L’ordinanza n. 28390 del 2024 della Corte di Cassazione riguarda la richiesta di risarcimento danni da parte di un coniuge lamentante l’omessa comunicazione, da parte dell’altro, di una riserva mentale relativa alla durata del matrimonio.
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Indice
1. La vicenda giuridica
Il ricorrente aveva convenuto in giudizio l’ex coniuge, sostenendo che questi avesse contratto matrimonio con l’intento di considerarlo una “prova”, senza il reale desiderio di rispettarne la durata. La riserva mentale sarebbe emersa durante un procedimento canonico, che aveva portato all’annullamento del matrimonio religioso. Tuttavia, la Corte d’Appello aveva respinto la delibazione di tale sentenza, ritenendo che essa fosse contraria all’ordine pubblico, in quanto basata su un comportamento unilaterale non comunicato al coniuge. Le richieste risarcitorie del ricorrente sono state respinte sia in primo grado sia in appello: i giudici che hanno escluso qualsiasi rilevanza giuridica della riserva mentale e la configurabilità di una responsabilità aquiliana.
2. Assenza di obblighi di comunicazione
La Cassazione è giunta alle medesime conclusione poste dai giudici di merito sulla non rilevanza della responsabilità aquiliana ex art. 2043 c.c.; In particolare, i giudici hanno sottolineato che il matrimonio, pur essendo un atto di autonomia privata, non è equiparabile ad un contratto. Di conseguenza, non si applicano gli obblighi di buona fede o correttezza precontrattuale previsti dagli artt. 1337 e 1338 c.c., né può configurarsi una violazione di tali principi per il mancato scambio di informazioni su stati soggettivi o intenzioni personali.
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3. La tutela aquiliana è applicabile?
La Suprema Corte di Cassazione ha escluso che la riserva mentale possa fondare una responsabilità civile ai sensi dell’art. 2043 c.c. Per configurare un danno ingiusto, infatti, è necessaria la lesione di un interesse giuridicamente tutelato. In questo caso, l’interesse del ricorrente a conoscere le intenzioni della controparte è stato considerato non meritevole di protezione, essendo prevalente il diritto del coniuge alla libertà matrimoniale.
Inoltre, la riserva mentale non costituisce una causa di invalidità del matrimonio nell’ordinamento civile. Gli artt. 122 e 129-bis c.c., che disciplinano rispettivamente l’errore sulla persona e la mala fede nel matrimonio, si riferiscono a situazioni specifiche che non includono stati soggettivi o intenzioni personali. Di conseguenza, tali norme non trovano applicazione in casi come quello esaminato.
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4. Esclusione del dolo incidente
Il ricorrente aveva sostenuto che la mancata comunicazione della riserva mentale integrasse un dolo incidente ai sensi dell’art. 1440 c.c., alterando il consenso matrimoniale. La Cassazione ha rigettato questa interpretazione, precisando che il dolo incidente è applicabile esclusivamente ai contratti e non può essere esteso al matrimonio, che è regolato da principi propri. Il consenso matrimoniale, infatti, riguarda diritti della personalità e non può essere viziato da elementi interni come le riserve mentali.
5. Il principio di diritto sulla riserva mentale
La Cassazione ha sintetizzato il proprio ragionamento con il seguente principio di diritto “Non rappresenta fatto costitutivo di responsabilità risarcitoria l’omessa comunicazione da parte di uno dei due coniugi, prima della celebrazione del matrimonio, dello stato psichico di concreta incertezza circa la permanenza del vincolo matrimoniale e della scelta di contrarre matrimonio con la riserva mentale di sperimentare la possibilità che il detto vincolo non si dissolva.”
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