Riforma Cartabia: la Cassazione sulla riduzione della pena ex art. 442, comma 2-bis c.p.p.

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La Corte di Cassazione, con una recente sentenza (n. 51180 del 21 dicembre 2023) ha chiarito che la riduzione della pena a seguito di rito abbreviato spetta solo nel caso di radicale mancanza dell’impugnazione e non anche nel caso di rinuncia all’impugnazione proposta.

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Corte di Cassazione – Sez. I Pen. – Sent. n. 51180 del 21/12/2023

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Indice

1. I fatti

Il chiarimento della Corte di Cassazione è giunto in seguito all’impugnazione presentata dall’imputato dell’ordinanza emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Salerno, giudice dell’esecuzione, che ha rigettato l’istanza volta all’ottenimento della riduzione di un sesto, ai sensi dell’art. 442, comma 2-bis, cod. proc. pen., della pena irrogata con la sentenza emessa dallo stesso giudice, impugnata innanzi alla Corte di appello di Salerno con appello dichiarato inammissibile per rinuncia.
Sebbene tale rinuncia fosse stata motivata con la volontà di ottenere la suddetta riduzione di pena, il giudice dell’esecuzione ha considerato escluso il caso della rinuncia dopo la proposizione dell’appello dal perimetro dell’ipotesi premiale introdotta con il d. lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 (Riforma Cartabia).
L’imputato ha chiesto l’annullamento dell’ordinanza sulla base di un unico motivo con cui lamenta l’erronea applicazione dell’art. 442, comma 2-bis, cod. proc. pen. e la manifesta illogicità della motivazione.
Per completezza, la norma in oggetto dispone che quando né l’imputato, né il suo difensore hanno proposto impugnazione contro la sentenza di condanna, la pena inflitta è ulteriormente ridotta di un sesto dal giudice dell’esecuzione.

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2. Riduzione della pena ex art. 442, comma 2-bis c.p.p.: l’analisi della Cassazione

La Corte di Cassazione analizza la questione partendo dall’interpretazione della norma, evidenziando che essa ricollega la riduzione della pena per la frazione di un sesto alla constatazione della mancata impugnazione da parte dell’imputato della sentenza di condanna emessa dal giudice di primo grado, di guisa che al momento della susseguente maturazione dell’irrevocabilità della stessa decisione si perfeziona la fattispecie idonea a innescare la riduzione di pena prevista dall’ordinamento.
Ad avviso della Corte, il presupposto della mancata impugnazione nel caso in esame è stato ritenuto mancante, in quanto, prima dell’entrata in vigore del d. lgs. n. 150 del 2022, l’imputato aveva impugnato la sentenza emessa in primo grado dal Gip e, successivamente, aveva rinunciato all’appello, per cui la Corte di appello aveva poi dichiarato inammissibile l’impugnazione.
Dunque, il ragionamento del giudice dell’esecuzione non è soggetto a censura alcuna.
La Suprema Corte precisa che la condizione processuale che consente l’applicazione dell’art. 442, comma 2-bis cod. proc. pen. è costituita dall’irrevocabilità della sentenza per mancata impugnazione ed essa, in quanto soggetto al principio del tempus regit actum, è ravvisabile solo rispetto a sentenze di primo grado divenute irrevocabili dopo l’entrata in vigore della Riforma Cartabia, pur se pronunciate antecedentemente.
La ratio dell’intervento riformatore si rinviene nel perseguimento dello scopo di ridurre la durata del procedimento penale, favorendo la definizione della causa dopo l’emissione della sentenza di primo grado.
Infatti la Corte osserva che è “la radicale mancanza dell’impugnazione – e soltanto essa – che determinando l’effetto deflattivo perseguito, integra il presupposto necessario per fruire della riduzione ulteriore della pena contemplata dal comma 2-bis della norma“.

3. La decisione della Cassazione

Alla luce di quanto finora esposto, la Corte di Cassazione ha ritenuto non fondato il ricorso presentato.
La Suprema Corte sottolinea che “alla mancata impugnazione non può equipararsi la rinuncia all’impugnazione già proposta, poiché essa – non determinando l’effetto pienamente deflattivo perseguito dal riformatore – non è stata ritenuta condizione adeguata ad assicurare all’imputato rinunciante il conseguimento del beneficio in esame“.
Individuata così la ragione fondante l’introduzione della riduzione di pena oggetto di esame, si coglie anche l’ulteriore connotazione della situazione legittimante l’attribuzione dell’incentivo premiale, ossia il conseguimento dell’irrevocabilità della sentenza per mancata impugnazione in data successiva all’entrata in vigore del d. lgs. n. 150 del 2022.
Inoltre, “si è, anche in merito questo aspetto, considerato in modo condivisibile che la situazione legittimante la riduzione, in quanto soggetta al principio del tempus regit actum, è ravvisabile soltanto con riferimento alle sentenze di primo grado divenute irrevocabili dopo l’entrata in vigore della norma istitutiva della peculiare diminuente, anche se tali sentenze siano state emesse in tempo antecedente“.
La Corte ha, dunque, rigettato il ricorso condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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Riccardo Polito

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