La posizione di garanzia del datore di lavoro nei confronti dei lavoratori, consacrata nel decreto legislativo 81/08, impone a quest’ultimo di scongiurare che dalla condotta criminosa di altri possa derivare un danno al lavoratore.
Indice degli argomenti
1. La necessaria prevedibilità dell’evento deve riferirsi alla classe di eventi in cui si colloca quello oggetto del processo. 2. L’obbligo di garanzia del datore nei confronti del lavoratore che deve essere protetto da ogni evento di danno sul luogo di lavoro. 3. Il rischio Rapina e Terrorismo. 4. Efficacia esimente, in siffatte ipotesi, del modello 231. 5. Conclusioni
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La necessaria prevedibilità dell’evento che si ha l’obbligo giuridico di scongiurare deve riferirsi alla classe di eventi in cui si colloca quello oggetto del processo.
Le Sezioni Unite, nel noto arresto giurisprudenziale, che ha riguardato il caso Thyssenkrupp, hanno evidenziato con dovizia di particolari che, quale requisito del costrutto accusatorio, è necessario che la “prevedibilità dell’evento – anche sotto il profilo causale – non può riguardare la configurazione dello specifico fatto in tutte le sue più minute articolazioni, ma deve mantenere un certo grado di categorialità, nel senso che deve riferirsi alla classe di eventi in cui si colloca quello oggetto del processo” (Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014 – dep. 18/09/2014, P.G., R.C., Espenhahn e altri, Rv. 261106).
In virtù di ciò, il datore di lavoro nella redazione del DVR deve avere riguardo alla potenziale idoneità della condotta a dar vita ad una situazione di danno per i lavoratori e non anche alla specifica rappresentazione ex ante dell’evento dannoso, quale si è verificato in tutta la sua gravità ed estensione: occorre, dunque, secondo l’insegnamento della Suprema Corte, ai fini del giudizio di prevedibilità, far riferimento alla classe di eventi che poteva e doveva essere prevista ex ante e, non certo, fare riferimento al fatto occorso in tutti i suoi accidentali ragguagli che nella realtà diviene sempre, inevitabilmente, unico, ed in quanto tale, irripetibile ed imprevedibile.
L’obbligo di garanzia del datore nei confronti del lavoratore che deve essere protetto da ogni evento di danno sul luogo di lavoro.
Secondo una recentissima sentenza della Corte di legittimità, in caso di rapina, il datore di lavoro è responsabile, ai sensi dell’art. 2087 c.c., per i danni causati al dipendente/lavoratore, se non prova di aver fatto tutto il possibile per scongiurare l’evento (Cassazione Civile, Sez. Lav., 25 febbraio 2021, n. 5255).
A dirlo è la sezione Lavoro della Corte di Cassazione che ha riconosciuto la responsabilità di Poste Italiane S.p.A. per mancata adozione di idonee misure di tutela dell’integrità fisica del dipendente, quali la blindatura dell’ambiente di lavoro, la presenza di vetri antiproiettile e la vigilanza delle guardie giurate, per quanto accaduto ad un dipendente con la qualifica di operatore di sportello in servizio presso l’ufficio postale di Roma.
Nell’arresto citato, i Giudici di P.zza Cavour evidenziavano, con illuminante capacità espositiva, che “la mancata adozione, da parte del datore di lavoro, di adeguate misure, specificamente dirette ad impedire, prevenire o comunque rendere più difficoltoso il realizzarsi del programma delittuoso, fonda la responsabilità del medesimo datore in ordine agli eventi dannosi che ne siano la conseguenza” e che “nella specie, nell’ufficio postale interessato, che custodiva anche contante (la somma asportata ammonta ad oltre 2.000,00 euro), non erano installati efficaci sistemi di protezione antirapina, nonostante la prevedibilità di tale evento; giacché né era assicurata la separazione invalicabile dell’ambiente valori, né, alternativamente, erano installati dispositivi di controllo in ingresso, o era prevista una vigilanza armata di personale di sicurezza”.
I richiamati Giudici nell’accogliere le ragioni del lavoratore hanno evidentemente considerato il grado di categorialità, nel senso che l’evento ben poteva riferirsi alla classe di eventi in cui si colloca la protezione del lavoratore, che, nell’obbligo di garanzia, consacrato nel decreto legislativo 81/08, trova la sua fonte giuridica. (vedi Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014 – dep. 18/09/2014, P.G., R.C., Espenhahn e altri, Rv. 261106).
Il rischio Rapina e terrorismo
Nel 2019 le rapine denunciate alle Forze di Polizia sono state 24.276, la prevalenza dei casi ha riguardato gli esercizi commerciali con 3.691 casi, seguono poi le rapine nei locali/esercizi pubblici (1.089), quelle in farmacia (635 casi), le rapine ai distributori di carburante (301), le rapine in banca (272), quelle in tabaccheria (229) e le rapine agli uffici postali (193). (analisi statistiche tratte dal “Rapporto Intersettoriale sulla Criminalità Predatoria 2020” realizzato da ABI).
La particolarità di questo rischio richiede una metodologia di analisi sostanzialmente differente rispetto ai tradizionali rischi presenti negli ambienti di lavoro.
I fattori che costituiscono la sua genesi di riferimento sono, infatti, variabili e sostanzialmente non eliminabili, ed è per siffatta ragione che, sempre più spesso, nei Documenti di Valutazione dei Rischi afferenti agli Istituti bancari, viene ad essere, sempre più con maggiore frequenza, individuato tale rischio.
Rischio che deve essere inquadrato come un evento criminoso, inatteso e potenzialmente minaccioso per la vita del lavoratore, in grado di generare nelle persone coinvolte gravi sintomi da stress post traumatico e/o conseguenza ancor più gravi in termini di danni fisici.
Ogni attività che preveda la presenza di denaro contante o di valori non può prescindere dal rischio di eventi criminosi assolutamente indesiderati, spesso violenti, che neppure le migliori misure protettive possono escludere.
Tale previsione di rischio, data la elevata probabilità di accadimento, deve indurre il datore di lavoro ad individuare, attraverso un adeguato programma di prevenzione, ogni soluzione volta a far regredire tale rischio nei limiti di accettabilità, preservando, i lavoratori e le altre persone presenti all’interno dei luoghi di lavoro dal subire danni fisici e psicologici come conseguenza dell’evento criminoso.
Il rischio rapina, pertanto, nella sua relativa valutazione di rischio dovrò trovare una adeguata analisi di tutti gli elementi che secondo la comune esperienza sono afferenti all’evento in questione. Ragion per cui, il datore di lavoro nella valutazione del rischio in questione, non potrà prescindere dal comportamento aggressivo del rapinatore, dalle eventuali reazioni improprie dei dipendenti o dei clienti, dalla durata della rapina e/o dall’eventuale uso delle armi da parte delle forze dell’Ordine o delle guardie private.
Pertanto, dovrà essere onere e cura del datore di lavoro predisporre tutte le misure per scongiurare in concreto l’evento e formare i lavoratori ad affrontare tale, possibile e probabile, rischio lavorativo, avendo cura di programmare momenti di adeguata preparazione all’argomento.
In sede di formazione i lavoratori dovranno essere preparati ad un’adeguata tutela degli aspetti relazionali ed emotivi, alla salvaguardia di sé stessi e alla consapevolezza di affrontare, sotto il profilo psicologico, un momento di estremo pericolo con ogni spirito di reazione cognitiva che il caso di specie può richiedere.
Nel contesto individuato, rileva l’indiscussa necessità che il lavoratore acquisisca durante la formazione ogni consapevolezza al problema, consapevolezza a cui si potrà giungere solo attraverso l’analisi e la conoscenza delle misure preventive, degli elementi di base e delle tematiche di riferimento nonché di ogni eventuale sistema di difesa volto a determinare azioni consapevoli individuali e collettivi.
In mancanza di ciò il rischio rapina, alla pari di tutti gli altri rischi aziendali, in caso di danno al lavoratore, potrà porsi come genesi di condanna per il datore di lavoro per non aver previsto siffatto rischio e non aver fatto di tutto per scongiurare l’evento.
Analoghe considerazioni, è ovvio, devono essere fatte per il rischio di terrorismo, tale rischio prescinde dalla presenza di denaro contante o di valori ed è certamente meno probabile, ma la sua magnitudo, intesa come gravità delle conseguenze di danno ai lavoratori, è di certo superiore del precedente rischio trattato. È ormai di dominio pubblico che gli avvenimenti che hanno colpito l’Europa, e non solo, negli ultimi anni sono solo un esempio degli atti terroristici e di violenza che continuano ad intensificarsi e manifestarsi in tutto il mondo.
L’instabilità sempre più diffusa in tutti i paesi ha favorito l’incertezza in varie zone, dando l’opportunità a diversi gruppi terroristici di rafforzarsi e svilupparsi.
Gli eventi dell’11 settembre hanno per sempre cambiato la nostra vita e il nostro modo di intendere il concetto di sicurezza, la tensione e l’incertezza scaturita dagli attacchi terroristici, oggi, è un meccanismo da cui non si può prescindere e di cui ci dobbiamo prenderci cura con la massima attenzione e consapevolezza e devono, per forza di cose, mutare tutte le concezioni di approccio al fenomeno. Perfino, le Nazioni Unite hanno individuato, attraverso una serie di risoluzioni del Consiglio di Sicurezza, quelle che potremmo definire linee guida dell’azione di contrasto del nuovo terrorismo, fenomeno contraddistinto dal carattere antioccidentale di tipo radicale racchiuso nella cultura jihadista.
Efficacia esimente, in siffatte ipotesi, del modello 231.
Per dovere di completezza, non può omettersi di rilevare che, il modello 231, laddove adottato, non potrà spiegare nessuna efficacia esimente a favore di quel datore di lavoro abbia omesso, nella redazione del DVR, la previsione di taluni rischi e le conseguenti misure prevenzionistiche, il verificarsi dei quali ai danni del lavoratore conduce ineludibilmente verso la sentenza di condanna (Cass. Pen. Sez. IV n. 4075 del 3 febbraio 2021).
Lo si apprende dalla lettura del testo della sentenza formulata dalla Cassazione (Sez. IV n. 4075 del 3 febbraio 2021), nella quale i Giudici della IV sezione riportano, con ogni illuminante chiarezza, che renderebbe tautologico ogni commento di sorta, che: “il datore di lavoro ha l’obbligo giuridico di analizzare, secondo la propria esperienza e la migliore evoluzione della scienza tecnica, tutti i fattori di pericolo concretamente presenti all’interno dell’azienda e, all’esito, deve redigere e sottoporre ad aggiornamenti periodici il documento di valutazione dei rischi previsto dall’art. 28 del D.lgs.n.81/2008, all’interno del quale è tenuto ad indicare le misure precauzionali e i dispositivi di protezione adottati per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori.
Lo strumento della adeguata valutazione dei rischi è un documento che il datore di lavoro deve elaborare con il massimo grado di specificità, restandone egli garante: l’essenzialità di tale documento deriva con evidenza dal fatto che, senza la piena consapevolezza di tutti i rischi per la sicurezza, non è possibile una adeguata politica antinfortunistica (Sez. 4, n. 43786 del 17/09/2010, Cozzini e altri, Rv. 248943).
E ciò perché in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, il rapporto di causalità tra la condotta dei responsabili della normativa antinfortunistica e l’evento lesivo deve essere accertato in concreto, rapportando gli effetti dell’omissione all’evento che si è concretamente verificato [Sez.4, n. 8622 del 04/12/2009 (dep. 03/03/2010), Giovannini, Rv. 246498]” in virtù di ciò “La concessione della causa di non punibilità contemplata nel decreto, è l’effetto di un articolato percorso logico-argomentativo ….
Esso prende le mosse, inevitabilmente, da quell’accurata valutazione di idoneità del modello operata dall’ente in fase di adozione. In questa fase, infatti, l’ente è chiamato a pronosticare, dopo un’attenta valutazione di tutti i rischi a cui può esser esposto nel quotidiano, l’efficacia della sua organizzazione e, cioè, quella capacità di prevenire, intervenire, reagire e stigmatizzare le conseguenze del reato commesso.
Di fatto, quindi, il sindacato del giudice penale, si muove in parallelo sui bilanciamenti valutativi e le orme già percorse dall’organo amministrativo in fase di costruzione del modello” e, nel caso di specie, la condotta dell’imputato in relazione ai fatti occorsi, non aveva deposto in favore dell’adozione di un efficace predisposizione ed attuazione di un modello di organizzazione 231.
In conclusione
Al fine di non incorrere in responsabilità il datore di lavoro dovrà, nella redazione del DVR, prevedere ogni rischio che possa nuocere al lavoratore, onde, evitare gli effetti che quest’ultimo possa patire, e al contempo, approntare ogni misura ritenuta utile per scongiurare e/o diminuire le conseguenze in caso di verificazione dell’ipotesi di rischio prevista. Dovranno, pertanto, essere previsti e analizzati i rischi di nuovo conio, rapina e terrorismo, nei termini sopra riferiti, altrimenti, anche in presenza di un modello 231, data l’inidoneità e l’inefficacia e l’incompletezza del DVR, il Giudice dovrà per forza di cose orientarsi e propendere verso un giudizio di condanna.
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