L’ uso pratico dell’ Art. 131 bis CP secondo la Giurisprudenza di legittimità: ridondanza inutile o garanzia rafforzata per l’ imputato ?
Il nodo problematico discusso in Cass., SS.UU., 25 febbraio 2016, n. 13682 è “ se la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, di cui all’ Art. 131 bis CP, sia compatibile con il reato di rifiuto di sottoporsi all’ accertamento alcoolimetrico previsto dall’ Art. 186 comma 7 Codice della strada “. Senza alcun dubbio, come precisato da Cass., sez. pen. III, 22 aprile 2015, n. 21474, la tenuità del fatto ex Art. 131 bis CP va sempre e comunque concretizzata e relativizzata nel contesto fattuale di ogni singola fattispecie delittuosa o contravventiva. Dunque, non esistono parametri assoluti ed onnicomprensivi, in tanto in quanto “ va compiuta una preliminare delibazione in ordine all’ applicabilità [ … ] del nuovo istituto [ di cui all’ Art. 131 bis CP ] sulla base degli elementi di giudizio disponibili, alla stregua delle risultanza processuali e della motivazione della decisione impugnata “ ( Cass., sez. pen. III, 22 aprile 2015, n. 21474 ). Pertanto, le griglie ermeneutiche predisposte nei cinque commi dell’ Art. 131 bis CP sono incompatibili con qualsivoglia automatismo algebrico, soprattutto perché il Magistrato di merito non è un calcolatore automatico, bensì un interprete che deve tener conto della situazione concreta, dettaglio dopo dettaglio, particolare dopo particolare, elemento dopo elemento. Tale concretizzazione è confermata pure da Cass., sez. pen. IV, 1 luglio 2015, n. 33821, la quale consente alla Suprema Corte di cassare con rinvio verso il giudice di merito solo e soltanto dopo un’ accurata analisi del contesto oggettivo e soggettivo potenzialmente connesso alla causa scriminante espressa dall’ Art. 131 bis CP. A tal proposito, è assai utile connettere l’ intero Art. 131 bis CP con i concetti di “ gravità del reato “ e di “ capacità a delinquere del colpevole “ espressi nei due commi dell’ Art. 133 CP. Quindi, come confermato da Cassazione 21474/2015 nonché da Cassazione 33821/2015, la “ particolare tenuità del fatto “ ex Art. 131 bis CP risulta essere una variabile da circostanziare in maniera accurata, senza la possibilità, formalistica ed anti-garantistica, di ricorrere a criteri esegetici assolutizzanti ed astraenti.
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Tuttavia, la regola generale sopra esposta incontra, in alcuni rari casi di evidenza assoluta dei fatti, l’ eccezione statuita dalla lett. l) Art. 620 Cpp, ai sensi della quale “ [ la Corte di Cassazione pronuncia sentenza di annullamento senza rinvio ] [ … ] in ogni altro caso in cui la Corte ritiene superfluo il rinvio, ovvero può essa medesima procedere alla determinazione della pena o dare i provvedimenti necessari “. In effetti, ma si tratta di eccezioni isolate, Cass., sez. pen. VI, 16 settembre 2015, n. 45073 parla di “ non punibilità [ ex Art. 131 bis CP ] quando risulti palese, nella sentenza impugnata, la ricorrenza dei presupposti oggettivi e soggettivi [ della particolare tenuità del fatto ex Art. 131 bis CP ] “. Oppure ancora, sempre eccezionalmente e sempre alla luce della lett. l) Art. 620 Cpp, Cass., sez. pen. V, 7 ottobre 2015, n. 48020 parla della possibilità di “ ritenere coerente la conclusione che il caso di specie debba essere ricondotto [ senza rinvio ] alla previsione di cui all’ Art. 131 bis CP “. In buona sostanza, la lett. l) Art. 620 Cpp reca alla dichiarazione di superfluità e di inutilità di un eventuale annullamento con rinvio. Dunque, la lett. l) Art. 620 Cpp comporta, almeno secondo un orientamento minoritario, l’ inutilità pleonastica dell’ utilizzo dell’ Art. 131 bis CP nonché dei criteri oggettivi ( comma 1 ) e soggettivi ( comma 2 ) espressi nell’ altrettanto imprescindibile Art. 133 CP. Questa supremazia della lett. l) Art. 620 Cpp è stata ribadita in Cass., SS.UU., 30 ottobre 2003, n. 22327, in Cass., SS.UU., 21 maggio 2003, n. 22327 nonché in Cass., sez. pen. II, 11 novembre 2010, n. 41461 ed in Cass., sez. pen. VI, 18 febbraio 2014, n. 9727. Trattasi di Precedenti nei quali sarebbe inutile ogni valutazione ex Art. 131 bis CP, vista e considerata la totale chiarezza della fattispecie giudicata ai sensi della lett. l) Art. 620 Cpp. . Esiste pure, in Cass., SS.UU., 25 gennaio 2005, n. 12283, il problema di coniugare l’ Art. 131 bis CP con le cause di non punibilità di cui all’ Art. 129 Cpp, che dispone l’ immediata declaratoria, senza rinvio, di determinate cause di non punibilità. In realtà, Cass., SS.UU., 25 gennaio 2005, n. 12283, a parere di chi redige, non confligge per nulla con i criteri di esclusione della punibilità enunziati nell’ Art. 131 bis CP. In effetti, Cass., SS.UU., 25 gennaio 2005, n. 12283 specifica che la lett. l) Art. 620 Cpp “ attribuisce al giudice un potere di giudizio ulteriore ed autonomo rispetto a quello già riconosciutogli [ ex Art. 131 bis CP ] dalle specifiche norme che regolano l’ epilogo proscioglitivo nella varie fasi e nei diversi gradi del processo “.
Probabilmente, sotto il profilo della Prassi quotidiana, la lett. l) Art. 620 Cpp si pone come una ridondanza nei confronti dell’ Art. 131 bis CP, ma, non sussistendo alcuna antinomia, il risultato è semplicemente quello di un positivo e non certo deplorabile rafforzamento delle tutele garantistiche ex Art. 111 Cost. nei confronti del reo. Le antinomie costituiscono un problema vero, mentre le semplici ridondanze non incidono sulla Prassi, e ciò vale anche nell’ ambito del rapporto precettivo tra l’ Art. 131 bis CP e la lett. l) Art. 620 Cpp .
I requisiti oggettivi e soggettivi ( tipici ) che consentono l’ applicabilità dell’ Art. 131 bis CP. Ovvero: non esistono reati a pericolosità astratta
In maniera fin troppo ermetica, Cass., SS.UU., 25 febbraio 2016, n. 13682 asserisce che “[ la tematica dell’ Art. 131 bis CP ] non può essere esaminata in astratto, ma richiede di partire dal dato testuale. Occorre considerare che il Legislatore ha limitato il campo d’ applicazione del nuovo istituto in relazione alla gravità del reato, desunta dalla pena edittale massima; ed alla non abitualità del comportamento [ … ] il fatto particolarmente tenue va individuato alla stregua di caratteri riconducibili a tre categorie di indicatori: le modalità della condotta, l’ esiguità del danno o del pericolo, il grado della colpevolezza [ … ]. Non coglie nel segno e pecca di astrattezza chi lega il nuovo istituto soltanto al principio di offensività “.
Senza dubbio, anche nell’ interpretazione dell’ Art. 131 bis CP, la Giurisprudenza di legittimità nega la rilevanza penale dei fatti non offensivi sotto il profilo giuridico, oppure, ex Art. 49 CP comma 2, “ la punibilità è altresì esclusa quando, per l’ inidoneità dell’ azione o per l’ inesistenza dell’ oggetto di essa, è impossibile l’ evento dannoso o pericoloso “ ( comma 2 Art. 49 CP ). In effetti, sarebbe incostituzionale e non proporzionato riconoscere un’ eventuale rilevanza penalistica a fattispecie che non generano né un danno concreto né un pericolo degno di una reazione ordinamentale repressiva, punitiva, dunque rieducativa. Asserire la potenziale sussistenza di reati astrattamente pericolosi significherebbe stravolgere anti-democraticamente l’ Art. 13 Cost., senza contare le dannose ripercussioni di un tale approccio sull’ utilizzo corretto e legittimo della forza pubblica. A tal proposito, Cass., SS.UU., 18 luglio 2013, n. 40354 nega la rilevanza penale delle infrazioni a-tipicamente offensive od astrattamente pericolose, giacché le Norme penali “ sono applicabili solo ai fatti concretamente offensivi o offensivi in misura apprezzabile. I beni giuridici e la loro offesa costituiscono la chiave per un’ interpretazione teleologica dei fatti che renda visibile la specifica offesa già contenuta nel tipo legale del fatto [ … ] I singoli tipi di reato vanno ricostruiti in conformità al principio di offensività [ … ] sicché si dovrà operare una scelta con l’ aiuto del criterio del bene giuridico, considerando [ ex comma 2 Art. 49 CP ] fuori dal tipo di fatto incriminato i comportamenti non offensivi dell’ interesse protetto [ … ]. E’ proprio il parametro valutativo di offensività che consente di individuare gli elementi fattuali dotati di tipicità, e di dare contenuto tangibile alle espressioni vaghe che spesso compaiono nelle formule legali “.
D’ altronde, nelle Motivazioni, Cass., SS.UU., 18 luglio 2013, n. 40354 mette in guardia da un Diritto Penale che modelli la tenuità del fatto sulla base di un danno o di un pericolo a-tipico o sociologicamente ancorché non giuridicamente tutelato dall’ Ordinamento. Negare il comma 2 Art. 49 CP significherebbe mettere in pericolo la ratio suprema dell’ inviolabilità della libertà personale, tutelata, direttamente, nell’ Art. 13 Cost. e, indirettamente, nell’ Art. 111 Cost. . Infatti, anche Cass., SS.UU., 25 febbraio 2016, n. 13682 precisa che “ il principio della [ concreta ] offensività attiene all’ essere o al non essere di un reato o di una sua circostanza “. Ogni altra diversa via ermeneutica lede gravemente il principio della tipicità e della certezza della Normazione giuspenalistica. Provvidenzialmente, l’ Art. 131 bis CP, a parere della Giurisprudenza di legittimità degli Anni Duemila, non viola la predetta ratio dell’ offensività anti-normativa concreta, reale, fattuale, tangibile, grave, pratica, quasi “ misurabile “.
Nel suo complesso, l’ Art. 131 bis CP esclude la punibilità, ma senza violare la regola empirica statuita nel comma 2 Art. 49 CP. Quindi, sotto il profilo procedurale, l’ Art. 131 bis CP non reca alla radicazione di Procedimenti Penali abnormi o palesemente irrituali. Oltretutto, la fedele e corretta tipicità penalistica dell’ Art. 131 bis CP viene confermata pure dallo stretto legame di tale dato normativo con i concetti di gravità del reato e di capacità a delinquere del colpevole ex Art. 133 CP. Ovverosia, come precisato da Cass., SS.UU., 25 febbraio 2016, n. 13682, l’ Art. 131 bis CP “ espunge dal circuito penale fatti marginali, che non mostrano bisogno di pena “, ma tale riduzionismo anti-giustizialista segue la regola dell’ inoffensività / offensività tipica ex comma 2 Art. 49 CP. Inoltre, nel suo insieme, l’ Art. 131 bis CP, insieme all’ espressamente correlato Art. 133 CP, contiene una serie equilibrata di pesi e contro-pesi, che non violano le radici costituzionali della concretezza e della stretta legalità non analogica che contraddistinguono il tradizionale Diritto Penale sostanziale europeo post-napoleonico. L’ importante, de jure condendo, anche nel caso del nuovo Art. 131 bis CP, è stata la conformità alla natura tipica della Normativa penale. Viceversa, un’ eventuale estensibilità per analogia avrebbe recato a situazioni anti-costituzionali disastrose e senz’ altro imbarazzanti per gli interpreti e gli operatori del Diritto.
Il valore della personalizzazione della pena nell’ Art. 131 bis CP. Il Diritto Penale non è mai matematicamente rigoristico e formalistico
Vale la pena di notare che nell’ Art. 131 bis CP, specialmente nei commi 1 e 3, le “ modalità della condotta “ sono intese in senso qualitativo più che fattuale-matematico. Basti pensare, nel comma 1 Art. 131 bis CP, al rinvio espresso all’ Art. 133 CP, che costituisce un vero e proprio emblema di personalizzazione del fatto delittuoso, il quale, nell’ Art. 131 bis CP, è costantemente inserito nel solco di un’ analisi personologica lodevolmente prodromica a quelle che saranno, in caso di condanna, le esigenze trattamentali individuali ed individualizzate ex comma 3 Art. 27 Cost. . In effetti, nei commi 1 e 3 Art. 131 bis CP, il Legislatore ha inteso soffermarsi sulla valutazione dell’ abitualità o, viceversa, dell’ episodicità dell’ evento infrattivo e ciò manifesta ancor di più, nell’ Art. 131 bis CP, e, più latamente, in tutto il Diritto Penale, la prevalenza del criterio ermeneutico qualitativo rispetto a quello quantitativo-materiale. Ovverosia, nel solco riabilitativo del comma 3 Art. 27 Cost., ciò che veramente importa è l’ individualizzazione del trattamento rieducativo e, per conseguenza, anche l’ attenzione del Legislatore, de jure condendo, si è focalizzata su aspetti soggettivistici e antropo-centrici come l’ abitualità e le modalità dell’ infrazione. Il Diritto Penale, anche nel caso dell’ Art. 131 bis CP, contestualizza, concretizza, fattualizza e, in maniera tutt’ altro che algebrica, attaglia il nudo e crudo dato normativo alle condizioni psicologiche, abitative, familiari, educative ed individuali del reo. Dunque, le sanzioni ex Art. 131 bis CP non costituiscono una conseguenza imprevedibile calata dall’ alto da un’ arrogante sapienza giuridica, in tanto in quanto la variabile delle “ modalità “ consente di personalizzare il dettato normativo, nel tentativo di rispettare le esigenze personali del reo, il cui carattere rimane unico ed irripetibile, anche nell’ ambito di un contesto anti-giuridico ed anti-sociale. In tale ottica senza dubbio non-generalistica, Cass., SS.UU., 25 febbraio 2016, n. 13682 asserisce, con una lodevole lucidità, che “ si è qui dentro la distinzione tra fatto legale, tipico, e fatto storico, situazione reale ed irripetibile costituita da tutti gli elementi del fatto concretamente realizzato dall’ agente, secondo l’ insegnamento espresso nella pagina fondativa del fatto nella teoria generale del reato. Ed è chiaro che la novella [ dell’ Art. 131 bis CP ] intende, per l’ appunto, riferirsi alla connotazione storica della condotta, essendo in questione non la [ sola ] conformità al tipo, bensì l’ entità del suo complessivo disvalore “.
Questa instancabile contestualizzazione dei fatti illeciti rinviene conferma nel richiamo all’ Art. 133 CP, contenuto nel comma 1 Art. 131 bis CP . Dunque, “ il giudice deve tener conto della gravità del reato, desunta dalla natura, dalla specie, dai mezzi, dall’ oggetto, dal tempo, dal luogo e da ogni altra modalità dell’ azione, dalla gravità del danno o del pericolo cagionato alla persona offesa dal reato, dall’ intensità del dolo o dal grado della colpa “ ( comma 1 Art. 133 CP ). Similmente, il binomio Art. 131 bis CP – Art. 133 CP tiene conto, sotto il profilo personalistico, “ della capacità a delinquere del colpevole, desunta dai motivi a delinquere, dal carattere del reo, dai precedenti penali e giudiziari e, in genere, dalla condotta contemporanea e susseguente al reato, dalle condizioni di vita individuale, familiare e sociale del reo “ ( comma 2 Art. 133 CP ). Come si può notare, il rinvio espresso all’ Art. 133 CP agevola la concretizzazione della “ esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto “ prevista nell’ Art. 131 bis CP dopo la novellazione del DLVO n. 28/2015. Nulla è matematicamente asettico nell’ Art. 131 bis CP. Nulla è spersonalizzato in vista delle esigenze trattamentali ex comma 3 Art. 27 Cost. . A tal proposito, la storica ed ormai basilare Sentenza contenuta in Cass., SS.UU., 25 febbraio 2016, n. 13682 ha affermato che “ come ormai comunemente ritenuto, anche l’ elemento soggettivo del reato penetra nella tipicità oggettiva “. Il che non può valere nel contesto della formalistica e rigoristica Procedura Civile. D’ altronde, gli stessi Artt. 13 e 111 Cost. presuppongono un’ accurata osservazione personologica, come statuito nei tecnicamente e pragmaticamente inscindibili Artt. 131 bis e 133 CP. Anche nei Lavori Preparatori del DLVO n. 28/2015, la Commissione parlamentare ha sostenuto che “ occorrono [ nell’ Art. 131 bis CP ] valutazioni anche di natura soggettiva sul grado della colpa e sull’ intensità del dolo [ … ]. Essendo richiesta la ponderazione della colpevolezza in termini di esiguità e quindi la sua graduazione, è del tutto naturale che il giudice sia chiamato ad un apprezzamento di tutte le rilevanti contingenze che caratterizzano ciascuna vicenda concreta ed in specie di quelle afferenti alla condotta “. Dunque, il comma 1 Art. 131 bis CP, nel richiamare in forma espressa l’ Art. 133 CP, manifesta un’ encomiabile sensibilità criminologica e psicologico-forense, che reca ad un approccio più umano e più circostanziato nel confronti del responsabile di infrazioni bagatellari, specialmente con afferenza al giovane adulto, al tossicomane non cronico ed all’ incensurato agente per dolo d’ impeto e senza premeditazione. Altrettanto giustamente, i Lavori Preparatori del DLVO n. 28/2015 parlano di una “ concezione gradualistica del reato “, la quale confligge apertamente con il neo-retribuzionismo favorevole al fuorviante concetto di pena esemplare. La tenuità non punibile del fatto costituisce un importante argine alle derive giustizialistiche, come insegna l’ orribile fallimento della Giuspenalistica statunitense contemporanea. Il Diritto Penale non ha il volto di uno spietato giustiziere temibile ed oltranzista, che de-contestualizza sempre e comunque le fattispecie criminose
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