Dalla riforma del Titolo V al Ddl Autonomia: un percorso politico-istituzionale non ancora concluso

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Approfondimento sulla riforma del Titolo V della Costituzione fino ad arrivare al Ddl Autonomia.

Indice

1. La riforma del Titolo V: contesto storico e istituzionale

Nel 1946, Gaspare Ambrosini, Presidente e relatore del “Comitato dei dieci” per le autonomie regionali alla Costituente, affermava che lo Stato regionale si poteva definire come «un tipo intermedio di Stato tra l’unitario e il federale, caratterizzato dall’autonomia regionale» [1]. Si distingueva dallo Stato unitario in quanto in esso gli enti intermedi risultano collocati in una posizione di subordinazione nei confronti dei poteri statali centrali, che possono disporre liberamente delle loro attribuzioni; mentre si distingue dallo Stato federale in quanto in quest’ultimo le Regioni (recte: gli stati) godono di prerogative ampie al punto tale da preservare la qualità, appunto, di Stati [2].
Già dall’art. 5 della Costituzione si deduceva una chiara preferenza espressa dal costituente per il principio del decentramento, limitando, tuttavia, la sua sfera d’azione al decentramento amministrativo: «La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell’autonomia e del decentramento» [3]. Tuttavia, il decentramento di cui al predetto art. 5 soggiace al principio per cui esso deve essere contemperato con il principio fondamentale secondo cui «il cittadino deve essere soggetto alle leggi che i suoi rappresentanti abbiano votato e ai provvedimenti amministrativi adottati a soggetti sottoposti al controllo di questi» [4]; quindi un decentramento che, fino all’effettiva operatività dell’ente regionale, rimaneva meramente “burocratico”.
Si afferma in Dottrina che: «Fino al secondo dopoguerra il modello cui ispirava il nostro ordinamento è quello dello Stato accentrato (…) All’accentramento rigido del precedente sistema autoritario, la Costituzione della Repubblica italiana sostituisce un sistema di larghe autonomie, aggiungendo agli enti territoriali tradizionali (comuni e provincie) le Regioni, dotate di poteri legislativi veri e propri. Novità importante, purtroppo notevolmente impoverita, dapprima con l’enorme ritardo della sua attuazione (per vederla funzionare bisognerà aspettare gli anni settanta), poi attraverso espedienti vari» [5].
Con le summenzionate premesse storico-istituzionali si avviava l’iter che avrebbe condotto all’approdo della Riforma del Titolo V della Costituzione con la Legge costituzionale n. 1 del 1999, prima, e, soprattutto, con la Legge costituzionale n. 3 del 2001, poi.
La Legge costituzionale n. 1 del 1999 modificava la forma di governo regionale, introducendo l’elezione popolare diretta del Presidente della Giunta – e il conseguente principio del simul stabunt, simul cadent – e ampliando l’autonomia statutaria in materia di forma di governo, e preparava “il terreno” per l’approvazione della «più grande riforma costituzionale finora approvata dall’entrata in vigore della Costituzione. Essa trasforma in radice tutto l’assetto del governo territoriale, e sovverte i tradizionali rapporti tra centro e periferia» [6].
Gli anni che precedettero la Riforma sono caratterizzati da alcuni tentativi di decentramento a costituzione invariata. A titolo esemplificativo, nel 1988 entrò in vigore la L. 400/1988 con l’obiettivo, modesto, di adeguare le strutture statali alla riforma regionale degli anni ’70. Tutt’altro rilievo hanno avuto le cosiddette “leggi Bassanini” (L. 59/1997 e L. 127/1997), attraverso un trasferimento di deleghe di attribuzioni amministrative agli enti locali in modo tale che la gestione dell’attività amministrativa degli enti locali costituisse la regola e quella degli organi statali l’eccezione. 
Proprio in quegli anni, in Italia, si amplificava il dibattito storico-politico sul processo di federalizzazione; processo che coincideva sostanzialmente con la rivendicazione di nuove e più ampie attribuzioni per le Regioni e che vide una prima vera concretizzazione con l’entrata in vigore della Legge costituzionale n. 3 del 18 ottobre 2001.    

2. I principi della riforma

Riservandosi di approfondire i dettagli normativi della Riforma nel successivo capitolo, si affronteranno nel presente capitolo i seguenti principi fondamentali introdotti nel nuovo Titolo V: leale collaborazione, sussidiarietà (verticale e orizzontale), differenziazione, adeguatezza, e tutela dei livelli essenziali delle prestazioni.  
La succitata Legge costituzionale introduce all’art. 120 della Costituzione il principio della leale collaborazione tra gli Enti che, come affermato in Dottrina, presuppone il riconoscimento da parte del Legislatore costituzionale della necessità di conseguire una «volontà politica unitaria, congiunta e partecipata» [7]. Trattasi di un principio di derivazione europea; in particolare, l’art. 13, comma 2, del Trattato sull’Unione europea stabilisce, con riferimento ai rapporti tra le Istituzioni europee, che «le istituzioni attuano tra loro una leale cooperazione» [8]. Nell’ambito della Riforma del Titolo V tale principio rappresenta, da un lato, la garanzia dell’unitarietà dell’azione dell’Ordinamento e, dall’altro, un limite implicito al potere sostitutivo del Governo nei confronti degli altri Enti.
Il principio di sussidiarietà “verticale”, introdotto al primo comma dell’118, comporta che lo svolgimento delle funzioni pubbliche debba essere svolto dall’Ente più vicino ai cittadini e, solo qualora quest’ultimo non sia in grado di svolgere quella data funzione, questa venga attratta dal livello territorialmente superiore.
Il principio di sussidiarietà (verticale) va necessariamente letto e interpretato in combinato disposto con altri due principi introdotti al summenzionato art. 118: il principio di adeguatezza e quello di differenziazione. Il primo prevede che il livello territoriale deputato a svolgere una determinata funzione sia quello che abbia strutture e mezzi più adeguati a svolgerle; mentre il secondo prevede che nell’allocazione delle diverse funzioni pubbliche si deve tenere conto delle diverse capacità e risorse dei vari livelli di governo.
I principi di sussidiarietà (verticale), differenziazione e adeguatezza forniscono al legislatore gli strumenti per regolamentare la flessibilità e mobilità delle funzioni pubbliche tra i vari Enti enucleati all’art. 114 [9].
Del principio di sussidiarietà “orizzontale” si analizzeranno significati e contenuti al seguente capitolo 4
All’art. 117, comma 2, lett. m) e all’art. 120, comma 2, viene introdotto il principio della tutela dei «livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale» [10]. Trattasi di un principio a tutela di tutte quelle prestazioni connesse a situazioni soggettive tutelate dalla Costituzione (diritto alla salute, diritto all’istruzione, diritto all’assistenza sociale, diritto alla mobilità, et cetera) che, a prescindere da qualsivoglia forma di decentramento/federalismo che lo Stato intenda attuare, devono essere omogeneamente garantite su tutto il Territorio nazionale. Tale principio, dunque, costituisce un argine a tutti quei tentativi di accelerazione in senso federalista dello Stato, a costituzione invariata, che, ciclicamente, riaffiorano nel dibattito politico-istituzionale italiano.

3. L’assetto normativo della riforma

Nel presente capitolo sono affrontate alcune delle principali modifiche al Titolo V che hanno contribuito a configurare l’assetto normativo della Riforma, con particolare riferimento agli aspetti caratterizzanti le nuove forme di autonomia concesse a Regioni ed Enti locali. A tal riguardo, si analizzeranno le disposizioni di cui agli articoli 114, 117 e 119 della Costituzione.
            L’art. 114 della Costituzione al primo comma recita: «La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato». Già dalla lettura del primo comma del primo articolo del Titolo V si ravvisa un radicale cambiamento, in merito ai rapporti tra gli Enti, rispetto al precedente assetto; difatti nel precedente testo si affermava: «La Repubblica si riparte in Regioni, Province e Comuni». La nuova norma costituzionalizza pertanto l’equiordinazione tra lo Stato, inteso come Stato apparato o Stato centrale, e i cosiddetti Enti locali (tra cui vengono introdotte le Città metropolitane). Non più uno Stato centrale, identificantesi con la Repubblica o Stato Ordinamento, sovraordinato agli enti locali, satelliti ed ancelle dello stesso, ma un insieme di Enti (tra cui lo Stato “apparato”) che, nel loro insieme e con pari dignità istituzionale, costituiscono gli Enti della Repubblica. 
            Il nuovo art. 117 della Costituzione individua i criteri di ripartizione della funzione legislativa ordinaria tra Stato e Regioni. In particolare, laddove la precedente formulazione si limitava ad enucleare le materie sulle quali le regioni avevano competenza legislativa esclusiva – attribuendo allo Stato la competenza residua nelle restanti materie non comprese in tale elenco – il nuovo testo distingue tre differenti tipologie di competenze legislative: competenza esclusiva dello Stato, competenza concorrente Stato-Regioni e competenza residuale (esclusiva) delle Regioni.
            Nelle materie di legislazione esclusiva statale (ad esempio, politica estera, moneta, difesa) lo Stato ha, appunto, poteri legislativi che comprendono tanto l’individuazione dei principi da perseguire, quanto la disciplina di dettaglio. Nelle materie di legislazione concorrente (ad esempio, tutela della salute, istruzione, ordinamento sportivo) lo Stato determina i principi fondamentali, la cornice legislativa e, di conseguenza, i confini entro i quali le Regioni disciplinano il dettaglio normativo. Infine, quanto alla legislazione esclusiva residuale regionale, le Regioni hanno competenza legislativa per tutte le materie non elencate in precedenza. Come affermato in Dottrina, dall’analisi del nuovo dettato costituzionale si potrebbe affermare che: «prima erano le Regioni a godere di una limitata potestà legislativa in materie che rimanevano anche e prima di tutto soggette alla legislazione statale, ora è lo Stato ad avere una potestà legislativa limitata ai principi fondamentali, in materie la cui disciplina è rimessa alle Regioni» [11]. Si reputa opportuno accennare brevemente alla disciplina prevista dall’art. 116 [12] per cui, da un lato, le Regioni a Statuto speciale godono di forme particolari di autonomia (maggiore) rispetto a quelle previste per le Regioni a Statuto ordinario e, dall’altro, queste ultime, ai sensi del comma 3, possono “acquisire” forme particolari di autonomia previa intesa con lo Stato.
            L’art. 119 disciplina l’autonomia finanziaria degli Enti locali e, più in particolare, l’autonomia di “entrata” per cui gli stessi hanno il potere di imporre prelievi fiscali nel rispetto dei limiti costituzionalmente stabiliti [13]. Al comma 1 del suddetto articolo le Regioni sono apparentemente equiparate agli altri Enti locali. Tuttavia, anche alla luce di quanto cristallizzato all’art. 23 della Costituzione per cui «Nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge» [14], il potere impositivo degli Enti locali è sempre soggetto ad una legge, regionale o statale, mentre le Regioni, in quanto titolari di potestà legislativa concorrente in materia di sistema tributario e contabile dello Stato [15], godono di una forma di autonomia impositiva maggiore rispetto a quella di Comuni, Provincie e Città metropolitane.

4. La sussidiarietà orizzontale e il diritto alla salute

Ai sensi dell’art. 118 della Costituzione «Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà» [16].
Il Legislatore costituzionale del 2001 introduce il principio di sussidiarietà orizzontale per il quale i cittadini sono deputati direttamente alla gestione e cura dei bisogni collettivi, mentre i pubblici poteri assumono un ruolo “sussidiario” di gestione e coordinamento.
  Secondo la Dottrina, il principio di sussidiarietà orizzontale «si presenta come un principio ricchissimo, paragonabile, per la sua forza dirompente, al principio della separazione dei poteri, al momento della sua prima apparizione storica» [17].
Uno dei settori in cui gli effetti del principio di sussidiarietà orizzontale sono maggiormente manifesti è quello sociosanitario.
In attuazione del principio di sussidiarietà orizzontale di cui all’art. 118 della Costituzione, dell’art. 32 comma 1 [18] della Costituzione e dei principi di efficienza, efficacia ed economicità [19], le P.P.A.A. sanitarie e sociosanitarie assicurano il coinvolgimento attivo dei cittadini e, più in particolare, degli Enti del cosiddetto Terzo settore nell’ambito delle funzioni di programmazione e progettazione, nonché nella gestione, anche diretta, dei servizi sociosanitari e sociali di interesse generale. 
Nel 2017, il Legislatore, in attuazione del suddetto principio di sussidiarietà orizzontale, adotta il D.lgs. 117/2017 “Codice del terzo settore” che, appunto, all’art. 1 recita: «Al fine di sostenere l’autonoma iniziativa dei cittadini che concorrono, anche in forma associata, a perseguire il bene comune, ad elevare i livelli di cittadinanza attiva, di coesione e protezione sociale, favorendo la partecipazione, l’inclusione e il pieno sviluppo della persona, a valorizzare il potenziale di crescita e di occupazione lavorativa, in attuazione degli articoli 2, 3, 4, 9, 18 e 118, quarto comma, della Costituzione, il presente Codice provvede al riordino e alla revisione organica della disciplina vigente in materia di enti del Terzo settore» [20].
Ai sensi del summenzionato Codice, il coinvolgimento attivo degli Enti del Terzo settore è garantito tramite forme di co-programmazione (intesa come individuazione dei bisogni da soddisfare e degli interventi da realizzare), co-progettazione (intesa come definizione e realizzazione di progetti di intervento), attraverso forme di accreditamento (inteso come svolgimento di attività per conto del Servizio Sanitario Nazionale) e stipula di convenzioni (che prevedano forme di rimborso) per lo svolgimento di attività sanitarie e sociosanitarie.
Tra le attività oggetto dell’applicazione del principio di sussidiarietà orizzontale disciplinate direttamente dal Codice vi è il servizio di trasporto sanitario di emergenza e urgenza. Trattasi di attività per le quali il coinvolgimento del Terzo settore è presente su tutto il territorio nazionale. Si pensi, ad esempio, alle Pubbliche Assistenze (Croce Verde, Croce Azzurra, ecc.).
A tal riguardo, l’art. 57 [21] prevede, in deroga ai principi generali sull’approvvigionamento di servizi pubblici previsti dal Codice degli Appalti, che per tali servizi le PP.AA. possono procedere tramite affidamento diretto (e non mediante procedura di gara aperta) in convenzione alle organizzazioni di volontariato. Per tali attività, quindi, il Legislatore, al fine di incentivare ed agevolare la collaborazione tra Enti e associazioni di volontariato in ossequio di quanto costituzionalmente sancito dall’art. 118, disciplina una apposita procedura che consente agli Enti pubblici di affidare tali servizi derogando, seppur in presenza di talune condizioni (tra cui, la finalità sociale del servizio, il perseguimento di obiettivi di solidarietà, la previa iscrizione al Registro Unico Nazionale del Terzo Settore), al principio di concorrenza su cui si fondano gli approvvigionamenti pubblici. Lo stesso Codice degli appalti, all’art. 6, co. 1, stabilisce che: «In attuazione dei principi di solidarietà sociale e di sussidiarietà orizzontale, la pubblica amministrazione può apprestare, in relazione ad attività a spiccata valenza sociale, modelli organizzativi di amministrazione condivisa, privi di rapporti sinallagmatici, fondati sulla condivisione della funzione amministrativa gli enti del Terzo settore di cui al codice del Terzo settore di cui al decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117, sempre che gli stessi i contribuiscano al perseguimento delle finalità sociali in condizioni di pari trattamento, in modo effettivo e trasparente e in base al principio del risultato. Non rientrano nel campo di applicazione del presente codice gli istituti disciplinati dal Titolo VII del codice del Terzo settore, di cui al decreto legislativo n. 117 del 2017» [22].
Dalla lettura delle summenzionate disposizioni normative si evince il sempre crescente sostegno da parte dell’Ordinamento alla collaborazione tra pubblico e privato nello svolgimento di attività di pubblico interesse, prioritariamente di natura sanitaria e sociosanitaria, in attuazione del principio di sussidiarietà orizzontale.      

4. Conclusioni

La Riforma del Titolo V della Costituzione ha rappresentato l’approdo normativo di una serie di tentativi del Legislatore italiano di dare concretezza e dignità costituzionale alla valorizzazione delle autonomie locali. La Legge n. 86/2024 (Disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario ai sensi dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione) [23], cosiddetto “D.D.L. Autonomia”, e l’attuale relativo dibattito politico pubblico rappresentano la dimostrazione che il percorso avviato dal “Comitato dei dieci” per le autonomie regionali alla Costituente del 1946 non si è ancora concluso.

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Note

  1. [1]

    Cfr. DE SIERVO U., Sturzo e Ambrosini nella progettazione delle Regioni, in N. Antonetti – U. De Siervo (a cura di), Ambrosini e Sturzo. La nascita delle Regioni, Bologna, 1998, p. 67 ss.

  2. [2]

    Cfr. BARTOLE-BIN-FALCON-TOSI, Diritto regionale, dopo le riforme, Ed. Il Mulino, 2003, p. 46

  3. [3]

    Costituzione italiana, art. 5

  4. [4]

    Cfr. KELSEN H., La dottrina pura del diritto, a cura di Mario G. Losano, Torino, Ed. G. Einaudi, 1990, p. 346

  5. [5]

    CARLASSARE L., Conversazioni sulla costituzione, II ed., Cedam, Padova, 2002, p. 33

  6. [6]

    BASSANINI e altri, La riforma del titolo V della Costituzione e i problemi della sua attuazione, in Fondazione Astrid, https://www.bassanini.it/wp-content/uploads/2013/09/La-riforma-del-titolo-V-della-Costituzione-e-i-problemi-della-sua-attuazione.pdf

  7. [7]

    BERTOLINO C., Il principio di leale collaborazione nel policentrismo del sistema costituzionale italiano, Giappichelli, Torino, 2007, 56

  8. [8]

    TRATTATO SULL’UNIONE EUROPEA, art. 13, co. 2: «Ciascuna istituzione agisce nei limiti delle attribuzioni che le sono conferite dai trattati, secondo le procedure, condizioni e finalità da essi previste. Le istituzioni attuano tra loro una leale cooperazione», in Trattato sull’Unione europea (versione consolidata) (europa.eu)

  9. [9]

    Cfr. successivo capitolo 3

  10. [10]

    Cfr. Costituzione italiana, art. 117, co. 2, lett. m)

  11. [11]

    BARTOLE-BIN-FALCON-TOSI, op. cit., p. 147

  12. [12]

    Costituzione italiana, art. 116: «Il Friuli Venezia Giulia, la Sardegna, la Sicilia, il Trentino-Alto Adige/Südtirol e la Valle d’Aosta/Vallee d’Aoste dispongono di forme e condizioni particolari di autonomia, secondo i rispettivi statuti speciali adottati con legge costituzionale. La Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol è costituita dalle Province autonome di Trento e di Bolzano. Ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, concernenti le materie di cui al terzo comma dell’articolo 117 e le materie indicate dal secondo comma del medesimo articolo alle lettere l), limitatamente all’organizzazione della giustizia di pace, n) e s), possono essere attribuite ad altre Regioni, con legge dello Stato, su iniziativa della Regione interessata, sentiti gli enti locali, nel rispetto dei principi di cui all’articolo 119. La legge è approvata dalle Camere a maggioranza assoluta dei componenti, sulla base di intesa fra lo Stato e la Regione interessata»

  13. [13]

    Cfr. Costituzione italiana, art. 119, commi 1 e 2: «I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa, nel rispetto dell’equilibrio dei relativi bilanci, e concorrono ad assicurare l’osservanza dei vincoli economici e finanziari derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea. I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno risorse autonome. Stabiliscono e applicano tributi ed entrate propri, in armonia con la Costituzione e secondo i principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario. Dispongono di compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibile al loro territorio»

  14. [14]

    Cfr. Costituzione italiana, art. 23

  15. [15]

    Cfr. Costituzione italiana, art. 117, comma 3

  16. [16]

    Costituzione italiana, art. 118, comma 4

  17. [17]

    D’ATENA A., Prospettive della sussidiarietà, in Sussidiarietà orizzontale e verticale: profili fiscali, in http://www.consiglio.regione.lombardia.it/

  18. [18]

    Costituzione italiana, art. 32, comma 1: «La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti»

  19. [19]

    Cfr. Legge 241/1990. Art. 1, co, 1: «L’attività amministrativa persegue i fini determinati dalla legge ed è retta da criteri di economicità, di efficacia, di imparzialità, di pubblicità e di trasparenza, secondo le modalità previste dalla presente legge e dalle altre disposizioni che disciplinano singoli procedimenti, nonché dai principi dell’ordinamento comunitario»

  20. [20]

    Cfr. Decreto legislativo 117/2017, art. 1

  21. [21]

    Decreto legislativo n. 117/2017, art. 57, comma 1: «I servizi di trasporto sanitario di emergenza e urgenza possono essere, in via prioritaria, oggetto di affidamento in convenzione alle organizzazioni di volontariato, iscritte da almeno sei mesi nel Registro unico nazionale del Terzo settore, aderenti ad una rete associativa di cui all’articolo 41, comma 2, ed accreditate ai sensi della normativa regionale in materia, ove esistente, nelle ipotesi in cui, per la natura specifica del servizio, l’affidamento diretto garantisca l’espletamento del servizio di interesse generale, in un sistema di effettiva contribuzione a una finalità sociale e di perseguimento degli obiettivi di solidarietà, in condizioni di efficienza economica e adeguatezza, nonché nel rispetto dei principi di trasparenza e non discriminazione»

  22. [22]

    Cfr. Decreto legislativo n. 36/2023, art. 6, comma 1

  23. [23]

    Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, Legge 26 giugno 2024, n. 86, Disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario ai sensi dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione, https://www.gazzettaufficiale.it/atto/serie_generale/caricaDettaglioAtto/originario?atto.dataPubblicazioneGazzetta=2024-06-28&atto.codiceRedazionale=24G00104&elenco30giorni=true

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