Il primo giugno di quest’anno doveva essere un giorno di festa dei contribuenti perché, finalmente, doveva entrare in vigore la norma che rende immediatamente esecutive le sentenze tributarie.
Infatti, il nuovo art. 67-bis D.Lgs. n. 546 del 31/12/1992, introdotto dall’art. 9 del D.Lgs. n. 156 del 24/09/2015, dispone testualmente:
“Le sentenze emesse dalle commissioni tributarie sono esecutive secondo quanto previsto dal presente capo”.
Di conseguenza, il D.Lgs. n. 156/2015 ha totalmente modificato l’art. 69 D.Lgs. n. 546/1992, il cui primo comma, parte prima, ora testualmente dispone:
“Le sentenze di condanna al pagamento di somme in favore del contribuente e quelle emesse su ricorso avverso gli atti relativi alle operazioni catastali indicate nell’articolo 2, comma 2, sono immediatamente esecutive”, con la possibilità di attivare subito il giudizio di ottemperanza, senza attendere, come prima, il passaggio in giudicato della sentenza (artt. 69, comma 5, e 70 D.Lgs. n. 546/1992 citato).
Le suddette disposizioni, che hanno quasi integralmente ripreso il mio progetto di legge n. 1593 presentato al Senato il 06 agosto 2014 dalla Senatrice Gambaro, sono a favore del contribuente, che può ottenere subito i rimborsi fiscali senza dover attendere il passaggio in giudicato della sentenza, che richiede molti anni di defatiganti attese.
Il problema, però, è che, all’ultimo momento, il MEF che, purtroppo, continua a gestire ed organizzare il processo tributario , all’art. 12, commi 1 e 2, delle disposizioni transitorie del D.Lgs. n. 156/2015 cit. ha fatto inserire le seguenti disposizioni:
– gli artt. 67-bis e 69 entrano in vigore a decorrere dal 1° giugno 2016;
– però, fino all’approvazione del decreto previsto dall’art. 69, comma 2, citato restano applicabili le disposizioni previgenti; in sostanza, il MEF decide l’entrata in vigore o meno della suddetta disposizione a favore dei contribuenti.
Le nuove norme processuali sono entrate in vigore il 1° gennaio 2016 per cui c’era tutto il tempo di predisporre il succitato decreto, eppure sono passati inutilmente sei mesi ed il MEF non ha fatto nulla bloccando, in tal modo, l’entrata in vigore della norma agevolativa.
Oltretutto, il 16 marzo 2016 c’era stata un’interrogazione urgente da parte del Senatore Buccarella ed altri in cui si chiedeva:
“di sapere se il MEF non ritenga opportuno provvedere alla pronta emanazione del decreto, entro e non oltre il 31 maggio 2016, sia per porre rimedio ad una situazione a giudizio degli interroganti iniqua nei confronti dei contribuenti onesti, ma vessati da meccanismi dilatori proditoriamente messi in atto dalle pubbliche amministrazioni, sia perché il 01 giugno 2016 entreranno definitivamente in vigore altre importanti disposizioni processuali tributarie”.
Eppure, nonostante le suddette sollecitazioni, il MEF non solo non ha fatto nulla ma, cosa ancora più assurda, non ha previsto alcuna data, tanto è vero che il Consiglio dei Ministri del 31 maggio 2016 ha rinviato sine die il problema (Il Sole 24 Ore dell’01 giugno 2016).
Oltretutto, non bisogna dimenticare che le Commissioni riunite II giustizia e VI finanze della Camera dei Deputati avevano segnalato al Governo “l’opportunità di eliminare il differimento dell’entrata in vigore della suddetta disposizione”.
Non è dato perciò comprendere con esattezza quale sia stata l’effettiva ratio dell’accoglimento del particolare regime di decorrenza all’01 giugno 2016, se non quella di bloccare ingiustificatamente l’entrata in vigore di una norma a favore dei contribuenti.
Oltretutto, il decreto ministeriale che ha bloccato tutto è previsto dall’art. 69, comma 2, cit. che testualmente dispone:
“Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze emesso ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono disciplinati il contenuto della garanzia sulla base di quanto previsto dall’articolo 38-bis, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972 n. 633, la sua durata nonché il temine entro il quale può essere escussa, a seguito dell’inerzia del contribuente in ordine alla restituzione delle somme garantite protrattasi per un periodo di tre mesi”.
E’ sfuggito al legislatore che altro è il regime della garanzia per l’esecuzione del rimborso in ambito amministrativo (art. 38-bis, comma 5, DPR n. 633 cit.) ed altro, invece, è il giudizio cautelare spettante al giudice tributario che ha pronunciato la condanna al pagamento di somme a favore del contribuente, che costituisce espressione di una funzione tipicamente giurisdizionale ed ha presupposti totalmente diversi da quelli presi in considerazione dall’art. 38-bis citato.
In ogni caso, la garanzia è totalmente rimborsabile con le spese di giudizio (art. 15, comma 2-ter, D.Lgs. n. 546 cit.).
In definitiva, non è assolutamente giustificato il ritardo del MEF per emanare un decreto che non richiede particolari difficoltà, dovendo sostanzialmente, salvo qualche modesta modifica, ricopiare quanto già previsto dall’art. 38-bis citato.
Questa è un’ulteriore prova che il processo tributario non deve più essere gestito ed organizzato dal MEF, perché è una delle parti in causa e può avere un interesse processuale a procrastinare sine die una disposizione a favore del contribuente, come nel caso in questione.
Di conseguenza è opportuno e necessario:
– la trasformazione del giudice tributario da organismo alla cui composizione concorrono persone non esclusivamente dedite alla soluzione delle controversie tributarie in istituzione professionale, al pari degli altri uffici giudiziali;
– la gestione ed organizzazione del processo tributario, di conseguenza, deve essere affidata o alla magistratura ordinaria (proposta di legge n. 3734 presentata alla Camera dei Deputati l’08 aprile 2016 dagli On.li Ermini, Ferranti e Verini) o alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, come ho proposto nel mio disegno di legge (visionabile sul mio sito www.studiotributariovillani.it);
– infatti, il profondo radicamento costituzionale del rapporto tra fisco e cittadini ha portato il Presidente della Repubblica Mattarella a sottolineare la centralità della “giustizia tributaria nel corretto rapporto tra cittadini e istituzioni” (Messaggio del Presidente della Repubblica al Presidente della Giustizia Tributaria Mario Cavallaro in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario tributario 2016);
– in ogni caso, i progetti delle leggi tributarie e processuali tributarie non devono essere, anche se in parte, preparati e suggeriti dai vertici dell’Amministrazione finanziaria, che poi ne offre l’interpretazione (si rinvia all’articolo di M. BASILAVECCHIA, L’etica dell’Amministrazione finanziaria fra responsabilità ed autotutela, in NEOTEPA, 2/2015,30);
– infatti, il Governo con il decreto attuativo della delega fiscale (D.Lgs. n. 157/2015, entrato in vigore il 22 ottobre 2015) è intenzionato a riprendersi il pieno controllo delle strutture operative dell’Amministrazione finanziaria (Il Sole 24 Ore di sabato 04 giugno 2016).
C’è da considerare che l’art. 69 cit. si potrebbe ritenere applicabile, senza attendere il decreto ministeriale, nelle ipotesi diverse da quelle tassativamente previste dallo stesso articolo, comma 1, seconda parte, che testualmente dispone:
“Tuttavia il pagamento di somme di importo superiore a diecimila euro, diverse dalle spese di lite, può essere subordinato dal giudice, anche tenuto conto delle condizioni di solvibilità dell’istante, alla prestazione di idonea garanzia”.
Quindi, se il giudice tributario non ritiene di richiedere la garanzia, la norma si potrebbe ritenere già oggi immediatamente esecutiva.
In ogni caso, al di fuori di logiche e condivisibili interpretazioni processuali, è auspicabile un immediato intervento del MEF per emanare il richiesto decreto ministeriale, con la speranza che “de iure condendo” si riformino totalmente le Commissioni tributarie per evitare spiacevoli situazioni del genere.
Lecce, 04 giugno 2016
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