Il disegno di legge in esame, presentato al Senato il 9 gennaio 2020, reca la delega al Governo per l’efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie. Si compone di 16 articoli, che hanno lo scopo di apportare modifiche al processo civile di primo grado e di appello attraverso la riduzione dei riti e la loro semplificazione, e di revisionare altresì gli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie.
Ai sensi dell’articolo 1, comma 1, entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge di delega, il Governo deve adottare uno o più decreti legislativi di riforma, novellando il codice di procedura civile e le leggi processuali speciali, nel rispetto della garanzia del contraddittorio e dei principi e criteri direttivi previsti dagli articoli del disegno di legge in relazione alle diverse materie di intervento. La procedura da seguire nell’attuazione della delega è delineata dal comma 2 dell’articolo 1, che prevede che gli schemi di decreto legislativo siano adottati su proposta del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro per l’innovazione tecnologica e la digitalizzazione. Su tali schemi deve essere acquisito il parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari, che si esprimono entro sessanta giorni dalla ricezione degli schemi medesimi; in caso di inutile decorso del termine, i decreti possono essere emanati anche senza i prescritti pareri. La medesima procedura di cui al comma 2 deve essere seguita qualora, entro due anni dalla data di entrata in vigore dell’ultimo dei decreti legislativi di attuazione della delega, il Governo ritenga necessario adottare disposizioni integrative e correttive della riforma (comma 3 obblighi del debitore e del terzo pignorato cessino alla data dell’udienza indicata nell’atto di pignoramento.
I procedimenti di risoluzione alternativa delle controversie
La riduzione dei riti
Processo di cognizione di primo grado davanti al tribunale in composizione monocratica
L’articolo 3 contiene i princìpi per la revisione della disciplina del processo di cognizione di primo grado dinanzi al tribunale in composizione monocratica. Il Governo, nell’attuazione della delega, dovrà:
Ø assicurare la semplicità, la concentrazione e l’effettività della tutela e la ragionevole durata del processo;
Ø sostituire il procedimento sommario di cognizione con un unico rito semplificato, esclusivo e obbligatorio per le cause in cui il tribunale giudica in composizione monocratica;
– rideterminare i tempi di presentazione delle pretese delle parti nonché le tempistiche per la discussione e per la pronuncia e il deposito della sentenza;
– disciplinare i rapporti tra collegio e giudice monocratico;
– individuare i procedimenti speciali da assoggettare al rito semplificato di cognizione di primo grado.
L’articolo 4 indica i principi e criteri ai quali il Governo si dovrà attenere nel riformare la disciplina del processo di cognizione di primo grado davanti al tribunale in composizione collegiale.
In particolare, il Governo dovrà prevedere:
· la riduzione dei casi in cui il tribunale giudica in composizione collegiale in considerazione dell’oggettiva complessità giuridica e della rilevanza economico-sociale delle controversie.
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Appello
Relativamente alla riforma del procedimento in appello, il Governo dovrà:
– individuare nel ricorso l’atto introduttivo del giudizio di appello (lett. a)), sostituendolo all’atto di citazione, analogamente a quanto previsto per l’instaurazione del giudizio in primo grado (v. sopra, art. 3);
– individuare un termine per la fissazione della prima udienza non superiore a 90 giorni (lett. a)); Attualmente, ai sensi dell’art. 347 c.p.c., la costituzione in appello avviene secondo le forme e i termini per i procedimenti davanti al tribunale.
– individuare un termine perentorio per la costituzione dell’appellato, che potrà comunque essere effettuata fino a 20 giorni prima della data di udienza. Allo spirare del termine dovranno essere collegate decadenze processuali che comportino tra l’altro l’impossibilità di riproporre domande ed eccezioni non accolte in primo grado (lett. b)).
Il Governo dovrà conseguentemente abrogare l’art. 436-bis c.p.c., relativo alla costituzione dell’appellato e all’appello incidentale (lett. d)); – prevedere che tanto l’improcedibilità dell’appello (ai sensi dell’art. 348 c.p.c.) quanto l’estinzione dell’appello siano dichiarate dal giudice con ordinanza (lett. c));
– abrogare la disciplina del c.d. filtro in appello, ovvero gli articoli 348-bis e 348-ter del codice di procedura civile rubricati rispettivamente “inammissibilità dell’appello” e pronuncia sull’inammissibilità” e, conseguentemente, anche l’art. 436-bis, che li richiama (lett. d))
L’impugnazione dei licenziamenti
L’articolo 7 reca i princìpi e criteri direttivi di delega per la modifica della disciplina processuale relativa alle controversie sui licenziamenti. In particolare, i princìpi e criteri direttivi prevedono di: sopprimere le norme procedurali speciali (cosiddetto “rito Fornero”), poste – relativamente a tali controversie – per alcuni dei rapporti di lavoro instaurati prima del 7 marzo 2015, con conseguente applicazione della disciplina già vigente a regime (comma 1, lettera a)); stabilire il carattere prioritario della trattazione delle cause di licenziamento, prevedendo altresì la definizione di un’opportuna disciplina transitoria (comma 1, lettera b)).
I princìpi e i criteri direttivi in esame concernono anche i casi in cui la controversia sul licenziamento implica che siano risolte questioni relative alla qualificazione del rapporto di lavoro (comma 1, alinea). In particolare, la lettera a) del comma 1 prevede – in modo da conseguire l’unificazione dei procedimenti di impugnazione dei licenziamenti, come stabilito nell’alinea del medesimo comma – il superamento delle norme speciali poste, per alcuni dei rapporti di lavoro instaurati prima del 7 marzo 2015, dall’articolo 1, commi da 47 a 66, della L. 28 giugno 2012, n. 92 – norme costituenti il “rito Fornero” -, con la conseguente applicazione, per tutte le impugnazioni successive alla data di entrata in vigore del decreto legislativo (emanato in attuazione della presente norma di delega), della disciplina già vigente a regime.
Quest’ultima è costituita dalla disciplina processuale generale relativa alle controversie in materia di lavoro; in ogni caso (sia in quest’ultimo ambito sia nel “rito Fornero”) per le controversie sui licenziamenti trovano applicazione norme specifiche sui termini temporali di impugnazione, stabilite dall’articolo 6 della L. 15 luglio 1966, n. 604, e successive modificazioni. Sembrerebbe opportuno chiarire se la norma di delega in esame riguardi anche le impugnazioni effettuate il giorno medesimo dell’entrata in vigore del decreto legislativo. Si ricorda che le disposizioni sopra menzionate costituenti il “rito Fornero” si applicano alle controversie relative a licenziamenti7 inquadrati nell’articolo 18 della L. 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni, limitatamente ai rapporti di lavoro instaurati prima del 7 marzo 20158 .
Con riferimento a A.S. n. 1662 Articolo7 31 quest’ultimo ambito temporale, la tutela di cui al citato articolo 18 della L. n. 300 trova applicazione – oltre che per ogni caso di licenziamento nullo – per i licenziamenti illegittimi disposti da un datore di lavoro rientrante nei limiti minimi dimensionali ivi previsti .
In sintesi, il “rito Fornero” prevede una prima fase istruttoria, al termine della quale il giudice emette un’ordinanza, immediatamente esecutiva, di accoglimento o di rigetto della domanda, con successiva eventuale opposizione contro l’ordinanza medesima. L’efficacia esecutiva di quest’ultima non può essere sospesa o revocata fino alla pronuncia della sentenza con cui il giudice definisca il giudizio eventualmente instaurato con l’opposizione. Più in particolare, nella suddetta prima fase istruttoria, il giudice del lavoro, sentite le parti e omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio, procede nel modo che ritiene più opportuno agli atti di istruzione indispensabili, richiesti dalle parti o disposti d’ufficio.
L’eventuale opposizione contro l’ordinanza summenzionata è proposta con ricorso davanti al medesimo giudice. Questi, sentite le parti, omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio, procede nel modo che ritiene più opportuno agli atti di istruzione ammissibili e rilevanti, richiesti dalle parti o disposti d’ufficio, e provvede con sentenza all’accoglimento o al rigetto della domanda, dando, ove opportuno, termine alle parti per il deposito di note difensive fino a dieci giorni prima dell’udienza di discussione. La sentenza è provvisoriamente esecutiva. Per le varie fasi summenzionate, nonché per le eventuali successive impugnazioni presso la corte d’appello e la Corte di cassazione, le norme prevedono termini temporali specifici. Come accennato, la lettera b) del presente comma 1 pone, come principio di delega, il carattere prioritario della trattazione delle cause di licenziamento, prevedendo altresì la definizione di un’opportuna disciplina transitoria per l’attuazione di tale principio.
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