Il nostro Codice Civile prevede diversi forme di risoluzione del contratto che sono la risoluzione per inadempimento, la risoluzione per impossibilità sopravvenuta della prestazione e la risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta.
Preliminarmente bisogna soffermarci sulla risoluzione del contratto per impossibilità sopravvenuta, la quale consistenell’impossibilità della prestazione libera il debitore quando essa sia stata determinata da causa a lui non imputabile, ovvero sia egli sia totalmente estraneo alle cause che hanno comportato l’impossibilità.
Si ha impossibilità sopravvenuta della prestazione quando si verifichino nel corso dell’esecuzione del contratto dei fatti, che presentino i caratteri dell’assolutezza e dell’oggettività, che fanno sì che una parte non sia più in grado di adempiere la propria obbligazione, dando esecuzione alla prestazione richiestale.
Invece la risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta è una modalità di scioglimento del contratto che opera con riferimento ai contratti ad esecuzione continuata o periodica ovvero ad esecuzione differita, ove cioè vi sia un protrarsi nel tempo dell’obbligo.
Infine la risoluzione del contratto per inadempimento si ha quando la parte che subisce l’inadempimento del contratto ha la possibilità di adire il Giudice Civile, territorialmente competente, per chiedere o la risoluzione del contratto stesso, appunto per inadempimento, oppure l’adempimento del contratto, salvo in ogni caso il risarcimento del danno.
Nell’ipotesi della di risoluzione del contratto per inadempimento esistono delle fattispecie in cui l’intervento dell’organo giudicante è meramente eventuale ed ha solo la finalità di dichiarare giudizialmente l’esistenza della risoluzione che in realtà si è già prodotta; si tratta della diffida ad adempiere, della clausola risolutiva espressa, e del termine essenziale.
La clausola risolutiva espressa contenuta in un contratto con la quale si stabilisce che se una data obbligazione non sarà adempiuta secondo le modalità stabilite, il contratto sarà risolto. In tal caso il contratto si scioglie di diritto quando la parte a ciò interessata comunica all’altra che intende avvalersi della clausola. Mentre il termine essenziale si ha quando le parti convengono nel contratto che una data prestazione debba essere eseguita entro una data prefissata, la quale può risultare espressamente dall’accordo delle parti medesime, ovvero discendere dalla natura della prestazione stessa. Se il termine decorre, senza che la prestazione sia eseguita e senza che l’altra parte dichiari di accettare l’esecuzione tardiva, il contratto si scioglie di diritto, anche se tale conseguenza non sia stata esplicitata in contratto.
Dopo aver fatto questa breve premessa in ordine alle modalità di risoluzione del contratto soffermiamoci sulla diffida ad adempiere
che è un
atto unilaterale e
recettizio di
autonomia privata, con il quale il contraente, adempiente o in procinto di adempiere, di un
contratto, intima all’altra parte di adempiere entro un dato termine. Con quest’atto quindi una parte, manifesta all’altro contraente, una duplice volontà: quella conservativa del contratto in caso d’adempimento nel termine assegnato o, in mancanza di tale adempimento nel termine, quella risolutiva del contratto stesso che, in questo modo, si risolve automaticamente e stragiudizialmente in virtù della diffida inviata. Rispetto alla semplice
intimazione ad adempiere o
costituzione in mora (regolata nel
Codice Civile dall’art. 1219 c.c.), la diffida ad adempiere richiede la volontà espressa del soggetto inviante la diffida, che si produca l’effetto giuridico della
risoluzione del contratto in caso di protrazione dell’inadempimento dell’altra parte. La diffida ad adempiere è regolata dall’ art. 1454 del codice civile e prevede un termine minimo non inferiore ai 15 giorni decorsi i quali i contratto s’intende senzìaltro risoluto di diritto.
In concreto quindi, l’
inadempimento di una parte, abilita la parte adempiente ad avvalersi della risoluzione del contratto per inadempimento mediante l’invio alla parte inadempiente di una comunicazione, contenente:
1) l’intimazione ad adempiere;
2) l’indicazione di un congruo termine entro il quale adempiere (nel rispetto di quanto stabilito dal secondo comma dell’articolo citato ovvero, in genere, non inferiore a 15 giorni);
3)La dichiarazione per cui, in caso di protratto inadempimento dopo il congruo termine stabilito, il contratto si considererà risoluto di diritto.
La diffida ad adempiere, inoltre può essere causa di risoluzione del contratto per inadempimento, in quanto la parte non inadempiente può intimare all’altra di adempiere entro un congruo termine, avvertendola che se non lo farà, decorso il termine indicato il contratto s’intenderà risolto.
Decorso inutilmente il termine, il contratto si scioglie di diritto.
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