Ritrattazione (art. 376 c.p.)

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La ritrattazione (art. 376 c.p.) è disciplinata nel libro secondo del codice penale – Dei delitti in particolare – Titolo III – Dei delitti contro l’amministrazione della giustizia – Capo I – Dei delitti contro l’attività giudiziaria.

Indice:

La norma in commento disciplina una causa di non punibilità. Giova ricordare, per motivi legati all’esposizione, che l’articolo de quo è il frutto di diversi interventi legislativi susseguitesi nel corso tempo, sulla base della sensibilità, nel reprimere i reati, del legislatore di turno (L. 356/1992, L. 397/2000, L. 94/2009, L. 133/2016) e volti ad estendere la platea delle fattispecie delittuose per le quali si possa configurare l’esimente in questione. I suddetti interventi, oltre ad incidere sull’area precettiva del codice in cui è inserita la norma, hanno certamente mutato, seppur in parte, la struttura originaria della fattispecie in scrutinio la quale disponeva che «Nei casi previsti dagli articoli 372 e 373, il colpevole non è punibile se, nel procedimento penale in cui ha prestato il suo ufficio, ritratta il falso e manifesta il vero prima che l’istruzione sia chiusa con sentenza di non doversi procedere, ovvero prima che il dibattimento si chiuso, o sia rinviato a cagione della falsità». A seguito delle novelle di cui sopra la norma, oggi, statuisce che: “Nei casi previsti dagli articoli 371bis, 371ter , 372 e 373, nonché dall’art. 375, primo comma, lett. b), e all’art. 378, il colpevole non è punibile se, nel procedimento penale in cui ha prestato il suo ufficio o reso le sue dichiarazioni, ritratta il falso e manifesta il vero non oltre la chiusura del dibattimento. Qualora la falsità sia intervenuta in una causa civile, il colpevole non è punibile se ritratta il falso e manifesta il vero prima che sulla domanda giudiziale sia pronunciata sentenza definitiva, anche se non irrevocabile”.

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La presente norma contempla una causa sopravvenuta di non punibilità soggettiva, volta a tutelare l’interesse al conseguimento, anche postumo, di dichiarazioni veritiere. Il legislatore in questo modo vuole premiare il testimone che manifesta il proprio pentimento operoso favorendo, quindi, il proprio ravvedimento. La ritrattazione consiste nel riconoscere le precedenti dichiarazioni rese come mendaci, con contestuale asserzione del vero. A tal proposito giurisprudenza consolidata nel tempo statuisce che: “La ritrattazione, quale causa di eliminazione della punibilità del delitto di falsa testimonianza, consiste in una smentita non equivoca del fatto deposto e nella manifestazione del vero; pertanto, non è tale la dichiarazione, fatta da un teste, di aver potuto anche errare in una precedente deposizione, ponendo solo in dubbio, senza escluderla, una circostanza prima asserita con sicurezza, poiché in tal caso, la smentita è equivoca e non manifesta il vero(Cass. n. 10334/1988). Ed ancora: La ritrattazione, quale causa che elimina la punibilità del delitto di falsa testimonianza, deve consistere in una smentita non equivoca del fatto deposto e nella manifestazione del vero, non essendo sufficiente la mera insinuazione del dubbio sulla veridicità della prima deposizione” (Cass. n. 33078/2003 e Cass. n. 9955/2016).

Deve trattarsi di un ravvedimento volontario che può non per forza essere spontaneo, potendo, altresì, discendere dal mero interesse del soggetto attivo di evitare conseguenze sanzionatorie. Non è ammessa la ritrattazione parziale, secondo consolidata giurisprudenza: “Non costituisce ritrattazione una parziale ammissione dei fatti veri, ovvero la sostituzione della versione falsa con la generica affermazione di “non ricordare bene a causa del tempo trascorso” (Cass. n. 6351/1980).

Data la natura soggettiva e personale della causa di non punibilità in scrutinio, secondo autorevole e consolidata giurisprudenza, è escluso che la ritrattazione possa operare anche nei confronti dell’istigatore, tranne nel caso in cui il soggetto che abbia istigato a commettere le fattispecie delittuose elencate abbia, poi, convinto l’istigato a ritrattare. Sul punto così hanno statuito le Sezioni Unite della Corte di Cassazione: “ La causa sopravvenuta di esclusione della punibilità prevista dall’art. 376 c.p. in favore di chi, avendo reso falsa testimonianza, l’abbia ritrattata, ha natura soggettiva e, come tale non opera nei confronti dell’istigatore, concorrente nel reato di cui all’art. 372 c.p., salvo che la ritrattazione sia il risultato del comportamento attivo dell’istigatore, diretto a sollecitarla per neutralizzare gli effetti del falso, lesivi dell’interesse alla realizzazione del giusto processo. Nel caso in cui nel reato di falsa testimonianza concorra colui che ha cagionato la deposizione mendace o reticente (istigatore), a fronte  dell’unità del fatto sul piano lesivo, sono riscontrabili addebiti soggettivi che restano sempre distintamente e diversamente graduabili e che vanno diversamente valutati. Ne consegue che la ritrattazione, qualora sia estranea alla condotta dell’istigatore o addirittura con essa confliggente, non può riverberare effetti sul medesimo concorrente morale proprio perché è un fatto del terzo e sarebbe ingiusto che apportasse vantaggi a chi nulla ha fatto per suscitarlo, o essendosi limitato ad operare nel senso della commissione del reato, senza poi attivarsi positivamente per annullare le conseguenze, o essendosi addirittura adoperato per scongiurare la ritrattazione medesima. Diverso è, invece, il caso in cui la ritrattazione sia il risultato del comportamento attivo dell’istigatore, rivolto a sollecitarla per annullare gli effetti del falso commesso dall’autore materiale, in quanto si verifica in detta ipotesi una sorta di “concorso nella ritrattazione” che ben può legittimare l’estensione ad entrambi i soggetti dell’esenzione dalla punibilità” (Cass. Sez. Un., n. 37503/2002).  Ed ancora: “ La causa sopravvenuta di esclusione della punibilità prevista dall’art. 376 cod. pen. in favore di chi, avendo reso falsa testimonianza, l’abbia ritrattata, ha natura soggettiva e, come tale, non opera nei confronti dell’istigatore, concorrente nel reato di cui all’art. 372 cod. pen., salvo che la ritrattazione sia il risultato del comportamento attivo dell’istigatore” (Cass. n. 34002/2015).

Ritrattazione di falsità intervenuta nel giudizio civile

Nel processo civile la ritrattazione può avvenire a condizione prevista che non sia stata ancora pronunciata sentenza definitiva ancorché irrevocabile. A tal proposito la giurisprudenza è costante nel ritenere che: La ritrattazione in sede penale della falsa testimonianza commessa in un processo civile è ammissibile qualora intervenga prima che sulla domanda giudiziale sia stata pronunciata sentenza definitiva anche se non irrevocabile, tale dovendosi intendere la sentenza emessa in primo grado, in appello, o in sede di rinvio, con cui viene completamente deciso il merito” (Cass. n. 6169/1996 , Cass. n. 39183/2005 e Cass. n . 42502/2012). Sempre sul punto si segnala il seguente arresto giurisprudenziale: La ritrattazione compiuta nel processo penale esclude la punibilità di una falsa testimonianza resa in un processo civile solo se interviene prima che sulla domanda giudiziale proposta in sede civilistica sia pronunciata sentenza definitiva anche se non irrevocabile, tale dovendosi ritenere ogni pronuncia sul “petitum” introdotto dall’attore o dal ricorrente compresa l’ordinanza emessa nel giudizio possessorio al termine della fase sommaria interdittale, con esclusione delle pronunce interlocutorie, incidentali o di carattere meramente processuale”  (Cass. n. 49072/2017).

Ritrattazione di falsità intervenuta nel giudizio penale

La ritrattazione opera come causa di non punibilità del reato di falsa testimonianza se si verificano due condizioni, inscindibili, quindi non alternative, ossia che la ritrattazione avvenga nello stesso processo penale in cui il teste ha prestato il suo ufficio, e che tale ravvedimento operoso sia espletato entro la dichiarazione di chiusura del dibattimento. A tal proposito, consolidata giurisprudenza statuisce che: La ritrattazione assume rilevanza solo allorquando essa sia resa nello stesso processo penale nel quale il teste ha prestato il suo ufficio o il responsabile abbia posto in essere la condotta di favoreggiamento, a nella rilevando che essa sia venuta a conoscenza della autorità davanti alla quale è stata consumata la falsità e che essa l’abbia utilizzata insieme con altri elementi processuali. La ritrattazione deve intervenire entro la chiusura del dibattimento ed, in caso di giudizio abbreviato, prima della chiusura della discussione a mente dell’art. 442, comma 1, cod. proc. pen., ad essa corrispondente.” (Cass. n. 15345/1990 e Cass. n. 27933/2016).  

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