Risarcimento danni del servizio di fonia dinanzi al Giudice di Pace

Numerosi sono i ricorsi effettuati aventi ad oggetto un risarcimento danni a fronte di una interruzione o temporanea sospensione di telefonia fissa. Nella maggior parte dei casi, l’intestatario della utenza telefonica, evoca in giudizio la società di telefonia per ottenere il risarcimento dei danni tutti patiti in conseguenza della inspiegabile ed immotivata sospensione del servizio di fonia.

L’utente chiede che il Giudice accerti l’inadempimento e, conseguentemente, condanni la società convenuta al pagamento di un indennizzo pari al 50% del canone mensile corrisposto dal cliente, per ogni giorno di indebita sospensione, nel caso in cui vi fosse anche la restituzione delle bollette pagate per un servizio non fruito, al ristoro dei danni patrimoniali e non patiti in conseguenza di tale comportamento. E’ importante precisare che prima di avviare  un procedimento è   obbligatorio richiedere il tentativo di conciliazione previsto dall’art. 1, comma 11, L. 249/2007  tra il proprietario della utenza telefonica ( denominato attore) e la società di telefonia ( denominata convenuto).

La domanda attorea deve essere giudicata secondo diritto ai sensi del riformato 2° comma dell’art. 113 c.p.c., come risulta novellato dopo la conversione in Legge n. 63/2003 del D.L. n.18/2003, e che così recita: “Il Giudice di Pace decide secondo equità le cause il cui valore non eccede i millecento euro, salvo quelle derivanti da rapporti giuridici relativi a contratti conclusi secondo le modalità di cui all’art. 1342 cod. civ.“. Il contratto tra il consumatore e la società di telefonia rientra nell’ambito dei contratti a prestazioni corrispettive, precisamente di somministrazione di cui all’art. 1559 cod. civ., concluso con l’utilizzo di moduli o formulari e, pertanto, le controversie scaturenti da tali rapporti non possono essere decise secondo equità. Le circostanze riportate in citazione verranno dichiarate idonee se supportate anche dalla escussione di testi sulla cui attendibilità nessun dubbio deve sorgere al giudicante; il teste o i testi dovranno quindi confermare che l’utente  è rimasto privo di linea telefonica, che ha provveduto ripetutamente a segnalare la situazione alla convenuta attraverso l’apposito servizio di assistenza, e soprattutto  che il servizio non era funzionante.

La responsabilità della società di telefonia

La società in questione è tenuta a comportarsi secondo regole di buona fede e correttezza ex art. 1175 e 1375 c.c.  Tale principio si sostanzia nel generale dovere di solidarietà che impone a ciascuna delle parti di agire in modo da preservare gli interessi dell’altra, nonché di svolgere tutte le attività necessarie alla salvaguardia degli stessi (Cass. 3185/03).  Il principio di buona fede contrattuale, quindi, costituisce oggetto di un vero e proprio obbligo giuridico che si considera violato dalla parte contrattuale che, anche non dolosamente, ometta di tenere un comportamento improntato alla diligente correttezza.

Esso, peraltro, si impone con maggiore forza nei contratti di adesione (qual è il contratto di abbonamento telefonico), in cui è una sola delle parti a predisporre unilateralmente il contenuto dell’accordo, senza possibilità per l’altra di disporre o modificare le clausole inserite. La società convenuta, nel caso descritto, è tenuta prontamente ad  attivarsi per ripristinare la fornitura o predisporre mezzi alternativi o, quantomeno, informare l’utenza di eventuali guasti o disservizi.  Su di essa, da non tralasciare, grava ai sensi dell’art. 1218 c.c. l’onere di provare di non aver potuto adempiere l’obbligazione o di non aver potuto eseguire esattamente nel tempo la prestazione dovuta per causa a lei non imputabile. In conformità a quanto previsto dall’articolo 3, comma 4, della delibera n.179/03/CSP dell’Autorità per le Comunicazioni, la società di telefonia deve fornire prova dell’impossibilità tecnica di risoluzione di un eventuale guasto attraverso l’invio della preventiva informativa all’utente. Se tutto ciò non avviene, il disservizio è da imputarsi esclusivamente alla responsabilità della società  ed in quanto tale implicherebbe la corresponsione di un indennizzo proporzionato al disservizio subito dall’utente da computarsi in base all’articolo  delle condizioni generali di abbonamento (Ritardi nell’adempimento degli obblighi assunti dalla società nella fornitura del Servizio).

Nella maggior parte delle società di telefonia, tale pattuizione prevede che,  qualora  non si  rispettino i termini previsti per l’attivazione del Servizio, la riparazione di un guasto, il Cliente ha diritto ad un indennizzo pari al 50% del canone mensile corrisposto dal Cliente per ogni giorno lavorativo di ritardo incluso il sabato o di inadempimento delle condizioni, di volta in volta, stabilite. Difatti anche l’art.5 comma 1 dell’allegato A della delibera n.73/11/CONS prevede “in caso di completa interruzione del servizio per motivi tecnici sarà dovuto un indennizzo…”

Risarcimento del danno non patrimoniale

In alcuni casi ( provati attraverso l’escussione di testi) è possibile fare richiesta di risarcimento del danno non patrimoniale o  danno esistenziale, che oramai costante e consolidata giurisprudenza, ritiene risarcibile per “sconvolgimenti” delle abitudini di vita e delle relazioni interpersonali provocate da fatto illecito e che si traduce in “cambiamenti peggiorativi permanenti, anche se non sempre definitivi” delle stesse. Dalla circostanza della mancata fornitura del servizio richiesto e pagato, può farsi discendere anche la prova di tale tipo di danno. Non vi è dubbio, infatti, che l’interruzione della fornitura ha necessariamente determinato una modifica negativa della vita dell’istante, consistente nell’alterazione delle normali attività dell’individuo e che, pertanto, tale modifica non deve essere oggetto di una specifica prova.

Tali alterazioni, pur non accertabili medicalmente, perché non sfocianti in una patologia come nel caso del danno biologico ledono, tuttavia, diritti degli individui di rango costituzionale e tutelati dall’ordinamento. La impossibilità di comunicare con l’esterno attraverso il telefono, la impossibilità di intrattenere i rapporti che normalmente si mantengono anche attraverso questo strumento, lo stress e il malessere che il non uso dello stesso comporta,  costituisce una lesione del diritto della persona inquadrabile tra quelli tutelati dall’art. 2 della Costituzione. Il riconoscimento della persona umana, infatti, si sostanzia anche attraverso il rispetto dei desideri e delle aspettative che ognuno può avere in dati momenti della sua vita e che, giustamente, trovano tutela nell’ampio dettato del richiamato art. 2 della Costituzione. La lesione della personalità del soggetto è suscettibile di tutela, indipendentemente dallo specifico interesse leso che può anche non avere una diretta rilevanza costituzionale, ma va tutelato ogni qualvolta configuri una alterazione della manifestazione della personalità tutelata costituzionalmente ex art. 2 della costituzione (App. Milano 14-02-03).

Il danno esistenziale è, quindi, individuabile, come nel caso di specie, ove sia accertata una modificazione peggiorativa, apprezzabile per intensità e qualità, nella sfera del soggetto leso, tra cui va fatta rientrare l’alterazione del diritto alla normale qualità della vita ovvero alla libera estrinsecazione della personalità (App. Milano 14-02-03). Quanto alla liquidazione del danno esistenziale risarcibile, la stessa non può essere effettuata che con il ricorso all’equità ex art. 1226 c.c., metodo allo stato ritenuto maggiormente praticabile e che, stante la particolare natura del danno in oggetto, appare oltremodo opportuno.

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Dott.ssa Conte Sissy

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