Riforma della legittima difesa, cosa cambia?

Con 201 voti favorevoli, 38 contrari e 6 astenuti, il senato della repubblica ha definitivamente approvato il disegno di legge, già sottoposto al vaglio della camera dei deputati il 6 marzo u.s., e recante importanti modifiche al codice penale ed alle altre disposizioni in materia di legittima difesa.

Così è ora l’art. 52 c.p.

non è punibile chi ha commesso il fatto, per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio od altrui contro il pericolo attuale di una offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all’offesa.

Nei casi previsti dall’articolo 614, primo e secondo comma, sussiste sempre il rapporto di proporzione di cui al primo comma del presente articolo se taluno legittimamente presente in uno dei luoghi ivi indicati usa un’arma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo al fine di difendere: a)la propria o la altrui incolumità, b) i beni propri o altrui, quando non vi è desistente e vi è pericolo di aggressione..

Le disposizioni di cui al secondo comma ed al quarto si applicano anche nel caso in cui il fatto sia avvenuto all’interno di ogni altro luogo ove venga esercitata un’attività commerciale, professionale o imprenditoriale.

Nei casi di cui al secondo e al terzo comma agisce sempre in stato di legittima difesa colui che compie un atto per respingere l’intrusione posta in essere, con violenza o minaccia di uso di armi o di altri mezzi di coazione fisica, da parte di una o più persone.”

Così ora l’art. 55 c.p.

quando, nel commettere alcuno dei fatti preveduti dagli articoli 51, 52, 53, 54, si eccedono colposamente i limiti stabiliti dalla legge o dall’ordine dell’autorità ovvero imposti dalla necessità, si applicano le disposizioni concernenti i delitti colposi, se il fatto è preveduto dalla legge come delitto colposo.

Nei casi di cui ai commi secondo, terzo e quarto dell’art. 52, la punibilità è esclusa se chi ha commesso il fatto per la salvaguardia della propria o altrui incolumità ha agito nelle condizioni di cui all’art. 61, primo comma, numero 5, ovvero in stato di grave turbamento, derivante dalla situazione di pericolo in atto.”

Questi i tratti salienti della recente modifica.

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Difesa sempre legittima

Chi si difende con un’arma in casa da un’aggressione, causando danni fisici al ladro o al rapinatore, anche in futuro sarà sottoposto a indagini e ci sarà sempre un giudice che valuterà se archiviare o rinviare a giudizio.

Ora però, per il magistrato, le maglie interpretative si stringono: nella legittima difesa domiciliare, già rafforzata nel 2006 (dalla lega) e nel 2017 (dal pd), adesso si considera «sempre sussistente» il rapporto di proporzionalità tra offesa e difesa. «agisce sempre in stato di legittima difesa colui che compie un atto per respingere l’intrusione posta in essere con violenza o minaccia di uso di armi o di altri mezzi di coazione fisica».

Il grave turbamento

La disposizione di cui all’articolo 55 co. 2 c.p. Deve interpretarsi in sinergia con quanto espressamente previsto all’art. 61 co.1 n. 5 c.p. Il quale, tra il novero delle circostanze aggravanti comuni, prevede “l’aver profittato di circostanze di tempo, di luogo o di persona, anche in riferimento all’età, tali da ostacolare la pubblica o privata difesa

Ebbene, ma cosa deve intendersi con la definizione di grave turbamento

Nei casi di legittima difesa domiciliare si esclude la punibilità di chi, trovandosi in condizioni di minorata difesa o in stato di grave turbamento derivante dalla situazione di pericolo (assalti notturni, figli minori in casa, donne sole aggredite, etc.), commette il fatto per la salvaguardia della propria o altrui incolumità.

Il concetto di grave turbamento è anche legato all’età della persona che si difende. Sarà comunque sempre un giudice a valutare la fattispecie in cui è autorizzato il ricorso a «un’arma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo» per la difesa legittima della «propria o altrui incolumità» o «dei beni propri o altrui.

Orbene, l’eccessiva vaghezza della disposizione in esame non mancherà e non manca, tutt’ora, sicuramente di sollevare dubbi di legittimità costituzionale.

Ciò in quanto rimette al giudice la valutazione di una circostanza quale quella del grave turbamento che, in via ipotetica, si presta ad infinite e molteplici interpretazioni, anche di natura strettamente personale essendo, come detto, legato anche all’età della persona.

Il riferimento alla situazione psicologica del soggetto aggredito, già da molto tempo ricompreso in molte legislazioni europee, non può che ritenersi condivisibile.

Difatti, è lecito ritenere che in determinate occasioni, specie quelle ricomprese nella norma analizzata, possano intervenire numerosi e molteplici fattori, perlopiù umani, che spingano il soggetto agente a porre in essere una condotta atta a garantirsi la sopravvivenza.

Tuttavia, resta da capire quanto può essere corretto l’aggettivo “grave”?, estremamente soggettivo e difficilmente misurabile.

Atti proporzionati

La proporzionalità «sempre presunta» tra la difesa e l’offesa per chi viene aggredito in casa ma anche in un negozio o in ufficio, ottenuta grazie alla modifica dell’articolo 52 del codice penale, metterebbe sullo stesso piano beni primari come la vita, la salute, l’incolumità personale (tutelati anche quando appartengono a un soggetto che commette un reato) e beni patrimoniali.

Dunque, ora la legge tende a ritenere proporzionata qualunque difesa a prescindere dall’attualità del pericolo (il rapinatore è armato oppure no) , dai mezzi con cui si attua la reazione (armi da fuoco o altri oggetti contundenti) , dai beni giuridici in gioco.

Ebbene, anche in siffatto settore non mancano e non mancheranno dubbi di legittimità costituzionale.

La disposizione, infatti, così intesa si presterebbe a differenti censure di legittimità costituzionale.

Dalla costituzione, infatti, si ricava in primo luogo il superiore valore del bene vita – annoverato tra i diritti inviolabili dell’uomo a norma dell’art. 2 della cost- rispetto al bene patrimonio, che la costituzione medesima considera sempre solo strumentale e sottopone al limite dell’utilità sociale, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 42 co. 2 cost.

Inasprimento delle pene

Oggetto di revisione è stato, altresì, quanto previsto dall’articolo 614 c.p., rubricato “violazione di domicilio

così prevede l’articolo: “chiunque si introduce nell’abitazione altrui, o in un altro luogo di privata dimora, o nelle appartenenze di essi, contro la volontà espressa o tacita di chi ha il diritto di escluderlo, ovvero si introduce clandestinamente o con inganno, è punito con la reclusione da uno a quattro anni”.

Alla stessa pena soggiace chi si trattiene nei detti luoghi contro l’espressa volontà di chi ha il diritto di escluderlo, ovvero vi si trattiene clandestinamente o con inganno.

Il delitto è punibile a querela della persona offesa.

La pena è da due a sei anni, e si procede d’ufficio, se il fatto è commesso con violenza sulle cose, o alle persone, ovvero se il colpevole è palesemente armato.”

È previsto l’inasprimento delle pene per una serie di reati predatori.

Nel caso di condanna per furto in appartamento e furto con strappo (scippo), la sospensione condizionale della pena deve essere subordinata al pagamento integrale dell’importo dovuto per il risarcimento del danno alla persona offesa. La pena edittale prevista per la violazione di domicilio passa da 1-5 anni a 2-6 anni se il fatto è commesso con violenza sulle cose o alle persone ovvero se il colpevole è palesemente armato.

Chi si introduce in un edificio per rubare sarà punito con una pena più severa (da 4 a 7 anni). Aumenta di un anno la pena minima per le rapine (6-20 anni).

Furto in abitazione e furto con strappo

Viene previsto un inasprimento del trattamento sanzionatorio anche per quanto concerne la fattispecie di cui all’articolo 624 bis c.p., rubricata furto con strappo.

Infatti, “chiunque si impossesserà della cosa mobile altrui, sottraendola la legittimo detentore, al fine di trarne profitto per sé o per altri, mediante introduzione in un edificio o in altro luogo destinato in tutto o in parte a privata dimora o nelle pertinenze di essa soggiacerà alla pena della reclusione da quattro a sette anni e con la multa da €.927 ad €. 1.500.

 la pena sarà della reclusione da cinque a dieci anni ed alla multa da €. 1.000 ad €. 2.500 se il reato è aggravato da una o più delle circostanze previste nel primo comma dell’articolo 625 ovvero se ricorrerà una o più delle circostanze indicate nell’articolo 61 c.p”.

Osservazioni

Il panorama post riforma è quello di un parziale ridisegno della legittima difesa domiciliare – cioè della combinazione tra l’articolo 614 c.p. E l’articolo 52 c.p., già interessati dalla riforma del 2006.

La norma, tuttavia, dovrà essere letta in continuità con il suo seguito (rimasto peraltro immutato) che prevede la necessità, per l’uso di “un arma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo” di difendere “la propria o la altrui incolumità oppure i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo di aggressione”

Pertanto, il vaglio di un giudice sarà ancora necessario sui tre punti nevralgici della proporzionalità della difesa “aggressiva”: 1), la difesa propria o altrui incolumità, 2) oppure dei beni propri o altrui 3), la mancata desistenza dell’azione criminale, come per esempio la fuga, e la contemporanea permanenza del pericolo di aggressione.

Verificati questi presupposti, si dovrà sempre riconoscere la proporzionalità nell’uso di un’arma ai fini di difesa.

A tal riguardo, soprattutto sul bilanciamento dei beni giuridici in questione, la giurisprudenza ha da tempo ormai assodato che i beni oggetto di aggressione individuati nel disposto di cui all’articolo 52 c.p. Sono la vita e l’incolumità delle persone presenti nel domicilio. (il riferimento, anche se non espressamente menzionato nella norma, deve rinvenirsi nei lavori preparatori della legge 59/2006.

In relazione, invece, al bilanciamento tra i beni dell’aggredito e dell’aggressore, la stessa dottrina ha più volte ammesso un disallineamento, nel senso che l’uccisione di un assalitore può essere legittima come reazione a un tentativo/minaccia di violenza sessuale.

Con riferimento alla violazione di domicilio (da intendersi in senso allargato, uffici domicili ecc) la difesa sarà sempre considerata legittima se posta in essere per respingere un’intrusione violenta, o con minaccia o uso di armi o altri mezzi di coazione fisica. L’eccesso colposo viene neutralizzato se chi ha esagerato nella difesa domiciliare lo ha fatto per il c.d. Grave turbamento provocatogli dal pericolo in atto.

La legittima difesa e la sua evoluzione storica nel corso degli anni

L’art. 52 disponeva espressamente che “non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio od altrui contro il pericolo attuale di un’offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all’offesa”.

Proseguiva la norma che “nei casi previsti dall’articolo 614, primo e secondo comma, sussiste il rapporto di proporzione di cui al primo comma del presente articolo se taluno legittimamente presente in uno dei luoghi ivi indicati usa un’arma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo al fine di difendere: a)la propria incolumità, b)i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo di aggressione. La disposizione di cui al secondo comma si applica anche nel caso in cui il fatto sia avvenuto all’interno di ogni altro luogo ove venga esercitata un’attività commerciale, professionale o imprenditoriale.”

La legittima difesa, disciplinata dall’art. 52 c.p. Può definirsi come una “autotutela” che l’ordinamento giuridico italiano riconosce e consente nel caso in cui insorga un pericolo imminente (per l’agente medesimo o per altri) da cui è necessario difendersi e non ci sia la possibilità di rivolgersi all’autorità pubblica per ragioni di tempo e di luogo.

L’ordinamento, infatti, attraverso questa causa di giustificazione, in deroga al principio del monopolio statale dell’uso della forza, attribuisce al cittadino la facoltà legittima di autotutelare i propri diritti quando corrano il pericolo di essere ingiustamente offesi da terzi e lo stato non sia in grado di assicurare una efficace e tempestiva tutela attraverso i suoi organi, sempreché la difesa sia necessaria e proporzionata.

I presupposti:

  1. Pericolo, da interpretarsi nel senso del probabile verificarsi di un’offesa ad un diritto proprio dell’agente o altrui;
  2. Pericolo attuale.

Infatti, facendo riferimento ad un pericolo attuale, l’art. 52 escludeva che la legittima difesa possa sussistere quando il pericolo fosse ormai passato o si fosse tradotto in danno, o quando il pericolo fosse stato definitivamente neutralizzato o si fosse altrimenti dissolto.

Del pari, la causa di giustificazione non sussiste quando si tratti di un pericolo futuro

  1. Oggetto del pericolo rilevante deve essere un’offesa ingiusta ad un diritto dell’agente o di un terzo.

L’ordinamento, infatti, esigendo che il diritto corra il pericolo di un’offesa ingiusta, subordina la sussistenza di una situazione di legittima difesa al requisito dell’antigiuridicità dell’offesa.

  1. La condotta difensiva, per poter essere legittima, deve essere necessaria, ossia l’agente deve essere stato costretto dalla necessità di difendersi. Il pericolo, quindi, non doveva potersi neutralizzare né da una condotta alternativa lecita e né da una condotta meno lesiva da quella concretamente tenuta.
  2. La difesa deve essere proporzionata all’offesa.

Così facendo l’art. 52 c.p. Impone una valutazione comparativa tra il bene dell’aggredito esposto a pericolo ed il bene dell’aggressore sacrificato dall’azione difensiva. Tuttavia è bene precisare che ciò che si richiede non è la prevalenza del bene difeso rispetto a quello sacrificato, né tantomeno l’equivalenza tra i due beni: l’aggredito può ledere un bene anche di rango superiore, a patto che il divario di valore tra i due beni non sia però eccessivo.

Leggi anche:”La Camera approva la riforma della legittima difesa”

La legittima difesa domiciliare o negli esercizi commerciali e la riforma del 2006

Giova rilevare come le recenti modifiche intercorse sulla materia si inseriscano in un panorama già recente modificato.

Infatti con la l. 13 febbraio 2006 n. 59, il legislatore aveva già inserito due nuovi commi nell’articolo 52 c.p., dedicati, per l’appunto, ad ampliare i limiti della legittima difesa – dalla quale veniva eliminato il requisito della proporzione- per i casi in cui il fatto venisse posto in essere nel domicilio, o in altri luoghi di privata dimora o, ancora, nei luoghi in cui venga esercitata un’attività commerciale, professionale o imprenditoriale.

Difatti, questo risultava il tenore del nuovo articolo 52 c.p. “nei casi previsti dall’articolo 614, primo e secondo comma, sussiste il rapporto di proporzione di cui al primo comma del presente articolo se taluno legittimamente presente in uno dei luoghi ivi indicati usa un’arma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo al fine di difendere: a)la propria incolumità, b)i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo di aggressione. La disposizione di cui al secondo comma si applica anche nel caso in cui il fatto sia avvenuto all’interno di ogni altro luogo ove venga esercitata un’attività commerciale, professionale o imprenditoriale”.

L’applicazione di questa disciplina presupponeva che vi fosse una violazione nel domicilio che poteva realizzarsi in tutte le forme previste dall’articolo 614 c.p., ossia (introdursi clandestinamente, con l’inganno o contro la espressa volontà del titolare).

Per fugare ogni dubbio, pertanto, il legislatore includeva tra i luoghi in cui sarebbe stato lecito difendersi “anche ogni altro luogo in cu venga esercitata un’attività commerciale, professionale o imprenditoriale”.

L’aspetto più rilevante riguardava, per l’appunto, il requisito della proporzione. Si stabiliva, infatti, una presunzione assoluta di proporzione tra il bene messo in pericolo ed il bene leso dalla reazione difensiva.

Anche nel quadro di questa nuova disciplina permaneva, d’altra parte, il limite della necessità della difesa essendo, in primo luogo, necessario che la persona non potesse difendere il bene minacciato attraverso un comportamento penalmente irrilevante, ma egualmente efficace per la difesa: (il classico caso del gioielliere che possa impedire l’apertura della cassaforte bloccando l’accesso del potenziale ladro nella zona antistante la cassaforte con un’inferriata azionata a distanza);

L’assenza di un’alternativa lecita, inoltre, richiedeva che la difesa venisse realizzata nella forma meno lesiva per l’aggressore.

Un ulteriore limite, evocato in particolare quando si parli di beni patrimoniali, era rappresentato dal venire meno del pericolo inizialmente creato: bisognava che il potenziale ladro non avesse desistito dall’esecuzione del reato abbandonando, ad esempio, la refurtiva.

 

 

 

 

Andrea Ribichesu

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