La vicenda
Il principio di diritto affermato con la sentenza in commento, riconosce con estrema serenità la sussistenza del delitto di false dichiarazioni sulle proprie qualità personali di cui all’art.496 c.p., qualora le affermazioni mendaci siano contenute in un curriculum vitae presentato ad un ente pubblico, a prescindere dal mancato rispetto delle formalità previste per le dichiarazioni sostitutive di cui all’art.38 del d.P.R. n.445 del 2000.
La S.C. ha cristallizzato le argomentazioni espresse dal Tribunale di primo grado e successivamente confermate dalla Corte di merito, laddove si era riconosciuta la colpevolezza dell’imputato per il delitto di false dichiarazioni sulle proprie qualità personali, per avere falsamente attestato nel proprio curriculum vitae, accluso ad una domanda inviata al Comune di [X], di avere in precedenza ricoperto posizioni occupazionali di rilievo in ambito televisivo, in realtà non corrispondenti al vero.
Ricorrendo per cassazione avverso detto provvedimento confermativo di condanna, l’imputato aveva evidenziato, tra l’altro, la violazione di legge, non avendo egli sottoscritto il curriculum allegato all’istanza presentata al Comune interessato e, quindi, disatteso le disposizioni di cui agli artt.46, 47 del d.P.R. n.445 del 2000 ai fini dell’integrazione del delitto di cui all’art.496 c.p.
La decisione
Nel rigettare il ricorso, la S.C. ha inteso precisare in maniera alquanto sibillina che: “per qualità personali, ai fini del delitto di cui all’art.496 c.p., devesi intendere ogni attributo che serva a distinguere un individuo nella personalità economica o professionale e che possa avere interesse per l’autorità interrogante; pertanto, una qualifica professionale ovvero l’effettivo esercizio di un’attività lavorativa rientrano nel novero delle suddette qualità da dichiarare nella loro reale consistenza ai fini e per gli effetti del precetto penale di cui all’art.496 c.p.”.
Secondo la Corte dunque, devono ritenersi inconferenti le doglianze dell’imputato in ordine alle dichiarazioni sostitutive di cui agli artt.46, 47 del d.P.R. n.445 del 2000 atteso che, nel caso di specie, l’imputato non aveva nemmeno predisposto un autocertificazione con le formalità stabilite dall’art.38 del d.P.R. in commento.
Ancora la S.C. ha chiarito che: “l’allegazione, ad una domanda rivolta ad un Ente pubblico, di un curriculum vitae contenente false dichiarazioni circa le proprie esperienze lavorative vale, quindi, ad integrare gli estremi oggettivi del mendacio richiesto dall’art.496 c.p., così come non pertinente deve ritenersi la rimostranza circa la mancata sottoscrizione del curriculum falso, atteso che la sottoscrizione in calce alla domanda presentata al Comune vale a rendere proprie dell’istante anche le allegazioni riguardanti le pregresse esperienze lavorative, sia pure indicate in diverso foglio”.
La mancata sottoscrizione del curriculum, pertanto, a nulla è valsa all’imputato onde esentarsi da responsabilità per il delitto di falso, atteso che egli, avendo in ogni caso sottoscritto l’istanza alla quale il curriculum era stato allegato, aveva comunque fatto proprie anche le predette allegazioni.
Del resto, già in passato la Corte di legittimità si era espressa in senso pressoché analogo (Cfr.Cass.pen.sez.V, 15 luglio 1994, Marrari), riconoscendo il delitto di falsità materiale in ordine ad alcune note contenute nelle schede apprestate per l’inquadramento nella qualifica funzionale dell’ufficio del personale di un Ente Comunale “allorquando atti che sono intrinsecamente certificativi, diventano necessari e propedeutici alla manifestazione di volontà dell’organo pubblico e vengono falsificati per deviare la volontà pubblica o per rendere più difficile l’accertamento della situazione di fatto, presupposto di una certa decisione, costituendo condotta punibile ai sensi dell’art.476 c.p….”.
Bibliografia: Dir.pen.e processo, 8/2013; A.Cristiani, Falsità personale, Dig.disc.pen. 1991; A.Nappi, Falsità personale, Enc.giur.Treccani, 1989; A.Pagliaro, Falsità personale, Enc.dir.XVI,1967.
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