Riforma professione forense: dietrofront del CNF sul regime di incompatibilità con l’esercizio dell’attività di amministratore di condominio

Redazione 26/02/13

Anna Costagliola

Nella seduta del 20 febbraio scorso, la Commissione consultiva del Consiglio Nazionale Forense (CNF) ha adottato un parere relativo alla compatibilità tra l’attività di amministratore di condominio e la professione forense, alla luce del nuovo ordinamento professionale forense (L. 247/2012) e della legge di modifica della disciplina del condominio degli edifici (L. 220/2012).
Il parere è stato sollecitato da un precedente orientamento espresso dal CNF che ha di recente aggiornato le FAQ (Frequently Asked Questions) sul nuovo ordinamento professionale forense (L. 247/2012, in vigore dal 2 febbraio scorso) con ulteriori indicazioni suggerite dai quesiti inoltrati dai vari Consigli dell’Ordine. In queste ha chiarito la incompatibilità dell’esercizio della professione forense con l’attività di amministratore di condominio, che costituisce altra attività di lavoro autonomo, svolta necessariamente in modo continuativo o professionale, requisiti indicativi della normalità dell’esercizio della stessa, in relazione alla sua attitudine a procurare reddito. In effetti, la riforma esclude che l’avvocato possa esercitare «qualsiasi attività di lavoro autonomo svolta continuamente o professionalmente», con eccezioni indicate in via tassativa, tra le quali non compare l’attività di amministratore di condominio.

La polemica si è aperta immediatamente e al CNF è pervenuta la presa di posizione di numerosi legali che escludono che la riforma forense precluda ai legali di svolgere attività di gestione delle compagini condominiali, attività ritenuta in passato pacificamente ammissibile.

La possibilità di escludere una interpretazione restrittiva della nuova legge professionale che faccia emergere questa ulteriore causa di incompatibilità è stata presa in considerazione dallo stesso CNF, che ha di fatto eliminato dalle riformulate FAQ quella relativa all’incompatibilità con l’attività di amministratore di condominio e ha rimesso la questione alla Commissione consultiva.

Nel parere reso dalla detta Commissione si sottolinea come l’art. 18 della L. 247/2012 individui quattro macro aree di incompatibilità con la professione di avvocato e precisamente:

a) l’esercizio di qualsiasi attività (diversa da quella forense) di lavoro autonomo svolta continuativamente o professionalmente, fatte salve le attività espressamente escluse dal divieto (di carattere scientifico, letterario, artistico e culturale, di notaio), mentre è consentita l’iscrizione nell’albo dei commercialisti e degli esperti contabili, nell’elenco dei pubblicisti e nel registro dei revisori contabili, o nell’albo dei consulenti del lavoro;

b) l’esercizio di qualsiasi attività di impresa commerciale svolta in nome proprio, o in nome o per conto altrui (fatta salva l’assunzione di incarichi di gestione e vigilanza nelle procedure concorsuali, o in procedure di crisi d’impresa);

c) l’assunzione della qualità di socio illimitatamente responsabile, o di amministratore, di società di persone, aventi quali finalità l’esercizio di attività di impresa commerciale, in qualunque forma costituite, nonché con la qualità di amministratore unico, o consigliere delegato di società di capitali anche in forma cooperativa, nonché con la qualità di presidente del consiglio di amministrazione con poteri individuali di gestione, a meno che l’oggetto dell’attività della società sia limitato esclusivamente all’amministrazione di beni personali, o familiari, nonché per gli enti e consorzi pubblici e per le società a capitale interamente pubblico;

d) l’esercizio di attività di lavoro subordinato anche se con orario di lavoro limitato.

Tanto premesso, si esclude innanzitutto che l’esercizio dell’attività di amministratore di condominio da parte dell’avvocato integri l’ipotesi di incompatibilità sub d), giacché la nomina quale amministratore di un condominio non vale ad instaurare un rapporto di subordinazione con quest’ultimo. La Commissione ricorda al riguardo che il condominio è un ente di gestione privo di personalità giuridica distinta da quella dei singoli condomini i quali sono rappresentati dall’amministratore e non costituiscono un’entità diversa da quest’ultimo, tanto è vero che l’esistenza di un rappresentante unitario non li priva della facoltà di agire a difesa dei diritti esclusivi e comuni inerenti all’edificio condominiale.

D’altra parte, l’irriducibilità allo schema economico/giuridico dell’impresa e/o della società (confermata anche dalla inclusione del condominio nel recinto di protezione del consumatore che, come noto, è la persona fisica la quale agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale, artigianale, o professionale eventualmente svolta ed in tale veste contratta col professionista) vale ad escludere anche la ricorrenza della fattispecie di incompatibilità di cui alla lettera c).

Ancora, secondo quanto riportato dalla Commissione pareri, la ricostruzione della figura dell’amministratore quale mandatario con rappresentanza di persone fisiche (i condomini) che non esercitano attività professionale, o imprenditoriale, è sufficiente ad escludere la ricorrenza dell’ipotesi di incompatibilità di cui sub b) posto che l’amministratore, non agendo in proprio, non esercita nemmeno attività di impresa commerciale in nome altrui, se è vero che nemmeno i mandanti l’esercitano.

La ricostruzione della figura dell’amministratore di condominio operata dalla Commissione consultiva presso il CNF porta, infine, ad ammetterne la tanto controversa compatibilità con l’esercizio della professione forense, dovendosi escludere la ricorrenza della fattispecie di cui alla lettera a). La Commissione ha infatti precisato che la nomina quale amministratore di condominio, se non vale ad instaurare rapporto di subordinazione, allo stesso modo non instaura neanche un’attività di lavoro autonomo svolta continuativamente o professionalmente. Il condominio infatti è un ente di gestione privo di personalità giuridica, per cui l’amministratore agisce non quale organo, ma quale mandatario con rappresentanza di persone fisiche (i condomini). L’attività stessa di amministratore di condominio si riduce, alla fine, all’esercizio di un mandato con rappresentanza conferito da persone fisiche, in nome e per conto delle quali egli agisce, e l’esecuzione di mandati, consistenti nel compimento di attività giuridica per conto ed (eventualmente) in nome altrui, è esattamente uno dei possibili modi di svolgimento dell’attività professionale forense, sicché la circostanza che essa sia svolta con continuità non aggiunge né toglie nulla alla sua legittimità di fondo quale espressione, appunto, di esercizio della professione.

Né potrebbero scorgersi, secondo la Commissione, profili di incompatibilità sul piano non della continuatività, bensì su quello dell’attività svolta professionalmente. Sotto questo profilo, infatti, nemmeno la L. 220/2012, di riforma del condominio, sembra aver innovato la figura dell’amministratore, perché se ne ha ampliato, da un lato, poteri e responsabilità, non ha trasformato, dall’altro, l’esercizio della relativa attività in professione vera e propria, o quanto meno in professione regolamentata, come è confermato dal fatto che non è stato istituito né un albo, né uno specifico registro degli amministratori di condominio.

Dunque, con detta inversione di rotta, il CNF, come già aveva ritenuto in passato, seppure nel quadro di una situazione normativa differente, ha ritenuto non incompatibile per gli avvocati l’attività di amministratore di condominio, ponendosi così fine alle polemiche insorte dagli intervenuti chiarimenti ad opera dello stesso CNF che escludevano ogni possibile interferenza tra i due uffici alla luce della nuova legge di riforma dell’ordinamento professionale forense e della recente riforma del settore ad opera della legge 220/2012. 

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