Rordorf: verso il traguardo

Se l’obiettivo è salvare le imprese o per lo meno liquidarle senza che ne venga disperso il loro valore d’avviamento, è necessario che l’intervento dei molteplici strumenti predisposti dal legislatore per raggiungere tale scopo avvenga tempestivamente. Pertanto, con il Decreto Ministeriale 28 gennaio 2015 venne istituita la Commissione di Riforma presieduta dal Presidente Renato Rordorf con il compito fondamentale di introdurre strumenti volti a far emergere in via preventiva lo stato di crisi dell’impresa attraverso una riforma della disciplina concorsuale non più episodica e stratificata, bensì organica e sistematica.

Uno sguardo al passato

Con uno sguardo verso il passato, spesso necessario per progredire nel presente, “dopo oltre quindici anni dalla chiusura dei lavori della «Commissione Trevisanato»”, che, senza successo, già nel 2001 tentò di pervenire ad una riforma “organica” ed elaborò per la prima volta misure di allerta e prevenzione della crisi d’impresa, “il nostro ordinamento intravede la possibilità di vedere finalmente introdotta una disciplina ad hoc sulla procedura di allerta e di composizione assistita della crisi d’impresa, che altrove nel corso degli ultimi decenni (es: Francia) ha salvato migliaia di imprese e di posti di lavoro”.

Le novità introdotte dal disegno di legge n. 3671-bis-a

A seguito di un lungo percorso fatto di interventi legislativi, il 1° febbraio 2017 la Camera approva il disegno di legge n. 3671-bis-A, che delega il Governo a operare un’ampia riforma della disciplina delle crisi di impresa e dell’insolvenza, e l’11 ottobre dello stesso anno giunge infine il sì del Senato. Certamente l’interesse per la tutela della continuità d’impresa rappresenta il motore dell’intero disegno di legge approvato dalle Camere, e ciò emerge dall’intero ventaglio di novità introdotte. Si tratta tanto dell’istituto di allerta e di composizione della crisi, volto a far emergere la crisi d’impresa prima che la situazione diventi irreversibile, quanto di numerose altre misure.
All’art. 4 della Legge 19 ottobre 2017, n. 155, vengono disciplinate le anzidette “procedure di allerta e di composizione assistita della crisi”, le quali implicano la creazione di una sorta di fase preliminare e stragiudiziale attivabile volontariamente dal debitore, “nell’ottica di responsabilizzare chi, prima di tutti, è in grado di cogliere i segnali della crisi”, o e su segnalazione da parte di soggetti qualificati diversi dal debitore: gli organi di controllo societari, il revisore contabile, le società di revisione e i creditori pubblici. Per evitare che l’intervento del giudice venga interpretato dall’imprenditore come “l’anticamera di una successiva procedura concorsuale d’insolvenza” si è deciso di collocare tali procedure al di fuori del Tribunale. È attraverso questi strumenti a carattere “confidenziale” che l’impresa può prevenire la crisi irreversibile e adottare le misure necessarie per superare con risoluzione assistita il momento di difficoltà e rilanciare l’impresa sul mercato. Dunque, in caso di segnalazione o direttamente su istanza del debitore, si apre la procedura d’allerta che viene gestita da un organismo di composizione della crisi istituito presso ciascuna Camera di commercio, industria e artigianato, il quale, dopo un’analisi sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell’impresa, ha il dovere di disporre senza indugio l’audizione riservata e confidenziale del debitore e, se presente, dell’organo di controllo della società per raggiungere, entro un congruo lasso di tempo (non superiore a 6 mesi), una soluzione concordata con i creditori e porre rimedio allo stato di crisi. Ad ogni modo il legislatore si preoccupa di incentivare l’attivazione volontaria della procedura disponendo a beneficio dell’imprenditore virtuoso che abbia attivato tempestivamente l’allerta ovvero si sia avvalso di altri istituti finalizzati alla risoluzione concordata della crisi, una serie di misure premiali, sia di natura patrimoniale che personale.

La Commissione Rordorf

La Commissione Rordorf con la tanto attesa introduzione delle “Procedure d’allerta e di composizione assistita della crisi” ha voluto puntare ad un “momento di incontro, consulenza e confronto tra i soggetti interessati, che sia, e come tale appaia, del tutto esterno alla giurisdizione, individuato (anche per evitare inutili superfetazioni di enti, che – per dirla con Guglielmo di Occam – non sunt multiplicanda sine necessitate) negli attuali Organismi di composizione della crisi previsti dal- la Legge n. 3/2012, adeguatamente rivisti e valorizzati”. Con l’introduzione della procedura di allerta si vogliono arginare i danni che ad oggi scaturiscono dalla tolleranza eccessivamente protratta della situazione di crisi ed è proprio per incentivare il ricorso a tali procedure che, come si è anticipato, la legge affida agli organi di controllo societari, al revisore contabile e alle società di revisione (allerta interna) il compito di avvisare immediatamente gli organi di amministrazione del riscontro di fondati indizi di una crisi, e, in caso di omessa o inadeguata risposta da parte di quest’ultimo, di informare tempestivamente l’organismo dedicato all’assistenza del debitore nella procedura di composizione assistita dalla crisi. Ugualmente, i creditori pubblici qualificati, tra i quali l’Agenzia delle entrate, gli agenti di riscossione e gli entri previdenziali (allerta esterna) sono tenuti a segnalare il perdurare di inadempimenti di importo rilevante nei loro confronti.
Immediato sorge il confronto con la legislazione spagnola che ad oggi non soltanto difetta di un concetto più ampio di insolvenza, come quello italiano di “stato di crisi”, introdotto all’art. 160 L.fall. con la riforma del 2005 e già di per sé atto ad anticipare l’ammissione alle procedure concorsuali, ma neppure si avvale di istituti quali le procedure di allerta da ultimo introdotte in Italia per scongiurare definitivamente il rischio di irreversibilità della crisi. Nel sistema spagnolo, il principio di conservazione, viene inneggiato a gran voce, ma i buoni propositi del legislatore vengono disattesi dall’evidente incongruenza della disciplina concorsuale che prevede soluzioni diverse, ma a fronte dello stesso presupposto oggettivo: lo stato di insolvenza. Sembrerebbe, pertanto, che il legislatore italiano “abbia compreso maggiormente la situazione”, ovverosia la necessità di far emergere il prima possibile la crisi d’impresa per consentire l’effettivo salvataggio di quest’ultima.
Ma proseguendo con l’analisi delle innovazioni apportate dall’ultimo moto riformatore del legislatore italiano, si ritiene opportuno fare riferimento ad altre modifiche importanti dal punto di vista della continuità aziendale.
Di grande impatto per il sistema fallimentare risultano sia l’incentivo ulteriore all’utilizzo degli strumenti di composizione concordata della crisi, attuato attraverso la semplificazione delle regole per l’accesso agli accordi di ristrutturazione dei debiti e ai piani attestati di risanamento, sia l’introduzione, per la prima volta, di una definizione dell’ambiguo concetto di “stato di crisi”, da intendersi ora come “probabilità di futura insolvenza anche tenendo conto delle elaborazioni della scienza aziendalistica”, e funzionale alla stessa procedura di allerta “dal momento che la sua attivazione non può che coincidere con l’entrata in crisi (in senso ampio) dell’impresa”. Rilevante è anche l’opera di rinnovamento del concordato preventivo. Quest’ultimo viene ridisegnato ammettendo, accanto a quello “con continuità aziendale”, anche il concordato preventivo che mira alla liquidazione dell’azienda, purché sia in grado di assicurare il pagamento di almeno il 20 per cento del totale dei crediti chirografari. E ancora, di rivoluzionaria importanza per il sistema concorsuale vi è finalmente l’eliminazione della procedura fallimentare e la conseguente creazione di un’unica procedura giudiziale per l’accertamento dello stato di crisi o di insolvenza del debitore e prodromica all’avvio della procedura più idonea secondo le caratteristiche soggettive ed oggettive dell’impresa. In altri termini l’art. 2 della legge n. 155/2017 prevede l’eliminazione del termine “fallimento”, che viene sostituito dall’espressione “liquidazione giudiziale” con il fine di evitare il marchio di infamia e le conseguenze distorte che da ormai 75 anni si ricollegano immediatamente alla dichiarazione di fallimento dell’imprenditore, incidendo negativamente sia sulle sue possibilità di avviare una nuova attività, sia conseguentemente sul mercato, deprivato di importanti risorse economiche.
La nuova procedura, dopo una previa fase comune, a seconda delle situazioni, potrà evolversi in direzione conservativa o liquidatoria, tenuto presente che l’art. 2, lett. g) della legge n. 155/2017, esaltando il principio di conservazione come valore in sé, impone di trattare con priorità le “proposte che comportino il superamento della crisi assicurando la continuità aziendale, anche tramite un diverso imprenditore, purché funzionali al miglior soddisfacimento dei creditori e purché la valutazione di convenienza sia illustrata nel piano, riservando la liquidazione giudiziale ai casi nei quali non sia proposta un’idonea soluzione alternativa”. La liquidazione diviene cioè extrema ratio. Conseguentemente, la disciplina della nuova procedura fallimentare, che tuttavia “fallimentare” non potrà più chiamarsi, non sembra discostarsi dall’attuale sistema concorsuale spagnolo caratterizzato anch’esso da un’unica procedura giudiziale di accertamento (concurso) e da due possibili soluzioni alternative, quella concordata (convenio) e quella liquidatoria (liquidación). Anche il legislatore spagnolo dichiara di voler favorire la soluzione concordata, ovverosia il convenio, considerato più adatto alla prosecuzione dell’attività dell’impresa, sebbene la realtà concreta smentisca i buoni propositi.
Infine, si vuole ricordare che la riforma definitiva della normativa sulla crisi d’impresa rinuncia alla possibilità di occuparsi anche di un ulteriore tassello del sistema concorsuale italiano, infatti, contrariamente ai propositi di organicità assoluta della riforma, esce dalla L.155/2017 la parte sull’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza, che durante l’esame alla Camera è stata inserita in un disegno di legge delega a parte: il disegno di legge delega al Governo in materia di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza n. 3671-ter- A, approvato dalla Camera il 10 maggio 2017 e attualmente all’esame del Senato. Era da diversi anni che, dinanzi alla convivenza di due tipologie differenti di procedura (l’una disciplinata dalle norme del d.lgs. n. 270/1999 e l’altra dalle norme del d.l. n. 347/2003), si sentiva l’esigenza di dare vita ad una riforma organica dell’amministrazione straordinaria, cosicché la Commissione Rordorf, incaricata di riformare l’intero sistema delle procedure concorsuali in un testo unico, propose una reductium ad unum dei diversi modelli in vigore e la conservazione del modello di amministrazione straordinaria bifasico, proprio della legge “Prodi-bis”, con l’obiettivo di conservare il patrimonio produttivo ed il livello d’occupazione di imprese che, in ragione della loro notevole dimensione, rivestono un ruolo economico-sociale di rilievo. Proposta che è stata recepita nel testo del ddl stralciato dall’originario modello di riforma unitario.
Le riforme, i ritocchi e le novelle normative si sono susseguite incessantemente nel tempo, già a partire dagli anni ’70, fino ad oggi, stratificandosi sul corpo del Regio Decreto 16 marzo 1942, n. 267, senza mai intervenire in maniera organica e sistematica. Ad oggi, sembra che il legislatore sia riuscito finalmente a ribaltare il sistema fallimentare italiano, se non altro sradicando dall’ordinamento lo stesso termine “fallimento” e con l’inserimento di strumenti concreti volti ad allertare il sistema con sufficiente anticipo per prevenire l’insolvenza irreversibile delle imprese. Il Regio Decreto del 16 marzo 1942 non ha mai subito cambiamenti così radicali , eppure, soltanto l’esperienza futura sarà in grado di dimostrare se gli obiettivi auspicati, la creazione cioè di un sistema improntato non più sulla disgregazione dell’impresa decotta, ma sul desiderio di salvaguardare e conservare le unità produttive con una concreta riduzione di percentuali di soluzioni liquidatorie, siano stati effettivamente raggiunti. L’efficienza o meno del nuovo sistema di allerta e di composizione assistita della crisi, nonché del nuovo ed unico procedimento di accertamento della crisi o dell’insolvenza per tutte le diverse procedure, verrà valutata in un futuro prossimo da chi avrà la possibilità di osservarne la messa in pratica di tali strumenti una volta che il Governo compia l’ultimo passo di questo iter legislativo per la riforma organica della disciplina della crisi di impresa e dell’insolvenza.

Note

(1) Cfr. PELLEGATTA, A., La riforma della normativa sulla crisi d’impresa e dell’insolvenza:le procedure di allerta e di composizione assistita, in Crisi d’Impresa e Fallimento, 8 marzo 2017, p. 3, parla di “progressus ad originem”.
(2) L’insuccesso della proposta della Commissione Trevisanato è plausibilmente riconducibile a ragioni di riservatezza di libertà di iniziativa economica dell’imprenditore, poiché le misure di allerta da molti erano viste come indebita ingerenza nella sfera dell’imprenditore per la gestione autonoma della crisi d’impresa. (Vd. RONDINONE, op. cit. p. 344). Inoltre, non mancarono critiche verso questi sistemi ipotizzati di allerta, in quanto considerati “pericolosi” poiché avrebbero potuto generare un clima di allarmismo e “far precipitare semplici situazioni di temporanea difficoltà trasformandole immediatamente e necessariamente in fallimento, con conseguente distruzione di ricchezza e senza alcuna possibilità di risanamento” ( così DE MATTEIS, S., L’allerta nel disegno di legge delega n. 3671-bis, in Il Diritto Fallimentare e delle società commerciali, n. 3–4/2017, p. 754).

(3) PELLEGATTA, A., Ibidem, p. 12.

(4)Da questo momento il Governo dispone di un periodo di dodici mesi per adottare uno o più decreti legislativi, e dare vita così alla prima riforma organica della Legge Fallimentare dal 1942.

(5) DE MATTEIS, op. cit. p. 765.

(6)È opportuno ricordare che nell’eventualità in cui non vengano individuate misure idonee a superare la crisi dovrà esserne informato il pubblico ministero presso il tribunale del luogo in cui il debitore ha sede perché accerti tempestivamente l’insolvenza. Pertanto CATALDO, M., La soggezione dell’impresa in crisi al regime di allerta e composizione assistita, in Il fallimento e le altre procedure concorsuali, n. 10/2016, parla di: “«foglia di fico», intesa a rassicurare gli imprenditori, celando che la composizione assistita possa funzionare anche come mera ‘anticamera’ del fallimento”.

(7) Art. 4, comma 1 della L. 155/2017.

(8) Pertanto si parla di “composizione assistita della crisi”.

(9) L’art. 4, comma 1, lett. h), della Legge 19 ottobre 2017, n. 155 recante la “Delega al Governo per la riforma delle discipline della crisi di impresa e dell’insolvenza” include tra le misure premiali la “causa di non punibilità per il delitto di bancarotta semplice e per gli altri reati previsti dalla legge fallimentare[…], un’attenuante ad effetto speciale per gli altri reati, nonché una congrua riduzione degli interessi e delle sanzioni correlati ai debiti fiscali dell’impresa, fino alla conclusione della medesima procedura…”.

(10) VELLA, op. cit. p. 11.

(11)Si ricorda che il legislatore spagnolo in virtù del principio di unità, inserisce il presupposto oggettivo unico dell’insolvenza per la procedura del concurso, tuttavia, come afferma GARCÍA ESCOBAR, op. cit. p. 545, “esta opción quedó absolutamente degradada con la inclusión de los institutos preconcursales, que insólitamente mantienen esa identidad de presupuesto objetivo con el procedimiento ordinario. Un instituto preconcursal cuyo presupuesto objetivo replica al del concurso es un despropósito legislativo de grandes dimensiones”.

(12) GARCÍA ESCOBAR, op. cit. p. 490 ( traduzione propria di chi scrive).

(13)Risulta impossibile argomentare esaustivamente in questa sede il complesso delle nuove disposizioni introdotte dalla riforma anzidetta. Ci si limiterà ad enunciare le novità più importanti dal punto di vista della rescue culture.

(14) Artt. 5 e 6 della Legge 19 ottobre 2017, n. 155.

(15) Art. 2, comma 1, lett. c) della L. 155/2017.

(16) DE MATTEIS, op. cit. p. 776.

(17) Esplicativa in questo senso risulta la Relazione-schema di disegno di legge recante “delega al governo per la riforma organica delle discipline della crisi di impresa e dell’insolvenza”, nella cui premessa generale, p. 2, si legge: “Sempre sul piano definitorio, si propone di abbandonare la pur tradizionale espressione «fallimento» (e quelle da essa derivate), in conformità ad una tendenza già manifestatasi nei principali ordinamenti europei di civil law (tra cui quelli di Francia, Germania e Spagna), volta ad evitare l’aura di negatività e di discredito, anche personale, che storicamente a quella parola si accompagna; negatività e discredito non necessariamente giustificati dal mero fatto che un’attività d’impresa, cui sempre inerisce un corrispondente rischio, abbia avuto un esito sfortunato. Anche un diverso approccio lessicale può quindi meglio esprimere una nuova cultura del superamento dell’insolvenza, vista come evenienza fisiologica nel ciclo vitale di un’impresa, da prevenire ed eventualmente regolare al meglio, ma non da esorcizzare.”

(18) Si veda nuovamente la Relazione-schema di disegno di legge recante “delega al governo per la riforma organica delle discipline della crisi di impresa e dell’insolvenza”, nel cui punto 4,
p. 4, si legge: “La prospettata reductio ad unum della fase iniziale delle varie procedure esistenti, con la creazione di un unico «procedimento di accertamento giudiziale della crisi e dell’insolvenza», destinato a costituire una sorta di contenitore processuale uniforme di tutte le iniziative di carattere giudiziale fondate sulla prospettazione – e miranti alla regolazione – della crisi o dell’insolvenza, siano esse finalizzate alla conservazione o alla liquidazione dell’impresa o del patrimonio del debitore…”. Cfr. IORI, op. cit. p. 6 e PELLAGATTA, op. cit. p. 12.

(19) Si veda in tal senso MACAGNO, G., II concordato preventivo riformato nel segno della continuità aziendale, in Il Fallimento, n. 10/2016, p. 1083.

(20) Inizialmente divisa tra “i fautori del mantenimento della disciplina eccezionale dell’amministrazione straordinaria e coloro che volevano riportare la procedura sotto la direzione del giudice o addirittura sopprimerla, convinti che non vi fossero ragioni per derogare alle regole ordinarie anche quando fosse questione di imprese di grandi dimensioni…” secondo quanto emerge dalle parole di PANZANI, L., Conservazione dell’impresa, interesse pubblico e tutela dei creditori: considerazioni a margine della proposta di direttiva in tema di armonizzazione delle procedure di ristrutturazione, in Crisi d’impresa e Fallimento, 11 settembre 2017, p. 4.

(21) Vd. GUGLIELMUCCI, op. cit. pp. 421-423 e AMBROSINI, S., Profili di riforma delle leggi in materia di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza, in Crisi d’impresa e Fallimento, 16 novembre 2017.

Dott.ssa Di Lorenzo Flaminia

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