stessa Corte Costituzionale, con la sentenza n. 85/2015, ebbe modo di chiarire che “Tutti i diritti fondamentali tutelati dalla Costituzione si trovano in rapporto di integrazione reciproca e non è possibile pertanto individuare uno di essi che abbia la prevalenza assoluta sugli altri. La tutela deve essere sempre «sistemica e non frazionata in una serie di norme non coordinate ed in potenziale conflitto tra loro» (sentenza n. 264 del 2012). Se così non fosse, si verificherebbe l’illimitata espansione di uno dei diritti, che diverrebbe “tiranno” nei confronti delle altre situazioni giuridiche costituzionalmente riconosciute e protette, che costituiscono, nel loro insieme, espressione della dignità della persona.

Per le ragioni esposte, non si può condividere l’assunto del rimettente … secondo cui l’aggettivo «fondamentale», contenuto nell’art. 32 Cost., sarebbe rivelatore di un «carattere preminente» del diritto alla salute rispetto a tutti i diritti della persona. Né la definizione data da questa Corte dell’ambiente e della salute come «valori primari» (sentenza n. 365 del 1993, citata dal rimettente) implica una “rigida” gerarchia tra diritti fondamentali. La Costituzione italiana, come le altre Costituzioni democratiche e pluraliste contemporanee, richiede un continuo e vicendevole bilanciamento tra princìpi e diritti fondamentali, senza pretese di assolutezza per nessuno di essi. La qualificazione come “primari” dei valori dell’ambiente e della salute significa pertanto che gli stessi non possono essere sacrificati ad altri interessi, ancorché costituzionalmente tutelati, non già che gli stessi siano posti alla sommità di un ordine gerarchico assoluto. Il punto di equilibrio, proprio perché dinamico e non prefissato in anticipo, deve essere valutato – dal legislatore nella statuizione delle norme e dal giudice delle leggi in sede di controllo – secondo criteri di proporzionalità e di ragionevolezza, tali da non consentire un sacrificio del loro nucleo essenziale.”.

Principi che vengono espressi anche nella Dichiarazione Universale dei diritti dell’Uomo, in cui vengono riversati tutti i  diritti sopra citati, specificando, in chiusura, attraverso l’art. 30 che “Nulla nella presente Dichiarazione può essere interpretato nel senso di implicare un diritto di un qualsiasi Stato, gruppo o persona di esercitare un’attività o di compiere un atto mirante alla distruzione di alcuno dei diritti e delle libertà in essa enunciati.”

 

 

Cristina Malavolta

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