È quanto ha stabilito la Corte di Cassazione, *********************, con la sentenza del 19 gennaio 2018, n. 1391, mediante la quale ha accolto il ricorso e cassato
La vicenda
La pronuncia in esame ha avuto origine dal fatto che la Corte di appello di Palermo con sentenza del 2012, confermando la pronuncia del Tribunale di Palermo, ha accolto la domanda di ***** di assistenza sanitaria indiretta ricevuta durante un viaggio, effettuato per motivi di turismo, in Cina ed ha condannato l’Assessorato Sanità della Regione Siciliana (gestione stralcio ex USL n. 51) al rimborso delle spese sanitarie sostenute pari a euro 7.230,40 oltre accessori.
La Corte distrettuale, pur rilevando l’assenza di una situazione di indigenza di *****, e sottolineando la natura di altissima specializzazione della struttura (sull’implicito rilievo della natura specialistica dell’intervento subito a seguito di infarto ed a fronte di mancata contestazione sul punto), ha ritenuto che la gravità delle condizioni di salute e l’urgenza dell’intervento sanitario consentivano la disapplicazione di ogni disposizione che “imponeva adempimenti amministrativi per ottenere il rimborso delle spese sanitaria affrontate all’estero”.
Avverso tale sentenza l’Assessorato ha proposto ricorso per cassazione, affidandolo a un motivo.
Il motivo di ricorso
Con l’unico motivo di ricorso l’Assessorato ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 3, comma 5 della legge n. 595 del 1985, 2 e 7, comma 2 del d.m. 3.11.1989, 2 del d.m. 30.8.1991 (in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c.), avendo, la Corte distrettuale, erroneamente riconosciuto il rimborso delle spese sanitarie all’estero in carenza dei presupposti legislativi ossia fuori da casi di residenza per lavoro o studio o di espatrio oppure di indigenza.
Invero, risulta pacificamente accertato che ***** non era indigente e si trovava all’estero per turismo, mentre la normativa in oggetto consente un’assistenza indiretta ai cittadini che per una oggettiva incapacità del sistema sanitario nazionale siano costretti a recarsi all’estero.
La decisione
La Corte di cassazione, mediante la citata sentenza n. 1391/2018 ha ritenuto il motivo fondato ed ha accolto il ricorso.
Sul punto controverso la Suprema Corte ha precisato che la Corte d’appello – sottolineato che ***** non versava in condizioni di indigenza, che si trovava all’estero per motivi di turismo e che la struttura ove era stato effettuato l’intervento doveva ritenersi di “alta specializzazione” – ha incentrato i motivi della decisione sul profilo dell’urgenza dell’intervento subito e sulla tutela del diritto primario e fondamentale della salute.
La Corte distrettuale ha, tuttavia, omesso ogni considerazione circa la ricorrenza dei requisiti previsti dall’art. 2 del d.m. 3.11.1989 con particolare riguardo alla necessità che si tratti di «prestazione non ottenibile tempestivamente in Italia» nell’accezione chiarita dallo stesso decreto ministeriale ossia che si tratti di cura erogata in Italia con periodi di attesa incompatibili con lo stato di salute dell’assistito.
Il suddetto requisito dimostra chiaramente che la normativa è diretta a sopperire ad ipotesi di disfunzioni strutturali del Sistema sanitario nazionale, garantendo in tali casi ai cittadini il ricorso a centri di alta specializzazione all’estero e il rimborso delle spese affrontate.
Invero, il requisito della possibilità di ricorrere a centri sanitari posti sul territorio italiano è specificamente previsto dall’art. 3, comma 5, della legge n. 595 del 1985 ai fini del rimborso delle spese sanitarie affrontate all’estero e – come già esaminato dalla Corte Costituzionale – deve ritenersi conforme alle previsioni legislative che regolano il Servizio Sanitario Nazionale (in particolare, gli artt. 19 e 25 della legge n. 833 del 1978, secondo cui le prestazioni vengono erogate ai cittadini direttamente mediante strutture pubbliche organizzate nel territorio oppure da soggetti con i quali le pubbliche amministrazioni stipulano convenzioni), disposizione che realizzano un ragionevole bilanciamento tra diritti costituzionalmente protetti, ossia il diritto alla salute, da una parte, e le esigenze dello Stato di natura finanziaria e, più in generale, organizzativa, dall’altra (cfr. sentenza n. 354/2008: la Corte Costituzionale ha esaminato, nel caso di specie, il caso di un cittadino italiano recatosi all’estero per turismo e ricoverato urgentemente perché colpito da grave patologia).
Va segnalato che anche la più recente giurisprudenza ha avuto modo di confermare che gli unici parametri, sulla base dei quali è legittimo valutare il diritto al rimborso delle spese mediche, siano quelli relativi alla urgenza e alla impossibilità di ottenere il medesimo trattamento presso centri italiani (cfr. in particolare, Corte di Cassazione, n. 17134/2016; cfr., inoltre, Corte di Cassazione, n. 6461/2009 avente ad oggetto un caso simile a quello in esame di un cittadino italiano in soggiorno turistico all’estero colpito da grave ed urgente patologia; cfr., inoltre, le sentenze della Corte di Cassazione, nn. 17309/2016, 27448/2013, 9969/2012, 26609/2011, 12918/2011 che hanno trattato casi diversi dal presente, tutti accomunati dal presupposto che si trattava sempre di cittadini che espatriavano per affrontare delle cure mediche, e non di cittadini che si trovavano in soggiorno turistico all’estero).
Va, altresì, sottolineato che ai sensi dell’art. 37 della legge n. 833 del 1978, l’assistenza sanitaria agli italiani all’estero costituisce oggetto di una disciplina specifica rispetto a quella che regola l’assistenza a favore di coloro che si trovano nel territorio dello Stato.
Specificità che deriva dal fatto che il servizio sanitario, come in genere i servizi pubblici, incontra di norma i limiti territoriali propri dello Stato, sicché le prestazioni vengono erogate direttamente mediante strutture pubbliche organizzate nel territorio oppure da soggetti con i quali le pubbliche amministrazioni stipulano convenzioni (si vedano, in particolare, gli artt. 19 e 25 della legge n. 833 del 1978).
L’intervento d’urgenza subito da ***** all’estero non può ritenersi ricompreso tra le prestazioni sanitarie rimborsabili ai cittadini in quanto carente del requisito richiesto dal combinato disposto degli artt. 3, comma 5 della legge n. 595 del 1985, 2 e 7 del d.m. 3.11.1989 consistente nella inclusione in lista di attesa presso strutture del Servizio sanitario nazionale.
In conclusione, la Corte ha accolto il ricorso e cassato la sentenza impugnata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti, ha deciso nel merito, con il rigetto della domanda introduttiva del giudizio.
Link alla sentenza
Ecco il link a: Corte di Cassazione, *********************, con la sentenza del 19 gennaio 2018, n. 1391
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