A seguito dei numerosi episodi di violenza contro persone lesbiche, gay, bisessuali e transessuali (LGBT) è stata presentata, il 15 marzo 2013, il ddl n.145 (c.d. ddl “Scalfarotto”).
La violenza omofobica e trans fobica è un genere particolare di violenza poiché dettata sostanzialmente dalla particolarità dell’orientamento sessuale. I proponenti hanno ritenuto sufficiente ai fini del contrasto di questo genere di violenze introdurre una circostanza aggravante nella legge Mancino, estendendo quindi i reati da essa sanzionati anche alle discriminazioni fondate sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere. È ovvio che non tutti i comportamenti potranno rientrare nella fattispecie dell’omofobia. Il bene giuridico tutelato sarà infatti ben individuato, rispettando:
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il principio dell’offensività: la condotta deve essere idonea a ledere o a porre in pericolo il bene giuridico tutelato;
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verificarsi di un comportamento che non sia una semplice manifestazione di pensiero: la legge Mancino, infatti, sanziona l’istigazione a commettere una discriminazione o una violenza e non punisce la mera opinione, anche qualora essa si dimostrasse espressione di un pregiudizio. Spetterà al giudice valutare di volta in volta il caso in esame e a disegnare il confine tra pregiudizio e discriminazione.
La proposta di legge prevede 8 articoli:
L’art . 1 definisce, ai fini della legge penale, il concetto di identità sessuale (la quale comprende anche l’identità di genere e il ruolo di genere);
L’art. 2 reintroduce le sanzioni in luogo ai comportamenti di propaganda, diffusione e istigazione, fondati su idee di superiorità e odio. Sono previste pene differenti in base alla gravità della condotta adottata;
L’art. 3 coordina articoli e rubriche della L.205/1993 con il contenuto del disegno di legge;
L’art. 4 modifica l’art. 1 della L. 205/1993 disponendo l’obbligo per il Tribunale di applicare in caso di condanna, non solo eventualmente come previsto in precedenza, la sanzione accessoria dell’attività non retribuita a favore della collettività, che dovrà essere svolta dal condannato presso associazioni LGBT;
L’art. 5 dispone che il giudice consideri prevalente la circostanza aggravante rispetto alle circostanze attenuanti riconoscibili al condannato (nel testo vigente è, invece, si prevede che le aggravanti non possano essere considerate equivalenti o prevalenti rispetto alle attenuanti).
Nel corso di un procedimento penale presso il Tribunale penale di Trieste, in fase dibattimentale, il giudice ha disposto con ordinanza il rinvio degli atti alla Procura, riqualificando i fatti di reato e ritenendo che “nel caso di specie, debba essere riconosciuta la circostanza aggravante di cui all’art. 3 c. 1 della L. 205/1993 (c.d. “Mancino)”. Infatti, scopo del Legislatore nel redigere la norma in questione non poteva che essere quello di punire con maggiore severità tutti i comportamenti finalizzati a creare discriminazione ovvero odio. Secondo questa interpretazione cambierebbe non solo il reato ma anche la struttura del procedimento penale al quale verrebbe sottoposta la persona soggetta a processo. Con l’aggravante il processo diviene procedibile d’ufficio e con ciò si arriverà necessariamente a sentenza, senza possibilità delle parti di giungere ad accordo.
Perché sanzionare l’omofobia e la trans fobia attraverso una estensione di una legge vigente e non attraverso l’introduzione di una nuova legge specifica?
Quando entrò in vigore il D.L. 122/1993 (poi convertito in legge, con modificazioni, con la L. 205/1993) copriva solo i reati connessi all’etnia e alla razza ma successivamente si decise di estendere la tutela anche alle minoranze linguistiche, alla comunità ebraica e al credo religioso (dunque a tutte le minoranze potenzialmente a rischio). Con l’adozione di una nuova legge si rischierebbe la sottoposizione ad una ulteriore discriminazione o di andare a nascondere una discriminazione. In nome dell’uguaglianza, il ddl 145/2013 sembra essere la proposta più adeguata fino ad ora presentata.
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