Riforma Cartabia: il “nuovo” art. 175-bis c.p.p.

Come abbia visto in precedenti scritti, sempre editi su diritto.it, uno dei punti maggiormente qualificanti la riforma Cartabia, riguarda proprio il sistema della digitalizzazione attraverso il quale procedere al deposito telematico degli atti giudiziari.
Orbene, ad avviso di chi scrive, in modo del tutto condivisibile, il legislatore ha preveduto un’apposita norma procedurale deputata a regolamentare i casi in cui vi sia un malfunzionamento dei sistemi informatici dei domini del Ministero della giustizia, vale a dire l’art. 175-bis cod. proc. pen., introdotta dall’ art. 11, co. 1, lett. c), d.lgs., 10/10/2022, n. 150
Scopo del presente scritto, dunque, è quello di vedere cosa contempla siffatto precetto normativo.
Per approfondire consigliamo il volume: Formulario Annotato del Processo Penale dopo la Riforma Cartabia

Indice

1. I commi primo e secondo


La prima ipotesi di malfunzionamento “(disciplinata ai commi 1 e 2 della nuova disposizione), riguarda il malfunzionamento c.d. certificato, ovvero le ipotesi di malfunzionamento generalizzato dei domini del Ministero della giustizia: in tal caso il malfunzionamento è certificato dal direttore generale per i servizi informativi automatizzati del Ministero della giustizia, attestato sul portale dei servizi telematici del Ministero della giustizia e comunicato dal dirigente dell’ufficio giudiziario, con modalità tali da assicurarne la tempestiva conoscibilità ai soggetti interessati; con le medesime modalità viene accertato, attestato e comunicato il ripristino del corretto funzionamento” (così: la relazione illustrativa).
Nel dettaglio, se nel primo comma è stabilito che il “malfunzionamento dei sistemi informatici dei domini del Ministero della giustizia è certificato dal direttore generale per i servizi informativi automatizzati del Ministero della giustizia, attestato sul portale dei servizi telematici del Ministero della giustizia e comunicato dal dirigente dell’ufficio giudiziario, con modalità tali da assicurarne la tempestiva conoscibilità ai soggetti interessati” (primo periodo) e il “ripristino del corretto funzionamento è certificato, attestato e comunicato con le medesime modalità” (secondo periodo), nel secondo comma, invece, è disposto che le “certificazioni, attestazioni e comunicazioni di cui al comma 1 contengono l’indicazione della data e, ove risulti, dell’orario dell’inizio e della fine del malfunzionamento, registrati, in relazione a ciascun settore interessato, dal direttore generale per i servizi informativi del Ministero della giustizia”.
Dunque, non solo è richiesto che si certifichi, da parte del direttore generale per i servizi informativi automatizzati del Ministero della giustizia, siffatto malfunzionamento e di tale circostanza siano resi edotti i soggetti interessati, ma è altresì necessario che anche il ripristino del corretto funzionamento avvenga con le medesime modalità, fermo restando che, nell’“ottica di garantire piena certezza intorno alla disfunzione tecnica, tutti questi adempimenti devono contenere l’indicazione della data, e, laddove risulti, dell’orario dell’inizio e della fine del problema” (M. GIALUZ, Per un processo penale più efficiente e giusto. Guida alla lettura della riforma Cartabia. Profili processuali, 2/11/2022, in sistema penale, p. 11).

2. Il comma quarto


“La seconda ipotesi, disciplinata dall’art. 175-bis, comma 4, cod. proc. pen., riguarda il malfunzionamento “non certificato”, ovvero quello che può verificarsi in relazione ad uno specifico ufficio giudiziario e/o in ambito locale, e che comunque sia tale da impedire, per un tempo più o meno consistente, l’utilizzo delle modalità telematiche: in tal caso, il malfunzionamento è accertato e attestato dal dirigente dell’ufficio, con indicazione analitica della data di inizio e di quella di cessazione del malfunzionamento” (Ufficio del Massimario presso la Suprema Corte di Cassazione, Rel. n. 2/2023 del 5/01/2023, p. 10).
Di conseguenza, anche per questo caso, è “previsto un onere di comunicazione da parte del dirigente, che, tuttavia, si intende assolto sol che le forme prescelte assicurino la tempestiva conoscibilità dei provvedimenti, indipendentemente dalla conoscenza effettiva degli stessi da parte di ciascun singolo operatore” (Ufficio del Massimario presso la Suprema Corte di Cassazione, op. cit., p. 10).


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3. Il comma terzo


Stante quanto preveduto dal comma terzo (“Nei casi di cui ai commi 1 e 2, a decorrere dall’inizio e sino alla fine del malfunzionamento dei sistemi informatici, atti e documenti sono redatti in forma di documento analogico e depositati con modalità non telematiche, fermo quanto disposto dagli articoli 110, comma 4, e 111-ter, comma 3”) e dal comma quarto (“La disposizione di cui al comma 3 si applica, altresì, nel caso di malfunzionamento del sistema non certificato ai sensi del comma 1, accertato ed attestato dal dirigente dell’ufficio giudiziario, e comunicato con modalità tali da assicurare la tempestiva conoscibilità ai soggetti interessati della data e, ove risulti, dell’orario dell’inizio e della fine del malfunzionamento”), in ambedue i casi suesposti, “durante tutto il periodo di malfunzionamento dei sistemi informatici, la novella opta per superare la disfunzione, prevedendo il deposito con modalità non telematiche degli atti e dei documenti redatti, eccezionalmente, in forma di documento analogico(art. 175-bis, comma 3, c.p.p.)” (M. GIALUZ, op. cit., p. 11), fermo restando che è, “ad ogni modo, sancito, per effetto del rinvio operato dalla previsione di nuovo conio agli artt. 110, comma 4[1] e 111-ter, comma 4[2], c.p.p., l’obbligo in capo all’ufficio giudiziario di provvedere alla celere conversione degli atti nella forma digitale” (M. GIALUZ, op. cit., p. 11).

4. Il comma quinto


Infine, il comma quinto, nello stabilire che, se “nel periodo di malfunzionamento certificato ai sensi dei commi 1 e 2 o accertato ai sensi del comma 4, scade un termine previsto a pena di decadenza, il pubblico ministero, le parti private e i difensori sono restituiti nel termine quando provino di essersi trovati, per caso fortuito o forza maggiore, nell’impossibilità di redigere o depositare tempestivamente l’atto ai sensi del comma 3”, “intende provvedere per i casi in cui la parte sia incorsa nella decadenza, senza fare ricorso alla tradizionale modalità analogica” (così: la relazione illustrativa).
Ebbene, per siffatte ipotesi, “sarà onere della parte che chiede di essere rimessa in termini dimostrare che ciò è avvenuto per caso fortuito o forza maggiore (si pensi, per esempio, al caso in cui non vi sia stata tempestiva comunicazione del malfunzionamento o al caso in cui, nonostante la tempestività delle comunicazioni, siano intervenuti altri fattori estranei che tuttavia rivestono la natura e le caratteristiche del caso fortuito o della forza maggiore previsti dall’articolo 175 c.p.p.)” (così: la relazione illustrativa).
Precisato ciò, va infine rilevato che la “disciplina operante sarà, in tali casi, quella prevista dal richiamato articolo 175 c.p.p.” (così: la relazione illustrativa): il secondo periodo di questo comma, difatti, dispone che si “applicano, in tal caso, le disposizioni dell’articolo 175” cod. proc. pen. che, a sua volta, come è noto, statuisce quanto sussegue: “1. Il pubblico ministero, le parti private e i difensori sono restituiti nel termine stabilito a pena di decadenza, se provano di non averlo potuto osservare per caso fortuito o per forza maggiore. La richiesta per la restituzione nel termine è presentata, a pena di decadenza, entro dieci giorni da quello nel quale è cessato il fatto costituente caso fortuito o forza maggiore. 2. L’imputato condannato con decreto penale, che non ha avuto tempestivamente effettiva conoscenza del provvedimento, è restituito, a sua richiesta, nel termine per proporre opposizione, salvo che vi abbia volontariamente rinunciato. 2.1. L’imputato giudicato in assenza e’ restituito, a sua richiesta, nel termine per proporre impugnazione, salvo che vi abbia volontariamente rinunciato, se, nei casi previsti dall’articolo 420-bis, commi 2 e 3, fornisce la prova di non aver avuto effettiva conoscenza della pendenza del processo e di non aver potuto proporre impugnazione nei termini senza sua colpa. 2-bis. La richiesta indicata ai ai commi 2 e 2.1 è presentata, a pena di decadenza, nel termine di trenta giorni da quello in cui l’imputato ha avuto effettiva conoscenza del provvedimento. In caso di estradizione dall’estero, il termine per la presentazione della richiesta decorre dalla consegna del condannato. 3. La restituzione non può essere concessa più di una volta per ciascuna parte in ciascun grado del procedimento. 4. Sulla richiesta decide con ordinanza il giudice che procede al tempo della presentazione della stessa. Prima dell’esercizio dell’azione penale provvede il giudice per le indagini preliminari. Se sono stati pronunciati sentenza o decreto di condanna, decide il giudice che sarebbe competente sulla impugnazione o sulla opposizione. 5. L’ordinanza che concede la restituzione nel termine per la proposizione della impugnazione o della opposizione può essere impugnata solo con la sentenza che decide sulla impugnazione o sulla opposizione. 6. Contro l’ordinanza che respinge la richiesta di restituzione nel termine può essere proposto ricorso per cassazione. 7. Quando accoglie la richiesta di restituzione nel termine per proporre impugnazione, il giudice, se occorre, ordina la scarcerazione dell’imputato detenuto e adotta tutti i provvedimenti necessari per far cessare gli effetti determinati dalla scadenza del termine.8. Se la restituzione nel termine è concessa a norma del comma 2, non si tiene conto, ai fini della prescrizione del reato, del tempo intercorso tra la notificazione della sentenza contumaciale o del decreto di condanna e la notificazione alla parte dell’avviso di deposito dell’ordinanza che concede la restituzione. 8-bis. Se la restituzione nel termine e’ concessa a norma del comma 2.1, non si tiene conto, ai fini della improcedibilità di cui all’articolo 344-bis, del tempo intercorso tra il novantesimo giorno successivo alla scadenza del termine previsto dall’articolo 544, come eventualmente prorogato ai sensi dell’articolo 154 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del presente codice, e la notificazione alla parte dell’avviso di deposito dell’ordinanza che concede la restituzione”.

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  1. [1]

    Ai sensi del quale: “Gli atti redatti in forma di documento analogico sono convertiti senza ritardo in copia informatica ad opera dell’ufficio che li ha formati o ricevuti, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la redazione, la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione degli atti e dei documenti informatici”.

  2. [2]

    Secondo cui: “Le copie informatiche, anche per immagine, degli atti e dei documenti processuali redatti in forma di documento analogico, presenti nei fascicoli informatici, equivalgono all’originale anche se prive della firma digitale di attestazione di conformità all’originale”.

Avv. Di Tullio D’Elisiis Antonio

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