Risarcimento per equivalente invece di riparazione diretta: clausola vessatoria?

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Non è vessatoria la clausola che prevede uno scoperto in caso di opzione del danneggiato per il risarcimento per equivalente in luogo della riparazione diretta.
Nello specifico, con sentenza numero 25743 del 04/09/2023 la III sezione della Suprema Corte (Pres. Scrima – relatore Spaziani) ribadisce che non è da ritenersi vessatoria la clausola del contratto di RCA che prevede uno scoperto in caso di mancata riparazione presso il carrozziere convenzionato.


Per approfondimenti si consiglia: Estimo assicurativo

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Corte di Cassazione – Sez. III Civ. – Sent. n. 25743 del 04/09/2023

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1. I fatti di causa e i giudizi di merito

Tizio, titolare di polizza RCA per il proprio veicolo, veniva coinvolto in un sinistro stradale e, al fine di ottenere il risarcimento del danno materiale subito formulava richiesta risarcitoria, in regime di indennizzo diretto, al proprio assicuratore.
La Compagnia concordava il danno, ma inviava una offerta decurtata di euro 500,00 pari allo scoperto minimo dovuto, secondo la polizza di RCA invocata, in caso di risarcimento per equivalente in danaro in luogo di riparazione presso esercizio convenzionato.
Tizio adiva il Giudice di pace, confermando la adesione alla quantificazione del danno concordato con l’assicuratore ma denunziando la nullità della clausola che prevedeva lo scoperto, definito dalla difesa di Tizio, “franchigia”, perché vessatoria, concludendo quindi per la richiesta di condanna dell’assicuratore alla residua somma di euro 500,00. Il Giudice di pace rigettava la domanda, e il Tribunale, adito da Tizio in sede di appello, confermava la pronuncia.
In particolare, detto ultimo, qualificava la clausola come afferente uno scoperto e non una franchigia e non ne riteneva necessaria l’espressa accettazione, non qualificandola quindi come vessatoria, poiché si trattava di una clausola di limitazione del rischio e non di una clausola di esclusione della responsabilità.

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2. Risarcimento per equivalente e clausola vessatoria: analisi della Cassazione

Tizio ricorreva per Cassazione sulla scorta di tre motivi, dei quali uno di interesse per il tema trattato.
Con il primo motivo il ricorrente censura la violazione dell’art. 1341 e dell’art. 1229 cc, nella parte in cui il giudice del merito aveva omesso di ritenere la clausola in esame come limitativa della responsabilità, salvandola così dalla nullità prevista dalle predette norme.
La Corte rigetta il ricorso, ricordando che “nell’ambito del contratto di assicurazione, sono da considerare limitative della responsabilità, per gli effetti dell’art. 1341 c.c., le clausole che circoscrivono le conseguenze della colpa o dell’inadempimento o che escludono il rischio garantito, mentre, al contrario, attengono all’oggetto del contratto quelle che concernono il contenuto e i limiti della garanzia assicurativa e, dunque, specificano il rischio garantito” e citando così gli innumerevoli precedenti (Cass. 23741/2009, Cass. 8235/2010, Cass. 15598/2019 e 2660/2021).
In ragione di tanto, deve escludersi che siano soggette all’obbligo della specifica approvazione preventiva per iscritto le clausole che si limitano a prevedere uno scoperto in termini percentuali o, in luogo del risarcimento per equivalente, l’obbligo, per l’assicuratore, di provvedere alla riparazione in forma specifica (eventualmente, come nella specie, attraverso la previsione della riparazione del veicolo presso una carrozzeria convenzionata), la quale costituisce una forma di risarcimento o di indennizzo che consente al danneggiato di ottenere il ristoro del pregiudizio subito mediante la diretta rimozione delle conseguenze dannose e la restitutio in integrum del medesimo bene che costituiva il punto di riferimento oggettivo dell’interesse leso, ma non ne limita il diritto al risarcimento.
Con le clausole in esame, infatti, afferma la Corte, non viene imposto al contratto di assicurazione un peso che rende eccessivamente difficoltosa la realizzazione del diritto dell’assicurato nè si consente all’assicuratore di sottrarsi in tutto o in parte alla sua obbligazione o si assoggetta la soddisfazione dell’assicurato all’arbitrio dell’assicuratore; invero, e senza alterare l’equilibrio tra diritti e obblighi derivanti dal contratto di assicurazione, viene specificato l’oggetto del contratto stesso e vengono pattuite le modalità e la forma con cui l’assicuratore è tenuto a rivalere l’assicurato del danno prodottogli dal sinistro.
In ragione di tanto, e ricordando che ai sensi dell’art. 2058 I comma cc la scelta tra la riparazione presso il riparatore convenzionato e al somma di danaro per equivalente spetta sempre al creditore/danneggiato, erra l’attore quando ritiene il risarcimento per equivalente maggiormente satisfattivo per il creditore rispetto a quello in forma specifica; se il debitore offre il risarcimento in forma specifica, infatti, l’eventuale rifiuto di tale offerta potrebbe essere contrario a buona fede, nella misura in cui precludesse al debitore di conseguire un risultato utile che non comporta per il creditore un apprezzabile sacrificio e che è, anzi, normalmente più adeguato al fine risarcitorio e, dunque, al soddisfacimento dell’interesse creditorio, ai sensi dell’art. 1174 cc.
In ragione di tanto, quindi, danneggiato e danneggiante possono validamente ed efficacemente accordarsi sul risarcimento in forma specifica, anche in via preventiva: tale accordo, infatti, integra un contratto innominato avente causa risarcitoria, diretto a realizzare un interesse meritevole di tutela secondo l’ordinamento giuridico ex. art. 1322 II comma cc
La Corte conclude, quindi, ribadendo che “La clausola contrattuale diretta a prevedere siffatta forma risarcitoria, predisposta unilateralmente dal debitore, non determina, pertanto, uno squilibrio in suo favore dei diritti ed obblighi derivanti dal contratto: la concreta operatività di tale istituto, ove sia materialmente possibile, trova infatti un limite, non già nelle esigenze di tutela del creditore (il cui interesse viene, al contrario, pienamente reintegrato), ma nelle esigenze di tutela del debitore, il quale può liberarsi mediante il risarcimento per equivalente, ove quello in forma specifica risulti per lui eccessivamente oneroso”
Il ricorso è, quindi, respinto.

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Michele Allamprese

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