Rinvio pregiudiziale ed esercizio del potere cognitivo: sentenza della Cassazione

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Con una recente sentenza (n. 40175 del 6 ottobre 2023), la Corte di Cassazione ha chiarito alcuni aspetti riguardanti il rinvio pregiudiziale e l’esercizio del potere cognitivo del giudice.

Per approfondimenti si consiglia: Dibattimento nel processo penale dopo la Riforma Cartabia

Indice

Corte di Cassazione – Sez. VI Pen. – Sentenza n. 40715 del 5/10/2023

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1. I fatti: rinvio pregiudiziale

Nel corso del giudizio dinanzi al Tribunale di Torino, questo rilevava, nella fase dedicata ai sensi dell’art. 491 c.p.p. all’esame delle questioni preliminari, come il rinvio pregiudiziale fosse necessario in quanto i difensori degli imputati, riformulando le eccezioni già portate all’attenzione del Giudice all’udienza preliminare e da questo disattese, avevano sollecitato la declaratoria della competenza per territorio del Tribunale di Roma in relazione ad alcuni dei reati per cui si procedeva.
Quindi, sulla base dell’art. 24-bis c.p.p., introdotto dall’art. 4, comma 1, lett. a), d. lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, il giudice, con ordinanza, ha rimesso alla Corte di Cassazione gli atti del procedimento pendente chiedendo che venisse definita la questione suesposta.

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2. L’analisi della Cassazione

La Corte di Cassazione ha chiarito la questione affermando, preliminarmente, che il sopracitato istituto di cui all’art. 24-bis c.p.p. “ha la funzione di scongiurare i rischi derivanti da un ritardato riconoscimento di tale incompetenza, che nella pratica ha talora comportato la necessità che il relativo procedimento venisse di fatto ‘azzerato’, dovendo iniziare di nuovo davanti all’autorità giudiziaria indicata come quella competente per territorio“.
La ratio, dunque, è di garantire l’efficenza dei “meccanismi” processuali, con una soluzione che possa mettere in sicurezza lo svolgimento del processo al fine di evitare inutili spendite di energie, così anche garantendo il precetto costituzionale della ragionevole durata del processo previsto dall’art. 111, co. 2, Cost.
Chiarito ciò, la Cassazione continua la sua analisi sancendo che “la lettera della disposizione dettata dall’art. 24-bis cod. proc. pen. (interpretata in collegamento con il testo degli artt. 22, comma 3 e 23 comma 1, cod. proc. pen.) consente di ritenere che il giudice chiamato a decidere d’ufficio o su eccezione di parte, una questione concernente la incompetenza per territorio e reputi che sia opportuno rimettere la decisione definitiva sulla questione alla Cassazione, dispone il rinvio pregiudiziale. Il ‘meccanismo’ risulta, in tal modo, complementare e anticipatorio rispetto anche ad un eventuale conflitto negativo di competenza, perché, in presenza di una questione ‘seria’, la soluzione della immediata declaratoria da parte del giudice procedente della propria incompetenza per territorio, lascerebbe, comunque, la possibilità che analoghe questioni vengano riproposte dinanzi al giudice indicato come competente. […] Escluso, dunque, che possa esaurirsi nella indeterminata prospettazione di una esigenza ‘esplorativa’, l’ordinanza di rimessione ex art. 24-bis cod. proc. pen. deve contenere una argomentata esposizione delle possibili soluzioni esegetiche alternative, nonché una completa descrizione di tutti i dati fattuali che possa permettere alla Cassazione di formulare un giudizio con plena cognitio, evitando il rischio di compiere verifiche ‘al buio’ che potrebbe condizionare la correttezza delle determinazioni finali“.
La Corte chiarisce che l’adempimento di tale onere motivazionale è condizione di ammissibilità della richiesta di decisione in via pregiudiziale, ed esso appare tanto più pregnante nei processi cumulativi sotto il profilo oggettivo e/o soggettivo, nei quali, cioè, l’azione penale sia stata esercitata in relazione ad una molteplicità di imputazioni e/o ad una pluralità di imputati.

3. La decisione della Cassazione

La Corte di Cassazione ha, dunque, sancito che essa, “nell’esercizio del suo potere cognitivo, non è vincolata a un criterio riconducibile al principio della domanda, ma diviene giudice chiamato a definire tale competenza in relazione all’intero processo, sicché il materiale conoscitivo messole a disposizione e l’illustrazione delle questioni di diritto devono essere quanto più possibile completi, sì da consentirle di riconoscere, al di là del perimetro tracciato dalle eccezioni di parte o dal provvedimento di rimessione, eventuali ulteriori ipotesi di incompetenza per territorio determinate dalla connessione, in relazione ad altre imputazioni o ad altri imputati, diversi da quelli indicati“.
Ha, infine, dichiarato la competenza territoriale del Tribunale di Roma in relazione ai capi di imputazione descritti dal Tribunale di Torino.

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Riccardo Polito

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