La riforma Cartabia introduce il rinvio pregiudiziale alla Corte di Cassazione per la decisione sulla competenza per territorio: vediamo in cosa consiste
L’art. 4 del d.lgs., 10/10/2022, n. 150 introduce un nuovo istituto processualpenalistico, vale a dire il rinvio pregiudiziale alla Corte di Cassazione per la decisione sulla competenza per territorio.
Ebbene, scopo del presente scritto è quello di procedere una disamina di cosa prevede questo precetto normativo, limitandoci unicamente a rilevare, in questa fase introduttiva, come si tratta di un “un istituto fortemente innovativo, frutto dei suggerimenti della Commissione Lattanzi” (M. GIALUZ, Per un processo penale più efficiente e giusto. Guida alla lettura della riforma Cartabia. Profili processuali, 2/11/2022, in www.sistemapenale.it, p. 82) posto che è stato “tale consesso a proporre di dar vita a un meccanismo, ispirato a obiettivi di efficienza e di ragionevole durata, volto a porre il processo “in sicurezza” da questioni relative alla competenza” (M. GIALUZ, op. cit., p. 82) in quanto, con tale strumento, si sono voluti “«evitare casi, che si sono verificati, in cui l’incompetenza, tempestivamente eccepita, è stata riconosciuta fondata solo in Cassazione, con conseguente necessità di dover iniziare da capo il processo» (cfr. Commissione Lattanzi, Relazione finale e proposte di emendamenti al d.d.l. A.C. 2435, p. 40)” (M. GIALUZ, op. cit., p. 82).
Tale novità legislativa, quindi, è stata ritenuta apparire “congrua e funzionale alla speditezza del processo” (C.S.M., IV Commissione, seduta del 21 settembre del 2022, parere sul testo del decreto legislativo, approvato dal Consiglio dei Ministri nella riunione del 4 agosto 2022, concernente: Schema di decreto legislativo recante delega al governo per l’efficienza del processo penale nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari, p. 51).
Premesso ciò, non resta che esaminare cosa prevede questa nuova disposizione legislativa, in ordine a quanto ivi contemplato, comma per comma.
Indice
- 1. u003cstrongu003eI commi primo e sesto dell’art. 24-bis cod. proc. pen.u003c/strongu003e
- 2. u003cstrongu003eIl comma secondo dell’art. 24-bis cod. proc. pen.u003c/strongu003e
- 3. u003cstrongu003eIl comma terzo dell’art. 24-bis cod. proc. pen.u003c/strongu003e
- 4. u003cstrongu003eIl comma quarto dell’art. 24-bis cod. proc. pen.u003c/strongu003e
- 5. u003cstrongu003eIl comma quinto dell’art. 24-bis cod. proc. pen.u003c/strongu003e
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1. I commi primo e sesto dell’art. 24-bis cod. proc. pen.
L’art. 24-bis, co. 1, cod. proc. pen. dispone che, prima “della conclusione dell’udienza preliminare o, se questa manchi, entro il termine previsto dall’articolo 491, comma 1, la questione concernente la competenza per territorio può essere rimessa, anche di ufficio, alla Corte di cassazione” (primo periodo) fermo restando che entro lo stesso “termine previsto dall’articolo 491, comma 1, può essere altresì rimessa alla Corte di cassazione la questione concernente la competenza per territorio riproposta ai sensi dell’articolo 21, comma 2”, cod. proc. pen. (secondo periodo).
Dunque, siffatta previsione normativa, riproducendo i termini decadenziali previsti dall’art. 21 cod. proc. pen. [“prima della conclusione dell’udienza preliminare o, se questa manchi, entro il termine previsto dall’articolo 491, comma 1”, cod. proc. pen. (“Le questioni concernenti la competenza per territorio o per connessione, le nullità indicate nell’articolo 181 commi 2 e 3, la costituzione di parte civile, la citazione o l’intervento del responsabile civile e della persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria e l’intervento degli enti e delle associazioni previsti dall’articolo 91 sono precluse se non sono proposte subito dopo compiuto per la prima volta l’accertamento della costituzione delle parti e sono decise immediatamente”)], fa sì che vi sia, “per effetto della proposizione della tempestiva eccezione di incompetenza territoriale ovvero della sua rilevazione d’ufficio, un giudizio incidentale per la definizione della questione, senza che debba attendersi che il giudice dichiari con sentenza la sua incompetenza” (Ufficio del Massimario della Suprema Corte di Cassazione, Rel. n. 2/2023 del 5/01/2023, p. 190) fermo restando che, sempre entro il termine preveduto dall’art. 491, co. 1, cod. proc. pen., può essere altresì rimessa alla Corte di cassazione la questione concernente la competenza per territorio riproposta ai sensi dell’articolo 21, comma 2, cod. proc. pen. che, come è noto, prevede quanto segue: “L’incompetenza per territorio è rilevata o eccepita, a pena di decadenza, prima della conclusione dell’udienza preliminare o, se questa manchi, entro il termine previsto dall’articolo 491 comma 1. Entro quest’ultimo termine deve essere riproposta l’eccezione di incompetenza respinta nell’udienza preliminare”.
Ciò posto, a sua volta l’uso del verbo “può rimettere” e non “deve rimettere” lascia chiaramente intendere come non si tratti di un atto dovuto da parte dell’organo giudicante e, di conseguenza, “la possibilità di rimessione del procedimento alla Suprema Corte per la decisione sulla questione della competenza territoriale rientra nel potere del giudice procedente, non spettando alla iniziativa impugnatoria della parte” (Ufficio del Massimario della Suprema Corte di Cassazione, op. cit., p. 190) che comunque può ovviamente eccepirla, essendo la rilevabilità d’ufficio una eventualità, ma non l’unico presupposto in base al quale può essere azionato il meccanismo previsto dalla disposizione legislativa qui in commento (come trapela dall’uso delle parole “anche di ufficio”).
Ad ogni modo, vi è una preclusione per la parte che voglia proporre siffatta eccezione.
L’art. 24-bis, co. 6, cod. proc. pen., invero, dispone che la “parte che ha eccepito l’incompetenza per territorio, senza chiedere contestualmente la rimessione della decisione alla Corte di cassazione, non può più riproporre l’eccezione nel corso del procedimento”.
Quindi, la “formulazione dell’eccezione di incompetenza per territorio del giudice procedente deve essere associata alla contestuale richiesta di rimessione della questione alla decisione della Corte di cassazione, realizzandosi, in assenza, una preclusione per la riproposizione della questione nel corso del procedimento” (Ufficio del Massimario della Suprema Corte di Cassazione, op. cit., p. 192).
2. Il comma secondo dell’art. 24-bis cod. proc. pen.
Come evidenziato poco prima, per effetto della proposizione della tempestiva eccezione di incompetenza territoriale ovvero della sua rilevazione d’ufficio, ne scaturisce un giudizio incidentale per la definizione della questione, senza che debba attendersi che il giudice dichiari con sentenza la sua incompetenza.
Orbene, quanto appena esposto trova conferma nella previsione contenuta nel comma secondo dell’art. 24-bis cod. proc. pen., essendo ivi disposto che il “giudice, nei casi di cui al comma 1, pronuncia ordinanza con la quale rimette alla Corte di cassazione gli atti necessari alla risoluzione della questione, con l’indicazione delle parti e dei difensori”.
Il provvedimento, con cui è disposta la rimessione, la quale deve includere gli atti necessari alla risoluzione della questione, oltre che indicare le parti e i difensori, è l’ordinanza che, a sua volta, non può essere autonomamente impugnata non essendo previsto alcun rimedio impugnatorio avverso di esso.
Inoltre, in “assenza di una precisa indicazione degli effetti dell’ordinanza di rimessione sul procedimento, dovrebbe ritenersi applicabile la disciplina prevista dall’art. 30, comma 3, cod. proc. pen. per i casi di conflitto, che dispone che la relativa ordinanza di proposizione non produce effetto sospensivo, analogamente a quanto previsto per gli istituti della ricusazione (art. 37 cod. proc. pen.) e della rimessione (art. 47 cod. proc. pen.)” (Ufficio del Massimario della Suprema Corte di Cassazione, op. cit., p. 192).
Precisato ciò, invece, nel caso in cui il giudice non rimetta gli atti alla Cassazione, fermo restando che, anche in questo caso, non è previsto alcun rimedio impugnatorio avverso una decisione di questo genere, è stato sostenuto che “dovrebbe al riguardo ritenersi la sussistenza di un obbligo dell’immediata trasmissione degli atti alla Corte di cassazione, ai sensi del comma 2 della citata norma, esclusivamente ove sia astrattamente configurabile una situazione in cui vi siano due o più giudici che contemporaneamente prendono o rifiutano di prendere cognizione del medesimo fatto attribuito alla medesima persona” (Ufficio del Massimario della Suprema Corte di Cassazione, op. cit., p. 190) mentre, di contro, “qualora la parte si limiti a sollecitare il giudice affinché crei esso la situazione potenziale di conflitto, declinando la propria competenza, questo, ove non ritenga di aderire a tale sollecitazione, deve considerare l’atto alla stregua di una comune eccezione di incompetenza, ovvero di una generica richiesta formulata ai sensi dell’art. 121 cod. proc. pen.” (Ufficio del Massimario della Suprema Corte di Cassazione, op. cit., p. 190 e p. 191).
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3. Il comma terzo dell’art. 24-bis cod. proc. pen.
Il terzo comma dell’art. 24-bis cod. proc. pen. prevede che la “Corte di cassazione decide in camera di consiglio secondo le forme previste dall’articolo 127 e, se dichiara l’incompetenza del giudice che procede, ordina la trasmissione degli atti al pubblico ministero presso il giudice competente”.
Pertanto, alla stregua di quanto sancito in questo comma, è stabilito “che la decisione sia assunta dalla Corte di cassazione con la forma di sentenza, con procedimento camerale nelle forme previste dall’art. 127 cod. proc. pen., con pieno contraddittorio tra le parti, che hanno diritto di comparire ed essere sentite e sono avvisate dalla data di udienza” (Ufficio del Massimario della Suprema Corte di Cassazione, op. cit., p. 192) fermo restando che, se “è dichiarata l’incompetenza del giudice che procede, la Corte ordina la trasmissione degli atti “al pubblico ministero”” (Ufficio del Massimario della Suprema Corte di Cassazione, op. cit., p. 193).
Oltre a ciò, va altresì rilevato che, alla “luce delle indicazioni emergenti dalla giurisprudenza di legittimità formatasi in ordine al giudizio risolutivo del conflitto, potrebbe ritenersi che nel nuovo giudizio incidentale sulla questione della competenza territoriale la Corte di cassazione non sia vincolata, nella soluzione del caso, alla qualificazione giuridica del fatto storico, potendo, contrariamente ai normali limiti di valutazione del merito, apprezzare liberamente il fatto sia con riguardo all’entità materiale che alla sua configurazione giuridica” (Ufficio del Massimario della Suprema Corte di Cassazione, op. cit., p. 193).
“Inoltre, il nuovo strumento ex art. 24-bis cod. proc. pen., non essendo necessariamente connesso alla eccezione di parte, come i casi di conflitto, non dovrebbe vincolare la Corte di cassazione, sotto il profilo oggettivo, all’osservanza dei limiti connaturati al “principio della domanda”, potendo la valutazione investire non solo gli specifici reati e le specifiche posizioni giuridiche oggetto delle reciproche declinatorie della competenza, ma anche ogni altra imputazione ad essi connessa; nè alla stessa Corte sarebbe preclusa, sotto il profilo soggettivo, la individuazione e la determinazione della competenza di un “terzo giudice”, il quale non abbia, o nei cui confronti non sia stato, promosso il regolamento di competenza” (Ufficio del Massimario della Suprema Corte di Cassazione, op. cit., p. 194) posto che, ai fini della determinazione della competenza, “la Corte di cassazione non opera come giudice dell’impugnazione, ma come giudice del fatto e non è vincolata alle indicazioni espresse in sede di devoluzione della questione, non è vincolata alle indicazioni sulla competenza devolutele o alle argomentazioni in diritto dei giudici in conflitto, ben potendo tener conto di quanto emerge dagli atti e delle diverse ragioni esposte dalle parti” (Ufficio del Massimario della Suprema Corte di Cassazione, op. cit., p. 194).
Detto questo, va per di più osservato che quale “pronuncia incidentale avente ad oggetto la sola determinazione preventiva della competenza, del pari, dovrebbe escludersi che nella decisione della Suprema Corte possa trovare applicazione l’obbligo dell’immediata declaratoria di determinate cause di non punibilità, come nel caso di prescrizione del reato, ex art. 129 cod. proc. pen., atteso che tale pronuncia presuppone la cognizione “piena” del fatto da parte del giudice procedente” (Ufficio del Massimario della Suprema Corte di Cassazione, op. cit., p. 194).
4. Il comma quarto dell’art. 24-bis cod. proc. pen.
L’art. 24-bis, co. 4, cod. proc. pen., nel disporre che l’“estratto della sentenza è immediatamente comunicato al giudice che ha rimesso la questione e, quando diverso, al giudice competente, nonché al pubblico ministero presso i medesimi giudici ed è notificato alle parti private”, prevede in tal modo, “quali necessari adempimenti comunicativi, che l’estratto della sentenza sia immediatamente comunicato al giudice che ha rimesso la questione e, quando diverso, al giudice competente, nonché al pubblico ministero presso i medesimi giudici ed è notificato alle parti private” (Ufficio del Massimario della Suprema Corte di Cassazione, op. cit., p. 194).
Ciò posto, va altresì rilevato che la “formulazione della norma, aderente a quella dei casi di procedimento incidentale, sottolinea la necessità di assicurare la tempestività delle comunicazioni, in ragione della vincolatività della decisione sul giudizio principale, per il quale non è prevista sospensione” (Ufficio del Massimario della Suprema Corte di Cassazione, op. cit., p. 194).
5. Il comma quinto dell’art. 24-bis cod. proc. pen.
Al quinto comma dell’art. 24-bis cod. proc. pen. è stabilito che il termine previsto dall’articolo 27 cod. proc. pen., ossia “venti giorni dall’ordinanza di trasmissione degli atti”, “decorre dalla comunicazione effettuata a norma del comma 4” (appena esaminato).
Pertanto, analogamente “a quanto disposto dall’art. 32 cod. proc. pen. in tema di conflitto, il termine previsto dall’art. 27 cod. proc. pen. per la perdita di efficacia delle misure cautelari, emesse nelle more dal giudice dichiarato territorialmente incompetente dalla Corte di cassazione, decorre dalla suddetta comunicazione” (Ufficio del Massimario della Suprema Corte di Cassazione, op. cit., p. 195).
Questo, dunque, è quanto previsto dall’art. 24-bis del cod. proc. pen..
A fronte delle criticità applicative evidenziate (alcune) in questo stesso scritto, non resta quindi che attendere come tale precetto normativo verrà interpretato in sede giudiziale.
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